La Nuova Sardegna

Vella: «Virus, vietato distrarsi ma può essere la volta buona»

Vella: «Virus, vietato distrarsi ma può essere la volta buona»

L’infettivologo assolve le tre settimane di zona bianca: «Contagi ovunque Con le chiusure e senza vaccini, l’epidemia riparte. Ma ora abbiamo le armi»

06 aprile 2021
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SASSARI. L’andamento dei contagi in Sardegna sembra non riuscire più a imboccare un andamento favorevole: è vero che ieri sono stati rilevati “solo” 261 nuovi casi contro i 323 dell'ultimo rilevamento, ma a fronte di 2.182 tamponi. Quindi il rapporto casi-test è balzato oltre l’11 per cento. E continua ad allungarsi l’elenco delle vittime (ieri altre due) così come aumentano i ricoveri negli ospedali: 278 in reparti non intensivi (con un aumento di 21) e 45 (+4) quelli in terapia intensiva. Dopo tre giorni di zona rossa, per l’isola che torna in zona arancione, la situazione non è rosea. Colpa della zona bianca? Lo abbiamo chiesto all’infettivologo Stefano Vella, che è stato a lungo componente del Comitato tecnico scientifico della Regione (Comitato che non esiste più) e che ora guarda le vicende sarde da osservatore: «È molto difficile da dire: questo virus sta girando dappertutto a mille, anche in zone che non sono state bianche. Lui non si ferma un attimo. E anche noi non possiamo mollare. È un po’ come Messi: se ti distrai, ti frega».

Siamo punto e capo ogni volta, quindi? «No, stavolta abbiamo un piccolo vantaggio rispetto al passato, quando oltre al lockdown non aveva armi vere in mano. Adesso abbiamo il vaccino. In tutti i paesi dove è stato fatto un gran lavoro sulle vaccinazioni, come Inghilterra e Israele, il dato dei contagi, dei decessi, dei ricoveri è crollato. Sono riusciti a vaccinare a raffica, approfittando della stretta. Ma se c’è una stretta senza vaccini i casi risalgono. Quindi dobbiamo usare questa stretta, pur dolorosissima per tante categorie, per darci giù con i vaccini. Mi pare che non esista più neanche la giustificazione delle dosi che non ci sono».

Può essere la volta buona? «Si ha un po’ di pudore a dirlo, in passato sono state create aspettative che non si sono realizzate. Oggi possiamo dire che stavolta si chiude per poi riaprire davvero. La gente è stanca di sentire promesse, ma bisogna passare la nottata: un mese di cautela mentre si vaccina a raffica».

Sarà necessario attendere che il 70 per cento popolazione sia vaccinato per avere una buona aspettativa di sicurezza? «Credo che i risultati si possano ottenere pure prima. Ai vaccinati devi aggiungere anche quelli che sono guariti, che per ora sono immunizzati, anche se non durerà per sempre».

Vella, quindi è ottimista, ma la visione rosea è molto legata all’andamento della campagna vaccinale: «Bisogna completare la vaccinazione degli anziani, perché quello che cambia l’atmosfera è il numero e la gravità dei ricoveri. Poi il vaccino si potrà fare a tutti. Ci ha fregato la variante inglese, eppure era una cosa prevedibile: siamo stati molto ingenui: bisognava stare in campana e chiudere subito quando si è capito che la variante stava arrivando».

Vaccini, quindi. Vaccini e ancora vaccini: «Avevo detto da subito che bisognava coinvolgere i militari. E semplificare le procedure: il successo di Israele è legato alla semplificazione. Ma attenzione: basta un soffio per fare ripartire il virus. C’è un serbatoio di infetti che non conosciamo, forse 6 volte il numero ufficiale. Quindi non darei la responsabilità alla zona bianca: il virus se ne frega di tutte le zone». (r.pe.)

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