La Nuova Sardegna

Ciao Mirko, figlio di tutti

di Giusy Ferreli
Ciao Mirko, figlio di tutti

La maglietta della Juve, i palloncini e le rose bianche: il dolore collettivo

15 maggio 2021
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TORTOLÌ. Di queste giornate infernali, l’ultima, quella dell’addio a Mirko, è la più lunga. E la più straziante. Inizia presto, al cimitero di Quartu dove il corpo del ragazzo è stato portato martedì pomeriggio per l'autopsia. Qui i familiari più stretti guardano ancora una volta quel volto sempre sorridente, capace di dispensare allegria. Una carezza, l'ultima, e partono tutti assieme alla volta di Tortolì dove il ragazzo ha vissuto la sua breve esistenza, un'esistenza spezzata dalla furia di un uomo violento, Masih Shahid.

Mirko arriva in chiesa, a San Giuseppe, la più grande della cittadina scelta apposta per accogliere quante più persone possibile, poco dopo le 16,30. La bara fa il suo ingresso in un silenzio irreale, interrotto dai singhiozzi di chi attende nei banchi: amici, familiari e rappresentanti delle istituzioni. In quella bara con le rose bianche, la maglietta della Juventus e un cappellino nero, non c’è solo il figlio di una madre che ora lotta tra la vita e la morte in un letto d’ospedale o il nipote di una nonna in lacrime. Non c’è solo il figlioccio di una zia senza più parole o il fratello di due ragazzi che cresceranno con un vuoto incolmabile.

In quella bara c’è la speranza nel futuro. Una speranza che il vescovo di Lanusei vuole tenere accesa a tutti i costi. Monsignor Antonello Mura arriva poco prima delle 17 e si è fermata in raccoglimento sul feretro. Sono minuti intensi quelli che precedono la celebrazione del rito funebre: china il capo per pregare poi si volta a cercare con lo sguardo la nonna, Marinella. Porta la mano sul cuore e le sussurra alcune parole. Altre parole di conforto le rivolge al fratello Lorenzo e alla zia Stefania. Il vescovo saluta i rappresentanti istituzionali seduti ai primi banchi e si avvia in sacrestia. Il vescovo, che indossa la veste bianca e i paramenti viola, simbolo di lutto e di passione , impugna il bastone pastorale e raggiunge l'altare per celebrare le esequie con altri cinque sacerdoti. I canti e le preghiere risuonano senza sosta sino all’omelia. Un primo toccante pensiero il vescovo Mura lo rivolge a Paola Piras, la madre del giovane ucciso che si trova in coma farmacologico, ventilata meccanicamente e sotto continuo monitoraggio, all’ospedale di Lanusei. «Mentre salutiamo Mirko per l’ultima volta su questa terra, con la morte nel cuore, abbracciamo idealmente sua mamma pregando che in quel lettino di rianimazione possa percepire quel fluido che fa vivere, al quale nessuno può rinunciare e che a lei serve quanto l’ossigeno» dice con la voce che ad un tratto sembra rompersi per la commozione. Si rivolge a Lorenzo e Samuele. A loro, «due fratelli defraudati di un fratello – dice – riconosciamo che le nostre parole non bastano, né a voi né a tutti familiari, per spiegare quanto è avvenuto».

Si rivolge infine a Mirko e riaccende una flebile fiammella di speranza. «Tu, Mirko, splendido ventenne, hai perso la vita per difendere l’umanità più bella, quella di tua madre. Anche a vent’anni si possono compiere gesti che seminano la vita» dice e, rifacendosi alle parole di san Paolo (“chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà”), riflette sugli «agricoltori occulti capaci di seminare semi, indifferenza vuoti di vita e bellezza. Agricoltori che non si distinguono dal colore della pelle ma dalle loro azioni, violentatori senza scrupoli della dignità umana».

«Tu non vuoi vendette e non hai bisogno di vendette» è il messaggio per chi si ostina ad invocare giustizia sommaria. «Grazie – è la sua conclusione – perché non sei stato a guardare, grazie perché hai creduto che la vita di chi ami vale più della tua stessa morte».

Il rito funebre arriva alla conclusione. La bara viene benedetta ed esce dalla chiesa. Nonna Marinella sorretta da Lorenzo non riesce a trattenere il pianto mentre un applauso interminabile fende l’aria grigia che viene solcata dai palloncini rossi e bianchi. Ci sono le lacrime inarrestabili che solcano tanti volti. C'è il sindaco di Tortolì Massimo Cannas con alcuni suoi colleghi, il presidente del consiglio regionale Michele Pais e l’assessore Giorgio Todde. C'è il consigliere regionale Salvatore Corrias ci sono gli uomini in divisa: i carabinieri che hanno fermato il suo assassino, i poliziotti e i finanzieri. C'è un migliaio di persone di tutte le età. C’è quell’umanità in cui spera ancora monsignor Mura.

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