La Nuova Sardegna

Insularità, Mario Segni: «Bene il principio, ora i contenuti»

Alessandro Pirina
Insularità, Mario Segni: «Bene il principio, ora i contenuti»

Il leader referendario: «La strada è ancora lunga, ma salvo elezioni anticipate è realistico pensare possa essere approvata»

04 novembre 2021
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SASSARI. Quando si parla di campagne per le riforme il suo è il primo nome che viene in mente. Una storia, la sua, di battaglie vinte, e qualcuna anche persa. Ma forse neanche Mario Segni, colui che sconfisse la Prima repubblica - ancora prima dell’intervento del pool Mani pulite - a colpi di referendum, era così ottimista sull’esito della battaglia per l’insularità. Un progetto articolato di cui lui - lo ha riconosciuto ieri anche il senatore Gianni Marilotti - è stato uno degli architetti.

Segni, cosa rappresenta per la Sardegna questa giornata?
«Innanzitutto, è la prima volta che una legge costituzionale di iniziativa popolare arriva al primo traguardo. La strada è ancora lunga, ma, salvo elezioni anticipate, è realistico pensare possa essere approvata. Al di là di questo, il principio di insularità rappresenta una grande possibilità, ma non basta».

Cosa occorre?
«L’inserimento nella Carta non è il fine, ma uno strumento di grande rilievo che va riempito di contenuti. E l’obiettivo non deve essere quello finanziario, ma dei servizi, soprattutto quelli del futuro. Voglio dare un’idea attuale. Il principio costituzionale dà il diritto ai sardi di chiedere al governo di equiparare la Sardegna alle altre regioni nel grande progetto di ammodernamento tecnologico e ambientale. Oggi in mezza Sardegna collegarsi a internet è un problema. Il principio di insularità dà il diritto di chiedere che a Stintino, Santa Teresa e Villasimius la possibilità di connettersi sia la stessa di Milano o del centro dell’Emilia. Questo è il suo vero significato: la fine dell’isolamento che ci ha penalizzati per decenni».

La Regione, dunque, deve battere cassa subito?
«La Regione, i sindaci devono pretendere che nel Pnrr di Draghi la Sardegna sia trattata alla stessa stregua delle altre regioni. Al governo bisogna dire: quello che farete su trasporti, infrastrutture, energia in Lombardia ed Emilia dovete realizzarlo subito anche in Sardegna».

Di chi è il merito di questa prima vittoria?
«È stata una grande battaglia politica dei Riformatori e di chi li ha guidati in questi anni: Roberto Frongia, Massimo Fantola e Michele Cossa».

Il senatore Marilotti ha indicato anche lei come artefice di questa battaglia.
«Lo ringrazio. Marilotti fa sicuramente riferimento alle grandi lotte che feci da deputato europeo. Mi occupai dell’argomento prendendo spunto dagli studi giuridici sull’insularità in Europa che compì Paolo Fois all’università di Sassari. A differenza della Costituzione italiana che è del 1948, i trattati Ue la prevedevano già. A Bruxelles portai avanti numerose battaglie, riuscendo a strappare molti interventi e aiutare la Sardegna».

Ne ricorda qualcuno?
«Proprio partendo da questo tema riuscimmo a ottenere da Romano Prodi, ai tempi presidente della Commissione, l’inserimento della Sardegna nel Piano di reti energetiche di interesse europeo. Andammo da Prodi in tre: io, Pili che era presidente e Fantola, allora senatore. Ci accolse subito e in due settimane prese la decisione».

Che effetto le ha fatto vedere i senatori tutti uniti?
«Se non ci fossero stati quei due o tre che hanno remato da soli, gli altri se ne sarebbero dimenticati. Al di là di questo, può essere la prima di altre iniziative che compattino l’isola, che finora sono mancate. Anzi, me lo auguro fortemente».

Crede che alla Camera il fronte sarà così unito?
«Guardi, vedo solo un problema di tempi. Nel merito non credo ci saranno problemi. È una richiesta sacrosanta, a cui viene davvero male dire di no».
 

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