La Nuova Sardegna

Al ristorante col metro: ecco i punti oscuri dell’ordinanza sarda

di Roberto Petretto
Al ristorante col metro: ecco i punti oscuri dell’ordinanza sarda

L’esperto in sicurezza: solo 15 persone in un locale di 100 m2. Dubbi anche su chi dovrà controllare i requisiti dei clienti

02 giugno 2021
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SASSARI. Si parla già di un “Caso Sardegna”, la Regione d’Italia che consente attività al chiuso ma con degli obblighi che costringeranno il personale addetto alle verifiche e alle eventuali sanzioni a farsi accompagnare da un ingegnere, un geometra o, quantomeno, da un esperto in matematica. È l’ordinanza numero 21 a diffondere il panico tra quelli che hanno attività al chiuso, perché introduce una serie di parametri che, da un lato, pongono dei paletti molto rigidi, dall’altra lasciano dei dubbi sulla loro interpretazione e applicazione.

C’è quell’articolo 1 che potrebbe essere preso ad esempio in un trattato sulla semplificazione, ma come modello da evitare. Il titolare di un servizio di ristorazione, ad esempio, può svolgere attività al chiuso purché garantisca «il limite di presenze contemporanee non superiore a una persona ogni 20 metri cubi d’aria e un tasso di ricambio d’aria non inferiore a 0,5».

I titolari di ristoranti, trattorie, taverne e simili si stanno affrettando a consultare esperti che siano in grado di aiutarli a decifrare il testo e spiegare cosa si può e non si può fare.

«Mi pare sia un’ordinanza che ha l’obiettivo di spingere quante più persone possibile a mettersi in regola con ciò che stabilisce il green pass - dice Cristian Solinas, esperto di sicurezza del lavoro e consulente di aziende (quasi omonimo del presidente della Regione). Facciamo un esempio semplice: prendiamo in considerazione un locale di 100 metri quadri di superficie con un soffitto alto 3 metri: ebbene, potrebbe ospitare al massimo 15 persone».

Molte meno se si ha un soffitto più basso, ovviamente. Difficile immaginare che un ristorante con un locale di 100 metri quadri possa tirare avanti con appena 15 coperti: «Ho già dei clienti che mi hanno contattato e che mi hanno detto come con questi parametri sia impossibile anche solo coprire le spese».

Le cose cambiano a determinate condizioni: «Non si computano - spiega l’ordinanza - i soggetti che dimostrino con il relativo certificato di aver completato il ciclo di vaccinazione, di aver superato l’infezione Sars-CoV2 da non oltre sei mesi o di avere l’esito negativo di un tampone effettuato da non oltre 48 ore».

Ma i dubbi non sono finiti: «Ci sono aspetti ancora da chiarire - dice ancora Cristian Solinas (il consulente per la sicurezza, non il presidente della Regione) - Come funziona l’accertamento della certificazione? La si mostra al titolare del ristorante a cui spetta l’onere del controllo? Si presenta un’autocertificazione? Se una in una tavolata di 10 persone ce n’è una che non corrisponde a questi criteri, che si fa? Insomma c’è da chiarire qualcosa su un provvedimento che, tra l’altro, riguarda solo la Sardegna».

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