La Nuova Sardegna

In Sardegna un debutto senza intoppi per il green pass

di Andrea Massidda
In Sardegna un debutto senza intoppi per il green pass

Da Sassari ad Alghero in bar e ristoranti la maggior parte dei clienti è preparata. Tra i gestori non manca chi si oppone con forza: «Che vengano pure a multarci»

07 agosto 2021
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SASSARI. Clienti che spontaneamente si presentano all’ingresso del ristorante stringendo in mano il cellulare con il codice Qr e la carta d’identità, così che dopo pochi secondi si ritrovano già seduti a tavola. Ma anche altri – è successo in una frequentatissima trattoria di Alghero – costretti a disdire la prenotazione per sette persone perché alcuni dei commensali non risultavano vaccinati. Poi gestori di locali ultranegazionisti pronti a farsi multare salatamente pur di non cedere al decreto anti-contagi (come il barista che sulla vetrina ha esposto la stella di David, con un azzardato e contestatissimo paragone tra decreto Covid e leggi razziali), e al contrario colleghi entusiasti per un provvedimento che potrebbe scongiurare prossime chiusure e soprattutto lo spauracchio della zona gialla. Tirando le somme di una giornata che si annunciava altamente divisiva, ieri per il green pass è stato un esordio in chiaroscuro. Anche se a ben vedere i problemi che si sono verificati non sembrano certo insormontabili: la sensazione è che affinché tutto fili liscio, dopo un po’ di rodaggio servirà come al solito un pizzico di buonsenso sia da parte dei sostenitori del lasciapassare verde sia da parte degli irriducibili no vax.

Il controllo del pass. A metà mattina nella caffetteria Café&Cake di piazza Mazzotti, a Sassari, un signore sulla sessantina si accomoda all’interno del bar con la chiara intenzione di bere un cappuccino e sfogliare il giornale. Ed è in quel momento che la cameriera, un po’ imbarazzata, entra in azione: «Buongiorno signore, mi può gentilmente mostrare il suo certificato verde?». Risposta altrettanto cordiale: «Certo, si figuri, ecco qua». Una piccola formalità che tuttavia non tutti gradiscono. Al punto che il dubbio più ricorrente tra i titolari degli esercizi commerciali riguarda la loro autorità o no nel poter chiedere al cliente dati sensibili e addirittura i documenti, come farebbe un qualsiasi pubblico ufficiale. Si tratta di una questione che forse il governo dovrebbe chiarire in maniera inequivocabile attraverso un’attenta campagna di comunicazione.

Ristoratori pronti. Girando per il nord ovest dell’isola, comunque, ci si rende ben presto conto che la maggior parte dei ristoratori si sono organizzati per evitare spiacevoli questioni. Tra questi di sicuro Antonello Casula, titolare del rinomato “Giammaranto”, a Sassari, che può contare soltanto su tavoli all’interno. «Verificare il green pass non ci preoccupa – spiega lui stesso –, tutto il personale è dotato dell’app che in un istante conferma che il lasciapassare è valido. È un attimo, nessun fastidio, anche se abbiamo messo in conto che qualcuno possa protestare. Ma a queste persone diciamo che proprio grazie a questo provvedimento i locali al chiuso ora risultano i luoghi più sicuri dove poter mangiare». Parole sostanzialmente in linea con quelle di Gigi Sau, gestore della trattoria “Lo Romani”, nel centro storico di Alghero. «Fortunatamente – dice – noi lavoriamo quasi soltanto su prenotazione, così abbiamo la possibilità di avvertire i clienti già da quando ci chiamano. Chi viene sa in anticipo che deve essere in regola con il lasciapassare e questo ci consente anche di fare il veloce controllo quando sono tutti seduti a tavola». Attrezzati con l’app “Verifica C19” anche i tre ristoranti della centrale via Asproni, a Sassari: “La volpe e l’uva”, il “Saint Joseph” e il “Tritus”.

Gli irriducibili. Non mancano però i titolari di locali che di controllare il pass verde dei clienti non ne vogliono proprio sapere. «Si tratta di un provvedimento incostituzionale – tuona Giovanni Nurra, gestore del “Montecristo”, a Sassari, ma anche presidente provinciale del movimento Italexit, una sorta di Brexit nostrana –. Il governo non vuole dare garanzie sui sieri che inocula e così ha varato questo decreto che obbliga la vaccino in maniera surrettizia. Noi non ci stiamo: che vengano pure a multarci, se possono».

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