La Nuova Sardegna

Per i killer di Manuel la pena non cambia

di Enrico Carta
Per i killer di Manuel la pena non cambia

Tutto come nella sentenza di primo grado: ergastolo per Fodde, 30 anni a Riccardo Carta e 16 a Matteo Satta

02 febbraio 2021
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INVIATO A CAGLIARI. Conferma. Che vuol dire ergastolo per Christian Fodde, trent’anni per Riccardo Carta, sedici anni e quattro mesi per Matteo Satta. L’essenza del processo è tutta lì. Mezzogiorno è appena trascorso e l’omicidio del diciottenne di Macomer, Manuel Careddu, passato alla storia tragica della cronaca nera come il Delitto del lago, conosce la sentenza d’appello. È una fotocopia – succede spesso, ma non è affatto scontato – di quella che in primo grado aveva emesso la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Oristano. Anche per la Corte d’Assise d’appello di Cagliari, presieduta dal giudice Massimo Costantino Poddighe, le responsabilità sono chiare. Così come lo sono le pene da attribuire a ciascuno dei tre protagonisti. Restano quindi identiche, così come dal primo al secondo grado di giudizio erano rimaste immutate quelle per Giada Campus e Cosmin Nita, condannati entrambi a sedici anni dal tribunale dei minori. Pochi mesi più tardi e sarebbero stati giudicati dal tribunale ordinario, cosa che automaticamente sarebbe costato ai due una condanna ben più pesante.

Anche ieri, così come nel processo di appello celebrato davanti al tribunale dei minori, non ci sono state riduzioni rispetto a quanto deciso nel luglio del 2019 a Oristano. È tutto come aveva chiesto la procuratrice generale Liliana Ledda che, nella prima udienza, aveva sollecitato la conferma delle condanne per i tre amici di Ghilarza. Classe 1988, erano appena più grandi di Manuel Careddu, la vittima alla quale tendono una trappola l’11 settembre 2018. Devono pagare un debito di droga, scelgono di punire con la morte quel ragazzo che la droga gliel’aveva venduta, ma aveva avuto la sfrontatezza di essere troppo insistente nell’esigere il denaro.

Sembra una storia tra giovani con più di qualche problema sociale, diventa un burrone nel quale precipitano tutti. Manuel Careddu per primo, ucciso a colpi di piccozza e pala in un terreno nei pressi del lago Omodeo. Era notte quando Christian Fodde compie l’esecuzione colpendolo alla testa e poi nascondendo il corpo assieme a Riccardo Carta – ha un terreno nei paraggi e conosce bene la zona – e a Cosmin Nita, che avevano accompagnato Fodde in una sorta di accerchiamento di Manuel. Era salito in auto con loro solo perché si fidava di Giada e perché l’avevano convinto che lì abitasse una persona che avrebbe ripianato il debito. In macchina, che usa il telefonino e ascolta musica mentre gli altri compiono l’esecuzione, c’è proprio Giada Campus – ormai ogni dettaglio è storia processuale –.

Matteo Satta è rimasto a Ghilarza. Non è voluto andare al lago. In aula sosterrà di non aver mai creduto che gli altri volessero davvero uccidere Manuel. Ripeterà che pensava che gli avrebbero dato una lezione, ma questa tesi non farà breccia scontrandosi, in parte, con le dichiarazioni che lo stesso imputato aveva rilasciato dopo l’arresto. Non va con gli altri, ma quell’11 settembre gli vengono affidati i telefonini degli altri quattro amici. Tenerli lontano dal luogo dell’omicidio dovrebbe servire al gruppo per crearsi un alibi.

C’è però qualcosa che i sei non sanno: nella macchina che usano, quella del padre di Christian Fodde, c’è una microspia. Era stata piazzata lì perché il genitore del ragazzo era stato indagato circa un anno prima per un omicidio commesso nelle campagne tra Abbasanta, Paulilatino e Ghilarza. Così i quattro amici parlano a ruota libera, prima e dopo il delitto di Manuel. Quando qualche sospetto inizierà ad aleggiare su di loro, i carabinieri ascolteranno le registrazioni delle intercettazioni e sarà come vivere tutte le fasi dell’omicidio. Mancherà solo l’ultima, quella della ricerca del corpo di Manuel. Prima Christian Fodde porta gli inquirenti sulle sponde del lago Omodeo, ma mente. Il corpo l’ha seppellito lui, altrove, assieme a Cosmin Nita e a Nicola Caboni, un loro amico estraneo al delitto, che però si offre di aiutarli nel far sparire il cadavere. Verrà ritrovato il 17 ottobre.

Sono passati un mese e sei giorni dall’omicidio, per il quale gli avvocati difensori Aurelio Schintu per Fodde, Angelo Merlini per Carta e Antonello Spada per Satta hanno chiesto una riduzione delle condanne con motivi diversi per ciascuno degli imputati. Tesi che la Corte non ha accolto. Resta tutto com’era.

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