La Nuova Sardegna

Bruno rilancia l’allarme: Capo Caccia non si vende

Roberto Sanna
Bruno rilancia l’allarme: Capo Caccia non si vende

L’ex sindaco di Alghero interviene sulle voci di una possibile cessione del faro: «È un’opzione inaccettabile, bisogna battersi con la Regione e con il ministero»

13 aprile 2021
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SASSARI. Quando i cancelli vennero spalancati al pubblico per Monumenti aperti le prenotazioni andarono “sold out” in pochi minuti e centinaia di persone camminarono per un chilometro sotto il sole per riuscire a vedere da vicino uno dei gioielli di Alghero: il faro di Capo Caccia, il più alto d’Italia sul livello del mare che da 186 metri sorveglia l’intera baia. Un gioiello che rischia di essere messo all’asta dal Demanio e venduto, forse svenduto, al miglior offerente privato. Magari per trasformarlo, come già successo a Capo Spartivento, a Chia, in un hotel a cinque stelle da mille euro a notte.

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Un pericolo che si è materializzato qualche giorno fa, con la denuncia del direttore dell’Ente Parco di Porto Conte Mariano Mariani nel corso dell’assemblea al caso dell’ex installazione militare di Punta Giglio. Un allarme che l’ex sindaco Mario Bruno non vuole che cada: «Si tratta di un’opzione inaccettabile. Se Mariani ha tirato fuori l’argomento ha sicuramente avuto dei segnali in questo senso, non possiamo consentire che il Demanio faccia cassa col nostro faro come già accaduto con altri fari dell’isola. E come, restando ad Alghero, è accaduto nel 2017 quando a Fertilia venne venduto un terreno fronte mare per poco più di trentamila euro. Bisogna lanciare un Sos e bisogna che si muovano tutti: il sindaco, i consiglieri regionali, i parlamentari. Devono farsi sentire con la Regione e i ministeri competenti, non possiamo accettare che accada una cosa simile».

Da un progetto nazionale del Demanio per fare cassa, come dice lei, è nata anche l’operazione di Punta Giglio.

«Il sindaco in quel periodo ero io e bisognava egualmente scongiurare che si arrivasse alla vendita. Ho cercato in tutti i modi di far trasferire la proprietà al Comune di Alghero ma non è stato possibile, la scelta è ricaduta sull’Ente Parco. La convenzione che ho firmato aveva delle partnership qualificate, cito come esempio il Mibact che con noi è stato severo molte volte, e va nella direzione di un restauro conservativo che permetta la fruizione pubblica offrendo dei servizi. Una fruizione pubblica che, in caso di vendita, sarebbe stata altamente a rischio. Abbiamo fatto altre operazioni di questo genere e con ottimi risultati».

A che cosa si riferisce?

«Al nuraghe Palmavera, per esempio, che sta funzionando bene ed è molto visitato dai turisti. E alla necropoli di Anghelu Ruju. Ancora, alla torre di Porto Conte: forse qualcuno si dimentica che era un night-club, ora è un museo dedicato allo scrittore Antoine de Saint-Exupéry».

Però in quei casi non c’è stata una polemica così violenta: come lo spiega?

«Punta Giglio è un’area sensibile, c’è una grande attenzione legata alla tutela dell’ambiente e di quel sito».

Il suo cammino da sindaco si è fermato nel 2020: da esterno, le sembra che le cose stiano andando nella direzione che lei auspicava?

«Pensavo a qualcosa di simile: una fruizione del bene mantenendolo accessibile a tuttii visitatori. Bisogna costantemente tenere alta la sorveglianza, come sul faro».

Un altro scandalo è stato l’intervento nell’ex Hotel capo Caccia.

«Qui dobbiamo andarci cauti, è tutto da verificare. L’assurdo, in questo caso, è che sia accaduto nel silenzio generale».

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