La Nuova Sardegna

Un fucile e mille misteri: forse Cherchi girava armato

di Kety Sanna
Un fucile e mille misteri: forse Cherchi girava armato

Trovata un’arma sul luogo del delitto, per gli inquirenti è un indizio importante

04 settembre 2021
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INVIATO A NORAGUGUME. È tornata la paura nel piccolo centro del Marghine, L’omicidio di Gigi Cherchi, l’allevatore di 67 anni, raggiunto da un paio di fucilate esplose in pieno giorno, da dietro un muretto a secco, ha fatto ripiombare il paese nell’oscurità della faida. Ieri mattina i carabinieri della Compagnia di Ottana, i colleghi del Reparto operativo di Nuoro e i cacciatori di Sardegna, hanno continuato a passare al setaccio le campagne di Sa binza manna, teatro di un’esecuzione da codice barbaricino, ma per certi versi insolita, se si pensa all’ora in cui è avvenuta. Il killer di Cherchi non ha atteso le prime luci dell’alba, e neppure che calasse il buio per portare a compimento il suo piano di morte. Si è appostato in un terreno davanti al podere dell’allevatore quando il sole era ancora alto e, con pazienza, ha atteso il suo arrivo. Ne conosceva le abitudini ed era certo che sarebbe arrivato.

Intorno alle 18 di giovedì, dalla stradina di penetrazione agraria che interseca la Sp 33, ha visto arrivare il fuoristrada Toyota Land Cruiser di colore verde, della vittima. Nascosto all’ombra di una quercia secolare, l’assassino ha aspettato che Gigi Cherchi scendesse dal fuoristrada, e si avvicinasse al cancello dell’azienda agricola dove lo attendevano i suoi cavalli, cinque, e tutti di razza. Ha puntato l’arma e ha esploso un paio di colpi, andati a segno. L’allevatore non ha avuto il tempo di reagire. È stramazzato al suolo in un lago di sangue. «Sarà l’autopsia a stabilire il numero esatto delle fucilate che hanno raggiunto e ucciso la vittima – ha detto il procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso, che coordina le indagini –. Questa mattina verrà conferito l’incarico al medico legale, e solo allora avremo dei dati certi». Il killer prima di scappare e far perdere le tracce, potrebbe essersi avvicinato al corpo martoriato dell’allevatore per accertarsi di aver compiuto un buon lavoro. Non è chiaro se gli abbia inferto il colpo di grazia. Intanto resta il mistero di un fucile trovato a poche decine di metri dal luogo del delitto. «Non possiamo stabilire se si tratti dell’arma usata per compiere l’omicidio – ha sottolineato il procuratore –. Occorrerà attendere il risultato degli accertamenti tecnici che verranno svolti dagli uomini del Ris. In questo momento non si può né escludere, né affermare con certezza che pure la vittima fosse armata».

Dati che aprirebbero, la strada a diversi scenari investigativi. L’assassino di Gigi Cherchi, forse arrivato da lontano, potrebbe essere stato disturbato da qualcosa o da qualcuno, e a quel punto avrebbe deciso di disfarsi dell’arma per poter passare inosservato? Ipotesi poco attendibile se si pensa a un killer solitario che tende la trappola alla sua vittima, colpisce e sparisce nel nulla, rendendosi inafferrabile proprio perché non lascia tracce. Altra ipotesi è che quel fucile appartenesse alla vittima, che per paura di un ritorno dei fantasmi del passato, girasse armata. Ancora meno credibile, la tesi che ad ammazzare Gigi Cherchi sia stato un balordo che una volta esplose le fucilate abbia deciso di liberarsi dell’arma, lasciando una sorta di biglietto da visita sul luogo del delitto.

Per ora nessuna pista viene esclusa dagli investigatori che seguono tutte le tracce. Prevale quella di un omicidio maturato nell’ambito della violenta faida che 20 anni fa aveva insanguinato il paese, ed era iniziata proprio con l’omicidio di Peppino, fratello della vittima. «Il nome di Cherchi riconduce a questa guerra tra famiglie rivali» hanno detto gli inquirenti che, ovviamente, non escludono altre ipotesi. Il suo nome risulta essere l’ultimo della lunga lista di morte che dalla fine degli anni Novanta ha devastato il piccolo centro del Marghine. Prima di lui, sei anni fa, quello di Giampietro Argiolas, ammazzato sulla Sp 33 a poche centinaia di metri dal podere di Sa binza manna. Storie di inimicizie tra famiglie, risolte con il codice della vendetta. Ferite sempre aperte che non si riesce a rimarginare. Dalle prime ore dell’omicidio di giovedì i carabinieri della compagnia di Ottana e del Reparto operativo del comando provinciale di Nuoro hanno ascoltato parenti e amici della vittima. Decine le perquisizioni fatte, e probabilmente anche qualche stub nei confronti di esponenti delle fazioni opposte a quella in cui viene inquadrata la vittima. Ma gli inquirenti non tralasciano di verificare la pista legata all’operazione che nel febbraio scorso aveva portato a undici misure cautelari tra Noragugume, Dualchi, Birori, Macomer e Orune, per i reati di estorsione, droga e armi. Cinque persone erano finite in carcere, tre agli arresti domiciliari, due erano state sottoposte all’obbligo di dimora e una all’obbligo di firma.

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