La Nuova Sardegna

Perda Rubia rifiorisce con un grande vino

di Giusy Ferreli
Perda Rubia rifiorisce con un grande vino

Dopo il fuoco di 10 anni fa riparte alla grande la storica cantina ogliastrina Il simbolo è Nanhia, cannonau premiato con tre calici del Gambero Rosso 

09 aprile 2021
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Il buon vino è come il sangue: non mente. Soprattutto se, come il cannonau, è frutto di un’antica tradizione in grado di raccontare le asperità e le dolcezze di un territorio. Accade dunque che “Nanhia”, un cannonau in purezza premiato con tre calici rossi dal Gambero Rosso, diventa il simbolo della rinascita delle Cantine Perda Rubia in Ogliastra. Un’azienda che, dopo la pausa forzata di qualche anno conseguenza di un violento incendio, è risorta dalle sue stesse ceneri. Nell’agosto del 2011, le tenute di Pranu Mannu, tra Talana e Lotzorai sono state solcate dalle fiamme che, percorsa la vallata, hanno circondato i vigneti impiantati a piede franco della famiglia Mereu. Un disastro immane, dagli effetti devastanti che ha messo in ginocchio un’azienda agricola di 600 ettari dove tra i boschi, gli uliveti e gli appezzamenti riservati al grano e all’orzo c’era spazio anche per le viti. In quel drammatico frangente, le sorti della Cantina che ha segnato la storia vitivinicola dell’Ogliastra, inaugurata nel 1949 dal commendatore di Jerzu Mario Mereu che realizzò la prima cantina a Cardedu, sono rimaste appese ad un filo. Suo figlio Renato, che ha preso in mano l’impresa nel 1971 di fronte alla distruzione di buona parte dei vigneti, ha tentennato sino a pensare di abbandonare. Mario (a destra nella foto grande), la terza generazione dei Mereu, che dal nonno ha ereditato il nome e l’amore per la terra, ha deciso di tenere duro. Quel momento ha sancito il cambio di testimone. «Sono stati anni difficili, che ci hanno visto impegnati sui vari fronti. Abbiamo lavorato tanto per rimetterci in sesto. Non abbiamo mollato e nel 2014 abbiamo vendemmiato» racconta Mereu mentre mostra i filari di vite a piede franco, gli unici sopravvissuti alla furia devastatrice del fuoco appiccato da mani criminali in una giornata di maestrale. Con il suo braccio destro, Alessandro Zizzi (a sinistra nella foto), in questi mesi sta lavorando alla ristrutturazione dei locali che ospitano la le vasche in acciaio e una serie di edifici di servizio destinati all’accoglienza. Nella sala in ristrutturazione dove appena il Covid 19 lo consentirà si terranno le degustazioni dei vini e dei prodotti del territorio. Nella parete campeggiano le bottiglie che dal 1951 ad oggi hanno segnato la storia di Perda Rubiu, su tutte le etichette, con diverse interpretazioni grafiche, c’è un antico tappeto sardo che la famiglia custodisce con il dovuto rispetto. Tra le bottiglie anche un cimelio unico nel suo genere un fiaschetto toscano del 1949 che conteneva un litro e mezzo di cannonau del commendatore. «Attualmente produciamo 25mila bottiglie all’anno che esportiamo anche all’estero, in particolare in Germania, Stati Uniti e Giappone» sottolinea il proprietario. Si tratta di due cannonau doc, il “Perda Rubia” e il “Nanhia” che vengono fatti affinare dapprima in botti di rovere da 500 litri (i cosiddetti “tonneaux”) e poi in bottiglia per un tempo che varia a seconda dell’annata, e un vermentino doc il “Lanura”, vinificati sotto la supervisione dell’enologo Piero Cella. Ma nell’azienda, certificata bio, sono stati impiantati altri vitigni autoctoni. Abbiamo puntato sulle peculiarità dell’Isola: il bovale sardo chiamato anche muristellu, la malvasia, il semidano e il nuragus». Una scommessa che per Mario e i suo collaboratori rappresenta il giusto omaggio alla millenaria tradizione della vinificazione in Ogliastra: tutti gli sforzi dei Mereu ora sono indirizzati a far fruttare il terreno povero di Pranu Mannu, duro e aspro, che dà vita al Cannonau, un vino che non mente.

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