La vita alla deriva di Claudio tra risse, violenze e denunce
Il presunto omicida di Antonio Fara allontanato da famiglia, amici e palestra, da poco aveva ricevuto una coltellata. L’ex fidanzata che tentò di gettare in un cassonetto: «Anch’io ho rischiato»
SASSARI. Le anime perse hanno una forza di gravità intorno, come una calamita. E Claudio Dettori esercita questa attrazione fatale verso le anime con lo stemma della crocerossa marchiato a fuoco. Troppo giovane per essere così alla deriva, gettato sulla panchina dell’Emiciclo Garibaldi, a bruciare i giorni, con quegli occhi vivi, l’aria curata, e l’espressione spavalda da chi il mondo se lo vorrebbe mettere in tasca. È uno al quale viene istintivo dare una seconda possibilità, provare a fare il navigatore per una retta via.
Invece lui ha uno straordinario talento autodistruttivo, capace di desertificare ogni affetto intorno, di spegnere ogni fiammella che provi a illuminare il suo animo nero inchiostro. La famiglia lo ha allontanato, perché irascibile e violento. La palestra di arti marziali gli ha dovuto chiudere le porte, perché insegnargli le tecniche di lotta era come consegnargli una pistola carica da usare là fuori. Si è fatto terra bruciata con molti amici, perché spesso tradiva la fiducia con piccoli espedienti. E poi stargli accanto significava ritrovarsi nei guai, tra risse e denunce alle forze dell’ordine. Da poco aveva ricevuto anche una coltellata.
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Alcune ragazze ne hanno avuto paura, perché anche l’amore con lui diventava tossico. Non riusciva a gestire la rabbia, la sua era una deriva costante. Nel gennaio del 2019 un video lo immortala mentre litiga con la sua ragazza in via Tavolara. Lui l’avverte. «Mollami, allontanati». E poi: «Conto fino a tre. Poi ti butto nel cassonetto». E lei: «Dai, fallo, cosa aspetti: uno due tre quattro e cinque». Il ragazzo la prende di peso e la carica sulle spalle si ferma davanti a un cestino dell’immondizia, in via Tavolara davanti al gazebo Atp, poggia per terra la ragazza, e poi la riscaraventa per terra con una mossa di wrestling, con un perfetto takedown. La violenza dell’impatto e il rumore sembra da vertebra rotta, invece per fortuna lei si rialza e lo schiaffeggia.
E a distanza di due anni, dopo aver letto il nome di Claudio Dettori come il presunto omicida di Antonio Fara, dice: «Non so nemmeno se definirmi stupita. Forse non più di tanto. Perché da uno come lui ci si poteva davvero aspettare di tutto. E attenzione: per come l’ho conosciuto non è un malato psichiatrico. Non confondiamo le persone sane e cattive con delle infermità mentali. Anche io ho provato ad aiutarlo, e alla luce di quel che è accaduto mi rendo conto di quanto sia difficile e anche rischioso. Quello che è accaduto a quel povero barista, sarebbe potuto accadere anche a me».
Si è dovuto separare anche dalla sua cagnetta, un piccolo simil pitbull con gli occhi da Bambi. In fondo l’unica famiglia che gli era rimasta, e che pur nella sofferenza, e nei maltrattamenti gli era comunque fedele e lo amava a prescindere. E anche lui, a modo suo, l’adorava. Ma il talento autodistruttivo prevale sempre. La cagnetta ha la Leishmaniosi, dimagrisce e si prosciuga di forze, diventa un involucro di ossa e Claudio non è in grado di prendersene cura. Quando alcune persone lo vedono picchiarla, capiscono che nella testa del ragazzo è scattato un cortocircuito. Perché quell’animale è la sua vita.
Arrivano le segnalazioni, un mese fa intervengono le guardie zoofile, poi i vigili urbani perché la reazione come sempre è violenta, e alla fine il cane gli viene sequestrato e portato in clinica. La malattia era in stadio avanzatissimo e ci sono segni di maltrattamento. Quella separazione è un’altra spallata, lo destabilizza ancora di più, Claudio Dettori resta senza l’ultimo punto riferimento.