La Nuova Sardegna

Il delitto di perdaxius: parla l’indagato 

Faccia a faccia con la madre dell’ucciso «Mi scuso, ma non sono stato io»

Faccia a faccia con la madre dell’ucciso «Mi scuso, ma non sono stato io»

CAGLIARI. Lei un po’ ci sperava: il figlio Fabio Serventi gliel’hanno ammazzato il 21 marzo dell’anno scorso appena fuori da Perdaxius, il paese dove vive. Il ragazzo, che aveva 24 anni, è certamente...

24 aprile 2021
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CAGLIARI. Lei un po’ ci sperava: il figlio Fabio Serventi gliel’hanno ammazzato il 21 marzo dell’anno scorso appena fuori da Perdaxius, il paese dove vive. Il ragazzo, che aveva 24 anni, è certamente morto ma nessuno ha voluto dirle dove si trovi il corpo. Ieri Marcella Bellisai si è presentata nell’aula dove il gup Giuseppe Pintori è impegnato a valutare se prove e indizi bastano a rinviare al giudizio di una Corte d’Assise Andrea Pinna (35 anni), il tossicodipendente inchiodato alle sue responsabilità da intercettazioni inequivocabili. Dopo avergli rivolto un appello pubblico, la madre della vittima sperava che il presunto assassino del figlio finalmente rivelasse dov’è finito il cadavere. Ma non è accaduto: le sue dichiarazioni spontanee, senza domande e contradditorio, hanno ricalcato quanto detto all’arresto. Con un preambolo suonato ai più come un tragico sberleffo: «Chiedo scusa alla famiglia di Fabio Serventi». Subito dopo una saracinesca abbassata sulle accuse: «Non c’entro col delitto, a commetterlo sono stati altri». Prima che il monologo continuasse i legali di parte civile Patrizio Rovelli e Fabrizio Rubiu hanno chiesto se l’indagato fosse disposto a sottoporsi a esame: Pinna, che è assistito dall’avvocata Teresa Camoglio, ha acconsentito. A quel punto il giudice Pintori ha aggiornato l’udienza preliminare al 30 aprile per l’esame di Pinna, che peraltro ha anticipato la propria linea difensiva («non sono io l’assassino») e scusandosi con la famiglia per un delitto che sostiene di non aver commesso. Fin qui l’udienza, che malgrado la riservatezza dell’aula si è svolta in un clima incandescente. Il faccia a faccia tra la madre della vittima e il presunto omicida hanno trasformato un normale confronto processuale in un momento di profonda umanità.

Gli ultimi attimi della vita di Fabio Serventi, agricoltore incensurato, sono stati ricostruiti dagli investigatori. Sono le 19.30 del 21 marzo 2020 quando il giovane rientra a casa del nonno paterno, dove viveva dall'estate precedente. Sale in camera a fare una doccia, poi il nonno distingue il rumore di un'auto nella via sottostante e lo sente andare via. Non lo rivedrà mai più, perché Fabio scompare e con lui una Vespa 50 che teneva nel cortile sotto casa. I carabinieri lo cercano, sentono i testimoni, il ciclomotore ricompare ed è nelle mani di Andrea Pinna.

Affiorano vicende legate al mondo della tossicodipendenza, si scopre che l'amico Pinna aveva venduto la Vespa a un altro giovane. I sospetti si concentrano su di lui, che si difende in modo confuso. Spiega di aver trovato la Vespa abbandonata, i suoi racconti difensivi non convincono. Emerge che Pinna ha raccontato il delitto, dice di averlo fatto per soldi, cinquemila euro, un debito di droga che doveva essere saldato. Nelle conversazioni c'è tutto, anche i dettagli precisi sulla coltellata all'addome ("dal basso verso l'alto") che ha mandato Fabio Serventi all'altro mondo. Scatta l'arresto per omicidio volontario, porto illegale di coltello e occultamento di cadavere. (m.l)

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