La Nuova Sardegna

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Una maglietta e i “bora-bora” «Luca è con noi dopo 19 anni»

di Silvia Sanna
Una maglietta e i “bora-bora” «Luca è con noi dopo 19 anni»

Il ricordo all’incrocio tra via Solari e via Bellini, dove morì il 17enne sassarese La sorella Laura: «Da quel giorno fiori, nastri e messaggi non sono mai mancati»

04 settembre 2021
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SASSARI. Guardavano il suo pancione e dicevano “speriamo che sia sano”. Laura annuiva e pensava “Già, ma speriamo che sia maschio”. Perché quel bimbo che cresceva dentro di lei era un predestinato: si sarebbe chiamato Luca e avrebbe portato con onore e orgoglio il nome dello zio scomparso ad appena 17 anni. Luca Russo, il fratello di Laura: «Il mio unico e adorato fratellino, 5 anni più piccolo di me, simpaticissimo, un po’ folle, uno che riempiva lo spazio e i cuori di tutti». Luca Russo è morto 19 anni fa: tornava a casa, nel quartiere di Latte Dolce, sulla sua moto Aprilia. Luca era felice perché lavorava all’Ippodromo e dopo un paio di giorni avrebbe ricevuto il primo stipendio della sua vita: «Aveva promesso regali a tutti – dice Laura – a me, ai nostri genitori, ai suoi migliori amici. Non credo che i soldi gli sarebbero bastati, ma lui era fatto così». All’incrocio tra via Bellini e via Solari un’auto svolta all’improvviso senza azionare la freccia mentre l’Aprilia è in fase di sorpasso. La moto sbatte sulla fiancata sinistra, Luca viene sbalzato e il suo volo finisce contro il muro di cinta di una scuola. Sono le 14 del 13 novembre 2002: da quel giorno, in quell’incrocio, è appesa una maglietta con il viso di Luca, intorno fiori e “bora-bora”, i nastri che addobbano i Candelieri nella festha manna del 14 agosto. In 19 anni, quella maglietta non è mai mancata: a volte scolorita e ingiallita dal sole, quasi sempre fresca di stampa come in questi giorni. È il ricordo di un ragazzo scomparso quando si affacciava alla vita e mai dimenticato.

Diciannove anni fa. Alle 14 del 13 novembre Laura ha appena finito il suo turno al supermercato: sale sul motorino e va a casa. «Incontro una vicina, dal balcone mi dice che Luca ha avuto un incidente in via Solari “ma nulla di grave, stai tranquilla” e aggiunge che mia madre è già lì. Arriva mia zia, anche lei ha saputo e mi dice di andare in auto con lei». All’arrivo lo sguardo di Laura viene catturato da un particolare: è la prima delle tre immagini di quel giorno che rimarranno impresse nella sua mente per sempre, istantanee di un dolore incancellabile. «Vedo le scarpe di Luca per terra, lo cerco, ma lui non c’è: ho un brutto presentimento, poi alcune persone mi dicono che aveva solo un taglio sulla fronte e che in ambulanza era cosciente. E allora inizio a sperare: sarà al pronto soccorso, penso, passerà tutto in fretta». Invece Luca è già in Rianimazione e quando Laura arriva all’ingresso del reparto c’è la seconda immagine ad attenderla: «Mia madre è inginocchiata, supplica un medico, gli dice “prendete i miei organi, salvate mio figlio, lui è più importante di me”. Le mie gambe si fanno di burro. Era vero quello che mi avevano detto: Luca era cosciente, ma in ambulanza è andato in arresto cardiaco per una grave emorragia interna causata dall’impatto contro il muro». Passano pochi minuti ed ecco la terza immagine. «È mio padre, arriva in ospedale con i vestiti da cantiere, le scarpe antinfortunistica, la tuta impolverata. Ha lo sguardo perso, gli occhi sgranati, mi fa una pena immensa». Pantaleone Russo abbraccia la moglie Maria Vittoria: Luca non c’è più.

La vita dopo. I giorni, le settimane, i mesi successivi si susseguono in un’altalena di sentimenti: c’è il dolore, il senso di vuoto, il peso per l’assenza di un ragazzo brillante che con la sua risata scaldava il cuore di tanti. «Luca era un figlio e fratello affettuoso ed era un buon amico: volergli bene era automatico, dimenticarlo è impossibile». Ed è difficile accettare che non ci sia più: la famiglia vuole capire che cosa è accaduto, la mamma Maria Vittoria subito dopo l’incidente inizia a combattere, chiede giustizia. «La otterrà dopo 10 anni – dice Laura – perché verrà dimostrato che l’auto aveva svoltato all’improvviso senza azionare la freccia ed è rimasto il dubbio che la persona alla guida non fosse lucida. È un ragazzo poco più grande di Luca, io per tanto tempo l’ho odiato perché mi ha portato via mio fratello. Mi vergogno a dire che gli ho augurato le cose peggiori, di soffrire come noi, come mio padre e mia madre che da quel giorno si sono spenti. Poi si cresce, si diventa adulti: quel ragazzo di allora oggi è un uomo e ha dei figli. E io, che sono mamma, penso che i suoi bambini hanno diritto ad avere il loro papà, come i miei hanno il loro. I bambini hanno un potere straordinario – aggiunge Laura – fanno tornare il sorriso anche a chi sembrava averlo perso per sempre». È questo l’effetto miracoloso di Luca, il primogenito di Laura, che oggi ha 15 anni: «Quando nasce, mio padre e mia madre ritrovano una ragione di vita. I primi anni dopo la morte di Luca li hanno trascorsi al cimitero: dicevano che non volevano lasciarlo solo. Si sedevano di fronte alla sua tomba, gli parlavano, accarezzavano la foto. Non so quante volte sono rimasti chiusi perché non sentivano neppure la sirena, e allora dovevamo chiamare il custode per farli uscire».

Il ricordo di Luca. Laura ha 41 anni e due anni fa ha avuto il secondo figlio, Francesco. «Mio fratello sarebbe impazzito per i nipoti, magari avrebbe avuto dei figli anche lui e la nostra famiglia sarebbe stata ancora più grande e più unita. Lui non c’è però è sempre presente: è incredibile come a distanza di tanti anni i suoi amici di allora ci siano rimasti vicini e ci parlino di lui: ma anche le mie amiche, tutti i cugini, il suo gruppo nel quartiere. Pochi giorni fa una mia amica mi ha detto che la maglietta appesa all’incrocio dell’incidente era scolorita: “Ci penso io a cambiarla”. Detto fatto, e ha messo anche i “bora-bora”. Luca sarebbe felice perché i Candelieri li adorava: la nostra famiglia è da sempre protagonista alla Faradda e Luca è cresciuto tra il suono di pifferi e tamburi». Luca Russo amava la sua città, il suo spirito autentico. E Sassari non lo ha dimenticato.

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