La Nuova Sardegna

«Lasciato solo a lottare con il Covid delle pecore»

di Antonello Palmas
«Lasciato solo a lottare con il Covid delle pecore»

Denuncia di un allevatore di Soddì che come altri ha perso il patrimonio ovino La legale Manconi: «L’epidemia potrebbe essersi estesa nel disinteresse di tutti»

09 maggio 2021
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SODDÌ. I colleghi hanno perso la speranza, così è rimasto solo a cercare di ottenere l’attenzione delle autorità su un virus figlio di un dio minore che fa strage negli allevamenti ovini, ma sembra non fare paura. Domenico Serra, titolare di una azienda agricola di Soddì (Oristano) destinata all’allevamento di pecore da latte, da anni non riesce più a lavorare a causa del Visna Maedi, il virus responsabile della lentivirosi, patologia ovina che colpisce in particolare i polmoni. Una sorta di Covid delle pecore, che spesso si presenta come una polmonite bilaterale interstiziale, che nel frattempo si è certamente diffuso più di quanto non sembri ma – dice Serra – pare che nessuno (Regione, Asl, le procure cui si è rivolto) voglia porre sul Visna Maedi lo stesso interesse dedicato, ad esempio, a peste suina o lingua blu. «Eppure tutti si riempiono la bocca di concetti come benessere animale o sicurezza alimentare».

«Quando nel 2014 fu accertata la presenza del virus – racconta la legale di Serra, Rosaria Manconi – il servizio veterinario redasse, di concerto con l’assessorato regionale, un protocollo diagnostico e di intervento finalizzato al contenimento della malattia e dei conseguenti danni: prevedeva l’isolamento di capi, il monitoraggio degli allevamenti e l’adozione di misure per arginare l’infezione, per almeno 5 anni. Serra e gli altri allevatori vi aderirono e la positività al virus diminuì: il morbo sembrava circoscritto».

Tutto secondo copione, sino a quando nel 2016 Serra non ebbe l’idea di chiedere alla Regione l’estensione del piano di risanamento già previsto per la variante che colpisce i caprini, adottato dalla Regione, con misure di sostegno economico. Il Servizio di sanità animale territoriale dell’Ausl di Oristano però «interruppe il programma di profilassi – dice la legale Manconi – abbandonando di fatto gli allevatori e disinteressandosi della sorte degli animali. E, quel che è più grave, della diffusione della malattia». Risultato: «Una recrudescenza dell’epidemia, che ha dimezzato o azzerato gli allevamenti. Negata agli allevatori anche la possibilità di effettuare le analisi sui capi per accertare quali fossero positivi e quali no».

A parte i danni che hanno raggiunto «proporzioni «non più sostenibili che necessitano di un immediato intervento della Regione e una presa in carico del servizio veterinario», il timore fondato è che la patologia «interessi altre aziende, che probabilmente omettono di denunciarla e continuano a commercializzare il bestiame infetto. Diffondendo la malattia e soprattutto mettendo a rischio la salute umana. Benché, infatti, sembri che il virus non si trasmetta da animale a uomo, mancano accertamenti su possibili effetti nocivi del latte o delle carni. E, come la recente epidemia da Covid 19 insegna, ci sarebbe da riflettere sul fatto che i virus di origine animale possono improvvisamente mutare e trasmettersi all’uomo».

Inutili i consigli emersi nei convegni con politici, esperti e associazioni di categoria, «tutti concordi nel sostenere che la questione vada affrontata con serietà, in via definitiva e senza ritardi» dice Manconi. Intanto, a seguito di un’interrogazione, la Commissione europea ha affermato la competenza degli Stati membri su programmi di eradicazione e richieste di interventi di ordine economico. «E ha indicato le modalità attraverso cui impedire la diffusione del virus. Nessuna iniziativa risulta però essere stata assunta a livello nazionale o regionale. Un silenzio che sorprende e il signor Serra è determinato a portare sino in fondo la una battaglia che va ben oltre l’interesse personale».

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