La Nuova Sardegna

Dettori e gli altri violenti «Noi familiari lasciati soli»

di Luigi Soriga
Dettori e gli altri violenti «Noi familiari lasciati soli»

Il delitto Fara mette in luce le difficoltà dei parenti di chi soffre di un disagio La testimonianza di un figlio: «Mio padre e i suoi 40 tso: non sapevo cosa fare»

28 aprile 2021
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SASSARI. Quante altre bombe a orologeria sono pronte a detonare, quanti ragazzi o adulti hanno già il timer inserito? Per disinnescare la violenza, la malvagità, il disagio psichico prima che esploda in tutta la sua onda d’urto, ci vogliono mani esperte, perché la mente di una persona è una sostanza troppo fragile, da maneggiare con cura. Troppe volte, invece, se ne devono fare carico i familiari, che certo non hanno gli strumenti per gestire una persona problematica. Così Claudio Dettori, 24 anni, diverse denunce per violenze, ragazzo alla deriva, ora in carcere accusato di aver ucciso il barista Antonio Fara, era una mina vagante che forse poteva essere fermata in tempo. O Simone Niort, disturbo della personalità fin da bambino, aggressivo, che a 19 anni ha preso a sprangate la fidanzata fin quasi a ucciderla. O Gabriel Falloni, l’assassino di Sorso, a piede libero nonostante i precedenti di tentata violenza e un profilo psichico inquietante. E così tanti altri destini di follia, a briglia sciolta, che prima o poi potrebbero deragliare e fare del male. «Ho trascorso trent’anni della mia vita dietro il disagio psichico di mio padre – dice Roberto Manca, 47 anni, sassarese – Tu familiare ti senti sempre solo, avrei voluto urlare a squarciagola, ma era come se non emettessi alcun suono, ti senti impotente». Il padre era Guido Manca, in cura nel 2017 nella struttura I Gabbiani di Ploaghe, per la sua sindrome bipolare e schizofrenia. Un giorno sparì e non fu più ritrovato. «Per fortuna non è mai stato violento, ma ha subito più di 40 tso, e ogni volta a gestire la sua malattia, c’ero io. È una cosa più grande di te, non puoi abbandonare un padre, ma alla fine finisci per essere travolto. Anche io ho conosciuto la depressione, ho dovuto rivolgermi a uno specialista». «Quei tso, per me che dovevo convivere con i mesi antecedenti ai picchi di follia, erano una boccata d’ossigeno. La Legge Basaglia purtroppo sulla carta era meravigliosa, ma non è mai stata sovvenzionata e tutte quelle attività per riabilitare e il malato, sono rimaste solo buone intenzioni. La verità è che poi gli unici che devono farsi carico di tutto sono i familiari, e sono abbandonati dalle istituzioni». «Una volta, in Tribunale a Sassari, esasperato, urlai a un giudice che mio padre "non poteva essere un fascicolo che loro aprivano la mattina alle 8 per poi richiuderlo alle 14, ore ufficio, mentre mio padre, in preda ai suoi deliri, non dormiva, sentiva le voci che gli dicevano di ammazzarsi, vagava, e veniva anche picchiato da gruppi di sbandati in piazza Italia». Guido Manca era anche cardiopatico e la terapia psichica gli era stata prescritta col limitatore. Perciò accadeva spesso che scompensasse: «Mio padre aveva momenti in cui vagava per il palazzo in cui abitava in mutande, una volta, preso dalle manie di persecuzione, aveva afferrato un coltello. Ed io, che non sapevo più che fare, venivo chiamato da una vicina in lacrime, che aveva il terrore di tornare a casa. Ditemi, io come familiare cosa altro potevo fare? Ve lo dico io: mi mettevo a piangere con la vicina dicendole che ero disperato». Queste bombe umane a orologeria, senza un supporto efficace, finiscono quasi sempre per perdersi, e talvolta vengono raccolte da qualche anima più generosa delle altre. «Conoscevo Antonio Fara, e la sua morte mi ha sconvolto. Però resto convinto che abbia fatto benissimo ad allungare una mano verso chi ne aveva bisogno. Il suo gesto si può solo definire nobile. Anche se l’altra mano poi ha finito per tradirlo. Ma se non "sorridiamo" al prossimo che abbiamo di fronte, il senso della nostra vita qual è?».

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