La Nuova Sardegna

«Nessuno è “invisibile”, aiuto e dignità»

di Antonello Palmas
«Nessuno è “invisibile”, aiuto e dignità»

Sassari, viaggio nell’Emporio della solidarietà. Il responsabile Mulas: «Da noi gli utenti non si sentono fruitori passivi»

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SASSARI. Il motto è “Insieme si può”. «Solo mettendosi insieme si possono fare cose che da solo non faresti mai». Mattia Mulas, 34 anni, responsabile dell’Emporio della Solidarietà, nella parrocchia di San Paolo, a Sassari, è un vulcano di idee ed energia al servizio di coloro che non ce la fanno. Cresciuti di numero con la pandemia. Sulla sua filosofia che mette al bando l’assistenzialismo puro verte la puntata della serie di servizi sul mondo della nuove povertà. «Il volontariato va fatto con professionalità – spiega – non devi accontentarti solo perché stai regalando il tuo tempo. Occorre metterci competenze. Così siamo cresciuti». Con un’idea alla base: «Dare dignità a chi si rivolge a noi, creando un rapporto di conoscenza e facendo in modo di non farlo sentire fruitore passivo. Magari dando una mano all’Emporio». Mattia lavora nella parrocchia, studia all’università, il resto del tempo lo dedica all’Emporio. «Facciamo anche percorsi con le scuole, agli alunni abbiamo chiesto cosa intendono per povertà: una classe ha scritto: “È essere invisibile perché nessuno si accorge che esisti”, col disegno di due persone che si tengono per mano, tra loro una sagoma di una terza, invisibile. Definizione che ho adottato come nostra missione». E da dicembre l’Emporio si è costituito in associazione col nome di Braccia tese.

Niente pacchi anonimi. «Siamo nati nel 2014 come Caritas parrocchiale, partendo con la classica distribuzione dei pacchi, per poi cercare una modalità che mettesse la persona al centro e rispettasse la sua dignità. I pacchi preconfezionati uguali per tutti relegano l’utente in un ruolo passivo, mentre la nostra idea è dare la possibilità di scegliere, come in un negozio. Un principio educativo che evita gli sprechi. Se si guarda nei cassonetti intorno ai centri in cui vengono distribuiti generi alimentari spesso lo spettacolo è desolante: la roba viene gettata. A volte ceduta per una dose». È come in un qualsiasi market, ma in un ambiente accogliente, pareti colorate, disegni. E così non si pone il problema dei bambini: «Vederli in fila in attesa dei sacchetti per me è disdicevole, qui possono fare la spesa e scegliere insieme con i genitori».

Quaranta famiglie. Sono quelle sostenute ogni mese dall’Emporio, con almeno 90 “spese”. «Dallo scorso anno con il Covid la situazione si è aggravata e il volume della spesa è raddoppiato per parecchi mesi – spiega Mattia – così il servizio da territoriale ora si è allargato a tutta la città, anche se cerchiamo di privilegiare i centri delle zone di provenienza di chi ha bisogno. Abbiamo fatto anche il servizio a domicilio, mandando agli utenti l’elenco con i prezzi in crediti, e loro facevano l’ordine». Quello dei crediti è il singolare sistema adottato a San Paolo. Un credito vale 30 centesimi, così, ad esempio, un pacco di sale vale uno, una bottiglia d’olio 4,5. «C’è un colloquio preliminare in cui si apprendono le effettive esigenze di ciascuno, singoli o famiglie con tre figli. E oggi con redditi di cittadinanza e sostegni vari non tutti hanno le stesse necessità».

I nuovi poveri. L’utenza, cui viene data una tessera, è molto variegata: dalle coppie di 20enni, all’esodato di 50 anni. Sempre più sono lavoratori. «Quando si pensa al povero ci si immagina il nullafacente, l’ubriacone. Invece – dice Mulas – sempre più spesso si rivolgono a noi persone cui magari mancano 5 anni per andare in pensione, ma hanno perso il posto, oppure non gli rende abbastanza. Gente che ha competenze e abilità». Solo 4 famiglie sono di origine straniera, con una di queste si è creato un legame forte: «Al figlio hanno voluto dare il mio nome».

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