La Nuova Sardegna

Sardegna divisa in due: metano solo per pochi

di Giuseppe Centore
Sardegna divisa in due: metano solo per pochi

Anche Rse ipotizza un servizio solo per i bacini vicini ai centri urbani maggiori

19 luglio 2021
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CAGLIARI. Nei prossimi giorni dovrebbe venir resa pubblica la Fase 2 dello studio di Rse sul sistema energetico sardo. Non si tratta solo di una ricerca, ricca di tabelle e grafici, ma delle giustificazioni tecniche per le decisioni che poi la politica dovrà prendere a breve. Nelle 39 pagine che compongono lo studio però, difficilmente si troveranno spiegate le soluzioni per dotare l’isola di un sistema energetico organico, sostenibile, robusto e duraturo. E questo anche perchè gli ingegneri di Rse (società controllata dal Ministero dell’Economia) più che proporre scenari e guardare senza vincoli al futuro, disegnano la Sardegna che verrà a immagine e somiglianza di quello che il governo (Conte 2) e il Parlamento hanno deciso lo scorso settembre. Lo studio dà i numeri, in senso positivo, ma conferma che la Sardegna del domani, non del futuro, sarà una isola divisa in due parti: la Sardegna avvantaggiata, quella intorno ai cinque poli urbani, e l’altra, con un ulteriore handicap, oltre il raggio di cinquanta chilometri dalle città. La prima avrà il metano a un prezzo ragionevole con approvvigionamenti certi e a tariffe regolate; l’altra diventerà terra di conquista, con gli utenti privati e aziendali, privi di tutele e impossibilitati a controllare tariffe e costi finali.

Lo studio Rse, infatti considera solo 18 dei 38 bacini nei quali è suddivisa l’isola, quelli dove opera il principale distributore nazionale di metano, Italgas. Gli altri non vengono presi in considerazione, se non nell’ipotesi definita “estrema” di una metanizzazione di tutta l’isola. E non a caso i bacini che vengono considerati nello studio sono quelli dei quattro capoluoghi e delle aree limitrofe, più i due centri maggiori dell’Ogliastra. Per gli altri un breve cenno legato ai costi troppo alti per dare a tutti i sardi il diritto a usare questa fonte energetica.

Tabelle e proiezioni a parte, lo studio è importante perchè serve a giustificare quello che forse nei prossimi giorni verrà inserito nel decreto attuativo della legge che ha “inventato” la virtual-pipeline. E cioè tre punti di consegna del gas, Porto Torres, Portovesme e Oristano (non citata nella legge di settembre), con una rete principale di 93 chilometri, con 49 chilometri di connessioni a Portovesme, e con un fabbisogno medio trasportato che a Porto Torres è stranamente solo la metà di Portovesme.

La soluzione definita mista strada+gasdotti sarebbe la più conveniente, solo 201 milioni di euro, che salgono a 267, se si sceglia solo la strada, per arrivare a 444 milioni se si sceglie solo il sistema a gasdotti. La soluzione mista comporterebbe anche 65 depositi satellite da 55 metri cubi, 15 camion cisterna da 37 metri cubi, che salirebbero a 20 con i picchi di domanda, con l’ipotesi di un viaggio al giorno per ogni camion e cinque rifornimenti al mese per i depositi. Nessuna modifica nello studio per la modalità di trasporto nel tempo: o sempre via tubo o sempre via strada. Non risulta nelle tabelle dello studio un specifico valore per la qualità della rete stradale sarda. Si fa riferimento solo alla congestione delle strade, non al loro stato.

Gli esperti di Ricerca sul Sitema Energetico ipotizzano anche i casi alternativi alla metanizzazione base, come quella definita “estrema” per tutti i bacini e tutti i settori. Un concetto che da solo definisce questa opzione impraticabile. Insomma, dare il metano a tutti i paesi sardi non è possibile.

Chiaramente nello studio non vengono presi in considerazione i capitali spesi per avviare i cantieri sui 20 bacini non serviti da Italgas, moltissimi dei quali resteranno tagliati fuori dall’approvvigionamento garantito di metano. Sono soldi regionali destinati a questo specifico obiettivo, molti dei quali già erogati.

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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