La Nuova Sardegna

Sì alla messa in limba ultimi ritocchi ai messali

di Mario Girau
Sì alla messa in limba ultimi ritocchi ai messali

I vescovi dell’isola completano un lungo lavoro di “traduzione” della liturgia L’ultima parola spetta al Papa, possibile un Te Deum post pandemia in sardo

09 maggio 2021
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SASSARI. A cominciare dal prossimo Natale, ma anche prima, in occasione del probabile “Te Deum” di ringraziamento a immunità di gregge raggiunta, regolare “messa in limba” ogni domenica. Senza attendere di volta in volta le autorizzazioni del vescovo. Potrebbe essere questo il “lieto fine” dell’improvvisa accelerazione data negli ultimi mesi alla traduzione della messa in lingua sarda nelle due varianti sardo-campidanese e sardo-logudorese. Gli esperti, coordinati dal vescovo di Tempio Sebastiano Sanguinetti, hanno supervisionato i dieci moduli liturgici predisposti da linguisti, glottologi e biblisti della “Fondatzione Sardinia” e indicato opportune correzioni al testo che l’associazione culturale presieduta da Salvatore Cubeddu dovrà attuare e inviare alla Conferenza episcopale sarda per l’ultima e decisiva verifica. Sono, infatti, gli otto presuli sardi, attualmente “in servizio” - unici garanti dell’ortodossia e della dimensioni pastorale della liturgia - gli interlocutori della Santa Sede in fatto di regolarità delle celebrazioni religiose, soprattutto della più solenne, la messa appunto.

Finalmente, al termine di un percorso trentennale il messale sardo, almeno per una parte sperimentale, sta per essere collocato nel leggìo delle chiese. Un’accelerazione che ha tre protagonisti. Il primo, monsignor Sebastiano Sanguinetti, che materialmente si è seduto al tavolo con altri esperti di sardo–logudorese, per passare ai raggi ics 10 moduli di celebrazioni-tipo da presentare in Vaticano per il via libera pontificio. Monsignor Arrigo Miglio, oggi arcivescovo emerito di Cagliari, nel 2017 indicò il percorso sperimentale di dieci celebrazioni-tipo in sardo come via più veloce per far nascere “una limba liturgica” e favorire il dialogo per “l’inculturazione delle fede” nella lingua e nella cultura locale. Testi “ad experimentum” la formula adottata, per esprimere che le parole della messa nascono non a tavolino, ma dalla preghiera vissuta del popolo in unione con i suoi pastori. Formula sperimentale anche per convincere i monsignori romani incaricati della “recognitio”. Cioè nulla di definitivo, ma cantiere liturgicamente aperto: si celebra la messa in lingua sarda su alcuni moduli liturgici, temporaneamente approvati dai vescovi sardi, come primo passo in vista della traduzione completa in limba di tutto il messale.

Come sherpa abilissimi, glottologi e biblisti della “Fondatzione Sardinia” coordinati da don Antonio Pinna, docente di Sacra Scrittura nella Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, si sono fatti carico di esprimere in sardo anzitutto il latino (non l’italiano) dell’edizione classica del messale romano, poi il greco e l’ebraico delle letture bibliche. Traduzioni in gran parte nate nel contesto di alcuni incontri di studio in collaborazione con la Facoltà Teologica e di celebrazioni approvate da monsignor Miglio, sovente officiate da mons. Piseddu, vescovo emerito di Lanusei. La più solenne per “sa Die de sa Sardigna”, il 28 aprile 2018, presieduta dal cardinale Angelo Becciu. Per la circostanza, sono stati migliorati ancora una volta testo e canti del cosiddetto “Modulo per la Società Civile”.

Gli esperti della Fondatzione Sardinia dovranno ora applicare le osservazioni di contenuto e di stile della “commissione Sanguinetti”, completare e di nuovo sottoporre ad approvazione alcune parti aggiunte e infine omologare le scelte ortografiche. Quindi strada in discesa per gli esperti.

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