La Nuova Sardegna

Anche nel giorno di festa la polemica vince sull’unità

di Umberto Aime
Anche nel giorno di festa la polemica vince sull’unità

Le celebrazioni in consiglio regionale diventano nuova occasione di scontro 

29 aprile 2021
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CAGLIARI. La storia de Sa Die è conosciuta da tutti. Più o meno: dalla cacciata dei piemontesi, nel 1794, fino all’inizio delle prime celebrazioni, nel 1993. Però, in piena pandemia, era accaduto quasi lo stesso anche un anno fa, durante la prima ondata, è stata l’attualità a prendere il sopravvento. Non solo per effetto dell’emergenza sanitaria, della zona rossa e della crisi economica e sociale, ma perché da mesi è un clima pesante a dominare le giornate in Consiglio regionale. E, infatti, la quotidianità degli scontri, a parte poche dovute condivisioni, è andata in scena anche nella mattinata di Festa. S’è ripetuto, ancora una volta, lo scontro fra le opposizioni e il governatore. Da Pd, Progressisti, Leu e 5 stelle è partita una requisitoria per la «pessima gestione dell’emergenza su tutti i fronti», compreso quello dell’auspicata ripresa, o «dell’arroganza di questa maggioranza nell’insistere su leggi che non interessano i sardi, ma solo chi governa», con un evidente riferimento al cosiddetto super staff: da ritirare, sempre secondo le opposizioni. Stavolta il governatore, nella replica, non s’è affidato solo agli interventi di chi lo sostiene (Lega, Psd’Az, Udc-Cambiamo, Riformatori, Fdi, Sardegna forte, Sardegna 20.Venti e Forza Italia), ci ha messo molto del suo. «Metto da parte il discorso che avevo preparato, in sardo – ha esordito – e vi dico: non accetto insopportabili strumentalizzazioni. Ancora meno durante la celebrazione de Sa Die. La Festa di tutti i sardi».

L’avvio. Il presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, e Antonello Angioni, a nome del Comitato, sono stati di fatto gli unici a ricostruire i passaggi storici della rivolta dei sardi contro la tirannia dei Savoia. Anche se è stato proprio Pais, in chiusura, ad agganciarsi all’attualità: «Ogni anno – le sue parole – Sa Die dobbiamo interpretarla e viverla come un punto di partenza, per ritrovare l’unità. Negli ultimi due anni, il nostro nemico continua a essere la pandemia. Dobbiamo sconfiggerla, vaccinarci, e ripartire compatti».

L’accusa. Le opposizioni, però, hanno cambiato in corsa il registro delle celebrazioni. Eugenio Lai, LeU, ha detto: «Può essere questa una giornata solo di ricordi? No, dev’essere anche quella della riscossa, ma presidente Solinas è indispensabile che da parte sua ci sia un cambiamento repentino di metodi e modi». Michele Ciusa, M5s, ha proseguito: «C’è ben poco da festeggiare. La situazione è disperata e lo è soprattutto per i giovani». Gianfranco Ganau, Pd, ha insistito: «Non perdiamo quest’occasione per scrivere un nuovo modello di sviluppo che permetta alla Sardegna di rinscere». Poi Francesco Agus, Progressisti, quasi in lacrime: «In questi mesi, è stato incrinato il sogno di una Sardegna autorevole. Oggi non siamo presenti ai tavoli dove si disegna il futuro. Da fiero oppositore, le chiedo di ritrovare la sua autorevolezza».

La maggioranza. Sara Canu, Riformatori, ha esordito: «Dal governo Draghi, i sardi si spettavano e si aspettano ben altro. Non le briciole». Poi Francesco Mura, Fdi, «la reazione alla crisi dovrà essere ancora più forte e coraggiosa di quella dimostrata finora». Emanuele Cera, Fi, ha sfruttato questa metafora: «Ricostruiamo l’unità dei sardi così come abili mani hanno rimesso assieme i frammenti dei nostri Giganti, quelli di Mont’e Prama». Roberto Caredda, gruppo Misto, ha insistito sullo stesso concetto: «Sarà la nostra forza di comunità a essere decisiva, vincente». Dario Giagoni, Lega, ha battuto sul tasto della «necessità di liberarci dalle ideologie, lasciando da parte le guerre fratricide». Gian Filippo Sechi, Udc-Cambiamo, ha ribadito: «Diamo forza e sostanza alle nostre grandi diversità». Dopo aver ricordato i 100 del Psd’Az, è stato il sardista Franco Mula ad aprire la strada alla replica del governatore: «Teniamo la barra dritta contro i nuovi aggressori, riprendiamo il cammino verso la felicità del Popolo sardo».

Il governatore. Solinas ha parlato a braccio, lasciando sul tavolo i fogli del discorso celebrativo, e dopo aver letto un messaggio del presidente della Corsica, Gilles Simeoni: «Il patto fra le nostre Isole è fondamentale in Europa». Poi ha replicato duro: «Sapete perché fallì la Sarda rivoluzione del 1794, perché i rivoluzionari furono traditi da altri sardi», ed è proprio da quel voltafaccia – ha aggiunto – che «partì la successiva dura repressione dei Savoia». In crescendo, ha sottolineato: «Quando le opposizioni si lamentano della perdita di autorevolezza di quest'Aula o del presidente della Regione, o quando le sedute del Consiglio sono costellate dal tentativo di delegittimare la mia persona, allora credo che si debba fare una riflessione non solo sulla Sarda rivoluzione, ma anche sul perché e sul come poi si sia tramutata, invece, in una bruciante sconfitta». Ancora: «Va recuperato il senso della verità e capito che lo scontro politico deve giocarsi sul terreno dei dati oggettivi e non delle strumentalizzazioni sull’emergenza sanitaria, sulla zona rossa, sugli interventi messi in campo contro la crisi». Fino alla conclusione: «Solo così, con la verità, sarà possibile ritrovare l’unità e risollevarci. Altrimenti il popolo non salverà un partito o l’altro. Non serve più rappresentare una Sardegna in panne, non è questo il modo per difendere le istituzioni». Il centrodestra ha applaudito a scena aperta. Invece, sconcertate per il contrattacco, le opposizioni si sono alzate in piedi, ma solo quando le note di «Procurade ’e moderare», l’inno della Sardegna che si ribella, hanno avvolto l’Aula.

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