La Nuova Sardegna

I sindacati contro la svolta green: «A rischio troppi posti di lavoro»

di Claudio Zoccheddu
I sindacati contro la svolta green: «A rischio troppi posti di lavoro»

Preoccupazione per l’annunciato processo di transizione energetica che esclude l’uso del metano  «Minata la ripartenza di aziende come Eurallumina e Alcoa. In dubbio anche il futuro di Fiume Santo»

12 luglio 2021
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SASSARI. Sono rimasti di sasso, all’improvviso. Le sigle sindacali vicine al settore dell’energia non sono rimaste impressionate dal fascino della svolta “green” annunciata dal ministro Cingolani e sposata dall’Enel. Anzi. La loro preoccupazione si è focalizzata all’istante sul futuro dei lavoratori impegnati nelle centrali di Portovesme e di Fiume Santo, passata dall’imminente riconversione a gas metano delle due centrali alla sostanziale cancellazione a cui farebbe seguito un futuro lavorativo che, per la verità, non è stato messo a fuoco se non per quanto riguarda la “quota” Enel che sarebbe dirottata quasi in presa diretta dallo sfruttamento del carbone allo sviluppo delle fonti rinnovabili, con tutti i problemi di adattamento del caso. E gli altri?

Attacco alla Regione. La segreteria regionale di UilTec non le manda a dire: «Siamo molto preoccupati – spiega il segretario, Pierluigi Loi –. Uno scenario di questo tipo significa la chiusura delle due centrali, perdere la possibilità di utilizzare il metano per cui sono già state spesi centinaia di milioni per la realizzazione dei bacini, perdere la competitività industriale legata al prezzo dell’energia salutando definitivamente la ripartenza di aziende come Eurallumina e Alcoa. In tutto questo il presidente Solinas e la Giunta regionale dove sono? – domanda Loi – Dove sono la programmazione regionale, i piani di sviluppo, i tavoli di concertazione col Governo? Non c’è niente di niente, solo uno sguardo passivo a quello che fanno le singole aziende che naturalmente guardano ai propri bilanci e non agli interessi dei sardi». Poi, l’attenzione si sposta su Enel: «Per raggiungere lo scenario ipotizzato Enel dovrebbe ristrutturare completamente la propria rete, con investimenti oltre il miliardo di euro. Oggi invece abbiamo linee elettriche risalenti agli anni ‘70 e ‘80 e siamo la prima regione in Italia per tasso di guasti, e i pochi investimenti annunciati, come quelli del 2020, sono evaporati come neve al sole».

Problema sociale. «È stucchevole la leggerezza con la quale si compiono fughe in avanti, rilasciano dichiarazioni che suonano come il “de profundis” del gas sardo, con la conseguenza di alzare ancor di più il livello di tensione sociale in territori come il Sulcis – spiegano dalla segretaria della Ust Cisl –. Sembra quasi si faccia finta, in particolare per il Sulcis, di non conoscere i numeri dei lavoratori da ricollocare dopo la transizione, quelli che ancora oggi sono fuori dalle produzioni in ammortizzatori sociali senza fine, quelli che non sono mai entrati nel mondo del lavoro e sperano nella ripresa economica per avere la propria chance. Si fa finta di ignorare gli effetti domino di certe decisioni. Si parla di “solidarietà e resilienza” ma si è pronti a far pagare ai lavoratori gli errori di piani industriali, che, dopo anni di attesa ed aspettative, paiono impercorribili. Noi siamo pronti a discutere – spiegano i segretari Salvatore Vincis, Gloria Dessì e Antonello Saba –, fermi per la difesa e la creazione di ogni singolo posto di lavoro e pronti ad utilizzare tutti gli strumenti democratici per far valere le ragioni dei lavoratori».

Non solo Sulcis. Se il cambio di rotta potrebbe scatenare tensioni sociali nel Sulcis, la situazione di Fiume Santo potrebbe avere un’evoluzione simile: «Contrariamente a quanto scritto nei piani e detto nelle discussioni legate alla decarbonizzazione, pare che ora non arrivi più il gas e conseguentemente non saranno convertite le centrali attualmente alimentate a Carbone. Una bella e sostanziale differenza per Fiume Santo e per il Sulcis – dicono dalla segreteria ragionale di Cisal-FederEnergia –. È arrivato un messaggio che racchiude l’ennesima sconfitta per quanto riguarda il gas, di cui i sardi non potranno mai beneficiare al contrario di quanto accade nel resto d’Italia. È un film che abbiamo già visto con la chimica, con protagonista l’Eni: una volta smontati gli impianti di chimica tradizionale, rimane solo l’incompiuto progetto della chimica verde. Siamo contrari ad un progetto che produrrà ripercussioni sui lavoratori diretti, sulle imprese dell’indotto, sulle famiglie, su territori dilaniati dalla disoccupazione dilagante e generata dalle tante delocalizzazioni industriali e dalle molteplici chiusure». Le tre sigle sindacali concludono alla stessa maniera, lanciando un appello alla Regione che viene chiamata in causa per aprire un dialogo con le parti sociali e per respingere l’idea di una transizione energetica che non prevede il passaggio intermedio al gas metano.

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