La Nuova Sardegna

Stupro in spiaggia a Baja Sardinia, chiesta l’archiviazione

Tiziana Simula
Stupro in spiaggia a Baja Sardinia, chiesta l’archiviazione

Due ragazze avevano denunciato quattro coetanei dopo una notte di paura. Ma un video darebbe loro torto

30 aprile 2021
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BAJA SARDINIA . «Sentivamo le loro mani che ci toccavano ovunque, noi ci abbracciavamo strette, ma loro ci hanno separato e hanno abusato di noi, lì in acqua, a turno». Ai carabinieri di Budoni, avevano raccontato di quella notte terribile. Prima la serata in discoteca, al Ritual, poi, la decisione di andare in spiaggia, a Baja Sardinia, per proseguire quella serata di divertimento nel loro giorno libero dal lavoro. Ma arrivati lì, quell’incontro tra ragazzi, si sarebbe trasformato in uno stupro di gruppo. Questa è l’accusa che due ragazze, una di Roma, l’altra di Alessandria, di ventuno e 19 anni, denunciarono ai carabinieri nel luglio 2019. Abusi subiti da quattro giovani campani, tra i 21 e i 25 anni, che avevano conosciuto in discoteca e con i quali avevano deciso di raggiungere il mare. Una mezz’ora infinita e terribile, consumata alle prime luci dell’alba. Un racconto che stride con la versione dei presunti responsabili della violenza sessuale che si sono sempre difesi sostenendo che non c’era stato alcun abuso, che i rapporti erano consenzienti. L’inchiesta della Procura di Tempio, gli ha dato ragione. L’attività investigativa svolta non ha consentito di acquisire prove sufficienti a carico dei quattro indagati, Luca Natale, Davide Miftari, Giovanni Graziano e Daniele Cimmino. Per tutti loro, il pubblico ministero Ilaria Corbelli ha chiesto l’archiviazione. E già si preannuncia battaglia. Le presunte vittime della violenza e le loro famiglie si sono opposte alla richiesta di archiviazione della Procura. Sarà ora il gip del tribunale di Tempio, Marco Contu a decidere se accogliere o meno la richiesta del pubblico ministero. A scagionare dalle accuse i quattro ragazzi ci sarebbe, in particolare, un video girato col cellulare da altri giovani che si trovavano proprio lì, in spiaggia, nel momento in cui sarebbe avvenuto quello che per le ragazze è stato uno stupro e per gli indagati, sesso consenziente.

La vicenda di Baja Sardinia è drammaticamente simile a quella che ha coinvolto altre due presunte vittime di violenza ad opera di Ciro Grillo e di tre suoi amici. Coincidono i luoghi (Costa Smeralda), il periodo (stesso mese di luglio), le circostanze (violenza di gruppo). Ma nel caso di Baja Sardinia, l’inchiesta della Procura è chiusa con la richiesta di archiviazione, mentre nel caso di Grillo jr è ancora in alto mare, travolta da mille polemiche.

La denuncia- querela. Sara e Simona (nome di fantasia) lavoravano come animatrici nel villaggio turistico di Baia dei Pini, a Budoni. L’8 luglio erano entrambe libere. «Andiamo al Ritual», decidono. Così a tarda sera raggiungono la discoteca e fanno amicizia col gruppo di giovani campani. Poi, insieme decidono di proseguire la nottata facendo tappa in spiaggia. Salgono in macchina (in due auto diverse) e raggiungono Baja Sardinia. Fa caldo, si fanno il bagno. Sono circa le quattro del mattino. Ai carabinieri, le ragazze dicono che non avevano intenzione di togliersi i vestiti, ma i ragazzi avrebbero cominciato a spogliarle fino a farle rimanere solo con gli slip. Cominciano a sentire le loro mani addosso e si tuffano in acqua. I quattro le raggiungono. Si avvicinano, le accerchiano, mentre Sara e Simona si abbracciano. Riescono a separarle e approfittano di loro, una, due, tante volte, stando alle accuse contenute nella denuncia. Una di loro viene portata fuori dall’acqua e dopo aver raggiunto il retro di un chiosco, costretta a un rapporto orale. Viene raggiunta dalla sua amica che riesce a divincolarsi dagli altri e insieme fuggono e raggiungono la macchina. Vicino al parcheggio incontrano delle persone che le aiutano. Dopo essere rientrate nel resort ed essersi confidate con una collega, vanno al pronto soccorso di Olbia dove scatta il protocollo sanitario e successivamente presentano denuncia. Queste le accuse. Scatta l’inchiesta con le procedure del Codice rosso. La Procura sente testimoni, visiona le immagini di videosorveglianza di alcuni locali, e il video messo a disposizione della magistratura dalla stessa persona che lo aveva girato col suo cellulare.

Per gli inquirenti, l’attività investigativa non solo non ha consentito di acquisire prove sufficienti a sostenere le accuse, ma avrebbe messo in luce numerose incongruenze. La parola passa ora al gip.

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