La Nuova Sardegna

dalla prima

Da qui passa il futuro dell'isola

di GIUSEPPE CENTORE

Deve però avere le carte in regola e non giocare su più tavoli.Mentre nell’isola si discute e si valutano opzioni, limiti e vincoli, altrove si bruciano le tappe. La Sicilia, la notizia è dei giorni...

17 febbraio 2021
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Deve però avere le carte in regola e non giocare su più tavoli.

Mentre nell’isola si discute e si valutano opzioni, limiti e vincoli, altrove si bruciano le tappe. La Sicilia, la notizia è dei giorni scorsi, si candida a essere lei l’hub continentale dell’idrogeno, mettendo a disposizione di tutte le grandi aziende, fondi e disponibilità politica.

In Sardegna, in attesa delle istituzioni, il primo passo lo ha fatto la maggiore industria privata. L’investimento del progetto non è di per sè significativo, anche se non ci vuole nulla, una volta a regime, a implementarlo con fondi europei. Quello che conta è l’obiettivo, più che il percorso: innovare a rapidi passi verso un sistema produttivo ancora acerbo ma destinato nei prossimi decenni a fare la differenza tra sistemi economici avanzati e arretrati. Un sistema che non significa solo produzione in senso stretto, ma competenze, conoscenza diffusa. In altre parole, cultura industriale e di impresa.

La crisi, globale e aziendale, ha solo accelerato i progetti dei team di ingegneri e strateghi di Saras, che del resto sono in buona compagnia. Tutte le grandi compagnie petrolifere e le società impegnate nella raffinazione hanno deciso di intraprendere la strada della decarbonizzazione attraverso la produzione di idrogeno verde (dal solare) o blu (dal metano). Una strada comunque lunga e lenta da percorrere.

Saras, venendo al nostro caso, non smetterà dall’oggi al domani di raffinare derivati dal petrolio, tutt’altro. Magari si concentrerà sempre più su prodotti non destinati alla combustione, come nafte, bitumi o lubrificanti, e continuerà, sino a quando ci sarà domanda, a produrre benzine o gasolio a bassissimo tenore di zolfo. La sua “mission” non cambierà, sarà semmai adeguata ai tempi, e alla domanda.

Chi rischia di non cogliere questo aspetto è il sistema Regione, che sinora non è stato in grado di proporre, valorizzare e difendere una idea organica, robusta e coerente di sistema energetico, lasciando che gli interessi particolari avessero la meglio sul quadro complessivo. La vicenda della cosiddetta “dorsale” del gas ne è l’aspetto più lampante. In altre parti d’Italia le aziende come Snam e Italgas, ciascuno per il proprio ramo di business, stanno realizzando adesso reti digitali e hydrogen ready. Reti dove si immette metano e che domani saranno in grado di accogliere idrogeno. Potevamo essere all’avanguardia e proporci come hub nel Mediterraneo un domani in grado di controllare il passaggio di idrogeno verde dall’Africa al Continente e invece la babele di lingue ai tavoli decisionali ha fatto nascere un piccolo mostro. Uno spezzatino di infrastrutture per il metano che al massimo coprirà i due poli urbani a nord e a sud e l’area intorno a Oristano. Una politica miope, a dir bene, ha sinora impedito di avviare un progetto energetico organico pensato oggi per il metano e domani per l’idrogeno. Si dirà: l’Europa nella decarbonizzazione non guarda al metano. Falso. Come ha recentemente riportato il sito specializzato Eunews, la Commissione è ben consapevole che il gas non può essere escluso dai piani di ripresa, anzi. L’importante è che non arrechi danni significativi all’ambiente.

Il segnale che viene da Saras dovrebbe essere colto dai decisori politici a tutti i livelli. Porsi all’avanguardia nei processi di cambiamento, pensare anche in forme visionarie al domani significa rimanere vivi e vitali. E di questi tempi pensare in maniera ottimistica al futuro dovrebbe essere un esercizio consigliato. A tutti.

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