La Nuova Sardegna

battista cualbu, presidente di coldiretti 

«Un tempo valeva quanto il formaggio oggi è quasi un peso per le aziende»

«Un tempo valeva quanto il formaggio oggi è quasi un peso per le aziende»

SASSARI. «Ben venga qualunque iniziativa per la valorizzazione della lana, da parte di chicchessia, basta che serva a ridarle un minimo di valore». Così Battista Cualbu, che oltre a essere presidente...

18 febbraio 2021
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SASSARI. «Ben venga qualunque iniziativa per la valorizzazione della lana, da parte di chicchessia, basta che serva a ridarle un minimo di valore». Così Battista Cualbu, che oltre a essere presidente regionale di Coldiretti, è anche un allevatore e conosce in prima persona l’argomento. «E pensare che una cinquantina di anni fa la lana veniva pesata insieme al formaggio e pagata allo stesso prezzo… Questo per dare l’idea di come siano cambiate le cose per questo prodotto. Poi c’è stato un periodo in cui non dava più un ricavo così alto, ma sufficiente almeno per ripagare i costi della tosatura. Anche perché, con allevamenti sempre più grossi, questo compito deve essere necessariamente affidato a squadre esterne a pagamento. Un’operazione comunque irrinunciabile, per questioni di benessere animale (con l’arrivo del caldo la pecora deve assolutamente essere liberata dal suo manto) e per ciascuna pecora il costo è di almeno un euro e mezzo. Ogni animale dà un chilo e mezzo di lana: il problema è che il ricavo è di 15-20 centesimi al chilo. Così invece che un reddito diventa un peso per l’azienda, che spesso non sa che farsene di quel carico, dato che da ogni ovino si recuperano 30 centesimi».

Un quinto della spesa della tosatura. Questo è quanto ricava un pastore dal vello della pecora. Che al di là di tutti i buoni propositi imprenditoriali, gode di sempre minore interesse. Con gli allevatori che non sanno che farsene, la stipano, la regalano, nei casi peggiori la sotterrano rischiando una sanzione della forestale. Se prima rappresentava almeno un 1-2% del reddito dell’allevatore, ora è un costo che nella situazione attuale non è sostenibile. «È una strana dinamica, quella della lana – commenta Cualbu –. È un prodotto che ben si presta a essere sfruttato in edilizia a scopi di isolamento. E anche in campo ambientale, per il recupero di sostanze di origine petrolifera disperse in mare, perché si è scoperto che riesce ad assorbire tantissimo e può essere riutilizzato». Insomma sembrava avere un futuro anche dopo la crisi scoppiata definitivamente negli anni ’90 dopo un costante declino dovuto alla concorrenza delle fibre sintetiche. Invece… «Una decina di anni fa – dice Cualbu – formai un’associazione con Coldiretti, Sa lana nostra, con cui per alcuni anni grazie ad aste riuscimmo a raggiungere prezzi molto interessanti, sino a 1,20 euro, ma poi ci furono dei problemi con alcuni che non si dimostrarono seri e il progetto venne abbandonato. Sono ancora convinto che fosse la strada giusta». Ora il problema per molti è soprattutto lo smaltimento: «Qualcuno per puntiglio, visto il costo irrisorio, nemmeno la vende. Ma è difficile da smaltire, è quasi un materiale speciale, è problematico anche bruciarla. Mentre la carne o il formaggio sono deperibili e devono essere venduti entro certi termini di tempo, la lana ha il pregio di poter essere stoccata in attesa di venderla nel modo migliore, ma purtroppo il mercato non stava tirando e chi la stava ritirando non riusciva più nemmeno a coprire i costi dell’affitto del capannone».

Cualbu ricorda di essere nato col materasso di lana, ricorda i cappotti di orbace dei pastori, le bisacce. «Oggi non li usa più nessuno, e poi ci sono lane più pregiate, di animali che vengono tosati due volte l’anno (mentre quelli sardi sono prettamente da latte), prodotti comunque anch’essi in crisi. Si riesce a vendere molto poco al settore tessile, si sperava nella bioedilizia che utilizza in realtà lo scarto per i pannelli isolanti. Una delle aziende più attive è quella dei fratelli Crabolu di Nule che la utilizza per tappeti, oggettistica, cappotti. Ma assorbe troppo poco se consideriamo che in Sardegna abbiamo 3 milioni di pecore». Fanno 3500 tonnellate di lana in cerca di un perché. (antonello palmas)

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