E ora il carasau diventa pane “da passeggio”
di Giusy Ferreli
Grazie all’iniziativa del forno di Galtellì gestito da Dina Mastio è nato Canzos, uno snack di ritagli aromatizzato con l’olio dell’Ogliastra
14 maggio 2021
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I ciocchi che crepitano nel grande forno a legna, sono il preludio a tante gustose infornate. Di pane carasau ma anche prodotti innovativi che il panificio artigianale di Dina Mastio (nella foto a destra con il fratello Roberto) a Galtellì, sforna per i palati più esigenti. Nel laboratorio di Muruai, dove il pane si lavora a mano come un tempo e dove il forno è alimentato esclusivamente con legna di olivastro che tiene la temperatura ideale a lungo, ha preso forma anche “Canzos”, in sardo, ritaglio. Un termine che richiama a qualcosa magari di poco pregio, ma questa sfoglia sottilissima, nata dalla necessità di valorizzare il pane carasau, di poco pregiato ha ben poco. Si tratta di un vero e proprio snack, o meglio di un cracker, impreziosito da olio extravergine d’oliva dell’Ogliastra ma basato sul pane più famoso della Sardegna. Di cui, letteralmente, non si butta via nemmeno un grammo. Il Canzos è un prodotto nato per dare una nuova possibilità di vita e di utilizzo al carasau e alla tradizione che rappresenta, con una veste più giovane che lo rende perfetto da assaggiare anche a passeggio, a lavoro, o semplicemente in qualsiasi momento della giornata si voglia aprire il packaging (tutto riciclabile). «La lavorazione è la medesima del carasau. L’unica differenza è che il pane ha un po’ meno lievito e si cerca, durante la cottura, di farlo gonfiare pochissimo, in modo da fargli avere uno spessore adatto. A caldo – dice la titolare del panificio – viene poi condito con l’olio, rigorosamente sardo, e con le spezie coltivate nell’orto della nostra famiglia a poche centinaia di metri dalla sede stessa del forno».
La procedura è lunga ma il risultato garantito. Dopo il condimento viene poi infornato nuovamente per la tostatura che gli conferisce la croccantezza giusta. Una volta cotte le sfoglie vengono poi impilate e tagliate con la forma del crackers vero e proprio. C’è il Canzos da passeggio, da mettere in borsetta e quello pensato per la ristorazione. Entrambe le versioni possono essere condite semplicemente con olio e sale e ancora con rosmarino, timo e origano. Sul pane carasau, una delle grandi ricchezze enogastronomiche della Sardegna, tirato con il mattarello e cotto nel forno a legna, hanno puntato Dina, titolare del panificio e i suoi più stretti collaboratori: il fratello Roberto e la sorella Micaela che si avvicendano giorno e notte nella produzione del pane tradizionale sardo.
Nato solo nel 2015 è allo stesso tempo figlio di una lunga storia familiare. «Tutto – racconta Dina Mastio – è partito da mio padre Pietro che sin da piccolo ha visto fare il pane carasau dai miei nonni. Per tanti anni mio padre ha lavorato nel settore dell’agricoltura. A un certo punto si è guardato intorno e vedendo che con il progresso tecnologico la gente si procurava autonomamente l’attrezzatura necessaria per la lavorazione dei campi decise di cambiare vita e di tornare alle origini – racconta ancora la giovane titolare del panificio baroniese –. Ricordandosi di quanto aveva appreso dai suoi genitori decise di metter su un panificio. Più o meno nelle nostre zone, nelle Baronìe, tutti si fanno il pane carasau in casa, ma sono in pochi quelli che lo fanno per essere commercializzato, visto che richiede tanto tempo e sacrificio e degli orari molto particolari».
Una sfida che non ha spaventato né il patriarca della famiglia Mastio, e neanche i suoi tre figli di 36, 35 e 27 anni, che insieme hanno creato un’impresa di famiglia che apre ogni notte i suoi lavori e che affonda nella storia del territorio le sue radici.
La procedura è lunga ma il risultato garantito. Dopo il condimento viene poi infornato nuovamente per la tostatura che gli conferisce la croccantezza giusta. Una volta cotte le sfoglie vengono poi impilate e tagliate con la forma del crackers vero e proprio. C’è il Canzos da passeggio, da mettere in borsetta e quello pensato per la ristorazione. Entrambe le versioni possono essere condite semplicemente con olio e sale e ancora con rosmarino, timo e origano. Sul pane carasau, una delle grandi ricchezze enogastronomiche della Sardegna, tirato con il mattarello e cotto nel forno a legna, hanno puntato Dina, titolare del panificio e i suoi più stretti collaboratori: il fratello Roberto e la sorella Micaela che si avvicendano giorno e notte nella produzione del pane tradizionale sardo.
Nato solo nel 2015 è allo stesso tempo figlio di una lunga storia familiare. «Tutto – racconta Dina Mastio – è partito da mio padre Pietro che sin da piccolo ha visto fare il pane carasau dai miei nonni. Per tanti anni mio padre ha lavorato nel settore dell’agricoltura. A un certo punto si è guardato intorno e vedendo che con il progresso tecnologico la gente si procurava autonomamente l’attrezzatura necessaria per la lavorazione dei campi decise di cambiare vita e di tornare alle origini – racconta ancora la giovane titolare del panificio baroniese –. Ricordandosi di quanto aveva appreso dai suoi genitori decise di metter su un panificio. Più o meno nelle nostre zone, nelle Baronìe, tutti si fanno il pane carasau in casa, ma sono in pochi quelli che lo fanno per essere commercializzato, visto che richiede tanto tempo e sacrificio e degli orari molto particolari».
Una sfida che non ha spaventato né il patriarca della famiglia Mastio, e neanche i suoi tre figli di 36, 35 e 27 anni, che insieme hanno creato un’impresa di famiglia che apre ogni notte i suoi lavori e che affonda nella storia del territorio le sue radici.