La Nuova Sardegna

L'EDITORIALE - Trasporti, l'isola umiliata: neanche un euro dal Governo

di Luca Rojch
L'EDITORIALE - Trasporti, l'isola umiliata: neanche un euro dal Governo

Dopo le promesse alla Sardegna dal Pnrr nessuna risposta alle richieste

05 novembre 2021
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Un’isola che viaggia solo sulle promesse. Il presente è fatto di bandi rattoppati, di collegamenti rabberciati senza un reale orizzonte. La continuità aerea va avanti da tre anni tra proroghe e servizi al ribasso, con Volotea che prova a indossare il vestito buono di compagnia di bandiera. E solo per questo andrebbe elogiata, visto anche che di fatto non è rimasto più nessuno in grado di garantire voli e frequenze, dopo il doppio abbattimento di Alitalia e Airitaly.

Ma è evidente che per passare dai jeans della low cost al doppiopetto di ammiraglia dei cieli non basta la buona volontà. Ma ad annegare è anche la continuità marittima. Con il gruppo Onorato che da tempo sembra non avere la forza economica e la flotta per garantire il servizio. Le rotte vengono divise tra le varie compagnie e il ministero che ha trasformato la continuità marittima in una sorta di spezzatino delle tratte. Tutto senza che la politica regionale e nazionale intervengano per fermare lo smantellamento della continuità marittima, che viene progressivamente diluita e inabissata.

Per lungo tempo si è parlato di un nuovo modello: lo spagnolo, il francese, o una via tutta italiana per garantire la mobilità di passeggeri e merci. In realtà il governo in questi mesi si è solo limitato a fare bandi al ribasso su singole tratte. Sovvenzioni così poco convenienti che le compagnie hanno preferito rinunciare al sussidio, e agli obblighi di orari e frequenza sulle tratte, per coprire la rotta. La Sardegna vive un quasi isolamento post covid che la riporta indietro di 40 anni. Ma se non bastasse questa forma di autarchia sociale l’isola viene beffata ancora una volta dal governo anche sui trasporti interni. Dei 4 miliardi destinati ai trasporti pubblici in Italia dal Pnrr all’isola non spetta neanche un centesimo.

A luglio il ministro Enrico Giovannini aveva promesso 1,3 miliardi tra Pnrr e Fondo complementare destinati a ferrovie, porti, ciclovie, risorse idriche. Il ministro si era lanciato anche in immaginifici treni all’idrogeno che avrebbero dovuto volare, non si sa bene come, su binari che stanno là dalla fine dell’Ottocento. I sardi si accontenterebbero di molto meno. Basterebbe una rete ferroviaria che consentisse di spostarsi da una parte all’altra dell’isola in un paio di ore. Basterebbe che i pendolini pendolassero, che la rete ferroviaria venisse resa moderna e percorribile.

È vero che una larga parte di queste prime risorse stanziate nel Pnrr riguardano non solo le ferrovie regionali, ma anche i trasporti pubblici urbani. Ma per la Sardegna non c’è neanche un euro per l’acquisto di autobus non inquinanti. E nell’isola esiste una metropolitana di superficie a Cagliari e solo in piccola parte a Sassari. Il sistema di trasporti interno, e quello pubblico in particolare, in Sardegna è quasi più devastante e devastato dei collegamenti con il resto del mondo. La desertificazione dei servizi, la difficoltà di muoversi all’interno di una regione e verso gli altri territori al di là del mare sono uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico della Sardegna. Una situazione che diventa quasi paradossale.

Nello stesso giorno in cui in Senato viene riconosciuto il diritto all’inserimento del principio di insularità in Costituzione, il Pnrr decide di non stanziare neanche un centesimo per alleviare in modo concreto questo gap. Ma forse in questo momento per la Sardegna servirebbe più la carta sonante dei miliardi del Pnrr che la Carta sognante di un’isola ritenuta tale per Costituzione.


 

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