La Nuova Sardegna

Tortolì, Paola e il figlio Mirko sorpresi nel sonno: è stato un massacro

Valeria Gianoglio
Tortolì, Paola e il figlio Mirko sorpresi nel sonno: è stato un massacro

Shahid Masih si è accanito su Paola Piras, poi ha accoltellato lei e ucciso il figlio. Parziale confessione e un’assurda giustificazione: «Mi sono difeso da Mirko»

13 maggio 2021
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TORTOLÌ. Una «confessione a modo suo». Perché «cos’altro poteva dire una persona trovata a vagare con i vestiti zuppi di sangue?», la definiscono la Procura e gli investigatori. Una confessione dettata da un dato incontrovertibile: la presenza evidente, negli indumenti, delle tracce ematiche figlie di un’aggressione violenta e feroce, che si è spinta fino a picchiare una donna esanime dopo averla accoltellata per 18 volte, e aver trafitto un ragazzo con altri 4 fendenti.

Il sangue fino alla terrazza. Un’aggressione consumata all’interno di una stanza da letto, con gli schizzi di sangue arrivati fino a una terrazza vicina. Un’ammissione di colpa parziale, piena di vuoti e domande senza risposte – a cominciare da quella base: per quale assurda ragione alle 5.45 di martedì aveva deciso di irrompere nell’appartamento della sua ex? – aggravata dal tentativo di attribuire al ragazzo la responsabilità dell’aggressione iniziale: «Mi ha tirato addosso un vaso, ho cercato di difendermi». È il succo di quanto ha detto Shahid Masih agli inquirenti che martedì sera lo hanno interrogato nella caserma di Lanusei, alla presenza del suo avvocato, di un interprete, del medico legale Matteo Nioi, dei carabinieri, e soprattutto del sostituto procuratore Giovanna Morra.

«Un mattatoio». Dal punto di vista di Shahid Masih, l’operaio di 29 anni di origine pakistana in carcere per l’omicidio dello studente di venti anni, Mirko Farci, e per il tentato omicidio della mamma di quest’ultimo, Paola Piras, le cose sono andate più o meno in questi termini. Come una sequenza di azioni cominciate, a suo dire, senza un perché o che comunque lui non ha voluto raccontare. E terminate alla Kill Bill: con una stanza da letto che lo stesso medico legale ha definito “un mattatoio”. «Gli schizzi di sangue arrivavano fino alla terrazza» ha ammesso uno degli inquirenti.

Il coltello. Stando alla parziale ammissione di colpa fatta dal giovane operaio, i fatti sarebbero andati, dunque, in questo modo. Intorno alle 5.40 di martedì, per ragioni che Shahid Masih non ha chiarito, si è diretto verso la palazzina di viale Monsignor Virgilio e si è arrampicato fino al primo piano, sfruttando la saracinesca della pizzeria della famiglia Piras. Poi, dopo aver sfondato il vetro di una porta finestra è entrato nell’appartamento del padre della sua ex, Giancarlo Piras, si è diretto verso la cucina, ha preso un coltello, ma agli inquirenti non ha spiegato per quale ragione. I carabinieri hanno accertato che si trattava di uno dei coltelli che venivano utilizzati nella pizzeria di famiglia ma che in seguito era stato scartato perché non a norma. Una volta che si è armato, stando sempre all’ammissione parziale fatta dal giovane operaio, è salito nell’appartamento della sua ex. «Non ha spiegato perché si sia portato dietro il coltello. Si possono fare diverse ipotesi – spiegano gli investigatori – dall’intento di voler compiere una strage a quello di preparasi all’eventualità che la sua ex fosse con un altro».

Il vaso dei fiori. Il giovane operaio poi dice che una volta dentro la casa della sua ex, lui avrebbe parlato con quest’ultima e anche con il figlio Mirko. Inizialmente, dice, sarebbe andato tutto liscio, ma poi la situazione sarebbe degenerata e Mirko avrebbe preso un vaso di fiori e glielo avrebbe lanciato addosso. «Il riscontro sul vaso c’è – spiegano gli inquirenti – perché abbiamo trovato tracce dei cocci, ma è tutto da verificare come siano andati i fatti e chi abbia lanciato cosa». Certo è che di lì a pochi secondi, la stanza da letto di Paola Piras si trasforma in un mattatoio. Ma a quei terribili momenti Shahid Masih non fa alcun cenno. Agli inquirenti dice solo che con la sua ex si sentivano ancora e che si sarebbero incontrati in luoghi pubblici, anche dopo la rottura ufficiale. «Che ci siano contatti telefonici lo verificheremo attraverso i tabulati» spiegano gli inquirenti. Oggi alle 10 a Quartu è in programma l’autopsia. Domani, invece, l’udienza di convalida del fermo.


 

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