La Nuova Sardegna

Non ci fu mobbing: riabilitata Giulia Moi

di Mauro Lissia
Non ci fu mobbing: riabilitata Giulia Moi

Il tribunale del Lussemburgo annulla la sanzione inflitta dal presidente Tajani Negato il diritto di difesa: «Aspetto le scuse dell’Europarlamento e del M5s»

04 febbraio 2021
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CAGLIARI. Dodici giorni di sospensione dall’indennità di soggiorno a Bruxelles, a sanzionarla era stato il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani. Subito dopo l’espulsione dal M5s e un martellamento mediatico impressionante, in parte sui media ma soprattutto sui social. L’accusa: molestie psicologiche, quelle che di norma integrano il mobbing, su due degli assistenti parlamentari. Era l’inverno del 2018. Per Giulia Moi, l’ex europarlamentare sarda, l’incubo è finito ieri, quando la quarta sezione ampliata del tribunale del Lussemburgo ha annullato il provvedimento dell’ufficio di presidenza del parlamento europeo perché alla politica di Siddi non è stata garantito il diritto di difesa e ha condannato la massima assemblea continentale a pagare le spese del giudizio. I giudici hanno accolto in pieno le tesi degli avvocati Pierandrea Setzu e Marco Pisano ma non le richieste di risarcimento avanzate per conto della parlamentare sarda, che in una nota si dichiara comunque soddisfatta per la decisione dei magistrati lussemburghesi: «Mi attendo scuse ufficiali delle istituzioni che mi hanno illegittimamente punito in diretta europea, diffamato e deriso - ha scritto Giulia Moi - dall’ex presidente del parlamento europeo Tajani ed i suoi funzionari, che non mi hanno mai permesso di difendermi e soprattutto aspetto le scuse del Movimento 5 Stelle per come ha trattato me e la mia reputazione». Nella nota, l’ex europarlamentare fa anche riferimento alla durissima campagna d’odio scatenata contro di lei nei social network: «Spero che nessuno debba soffrire ciò che ho passato io, da oggi mi impegnerò affinché siano tutelati i diritti degli innocenti ingiustamente accusati».

La vicenda risale al 2 ottobre 2018, quando il presidente Tajani decide di imporre la sanzione alla rappresentante sarda del M5s. È una decisione grave ed è molto raro che il massimo ufficio europeo punisca un deputato in modo così eclatante. La colpa della Moi - stando alle accuse - era fondata sulle denunce e la successiva testimonianza di due assistenti parlamentari, che lamentavano un trattamento molto aspro, oltre i limiti della molestia psicologica, da parte dell’eurodeputata. In casi del genere sono previste azioni disciplinari e sanzioni conseguenti, solo che stavolta - così hanno sostenuto la Moi e i suoi difensori - l’ufficio di presidenza avrebbe agito in modo un po’ troppo sbrigativo: sentiti i due assistenti, la sanzione è partita senza che all’eurodeputata venisse concessa la garanzia più elementare, quella di esaminare il fascicolo con le accuse - sempre respinte dalla Moi - per impostare una linea di difesa e riferire la propria versione dei fatti. Ed è proprio su quest’aspetto che i magistrati lussemburghesi - presidente Gervasoni, relatore Nihoul, giudici Frendo, Martin y Perez de Nanclares - hanno fondato la decisione di annullare la sanzione e con quella l’accusa di molestie. Non prima - e siamo a luglio del 2020 - di aver rimesso la causa davanti a un collegio ampliato: non si ricordano infatti episodi analoghi nell’ormai lunga storia del parlamento europeo.

Ieri è stata depositata la sentenza che dà ragione alla Moi.



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