La Nuova Sardegna

I piatti identitari come patrimonio culturale

Lisandro Pulina
I piatti identitari come patrimonio culturale

Dal pane frattau alla mazza frissa, alla ciogga minudda. Un registro per tutelare pietanze diventate iconiche e attrattori turistici con cui si identifica la Sardegna

12 novembre 2021
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LA cucina tradizionale della Sardegna è uno straordinario universo di sapori che si tramanda da una generazione all’altra attraverso una lunga serie di pietanze identitarie.

Piatti unici e tipici, che si identificano con i luoghi di origine e ne riflettono l’ambiente, la sua storia e le sue tradizioni. È buona pratica dell’Accademia italiana della cucina – fondata da Orio Vergani nel 1953 – preservare e valorizzare questo patrimonio culturale che altrimenti rischierebbe di disperdersi con un danno incalcolabile per l’isola.

Proprio “Le pietanze identitarie nella cucina tradizionale della Sardegna” è il tema del convegno, organizzato dal Centro studi territoriale dell’Accademia italiana della cucina, in programma sabato 20 novembre a Cagliari (alle 9.30 nella sala convegni della Fondazione di Sardegna).

«È una delle peculiarità che caratterizzano la nostra civiltà della tavola – dicono Salvino Leoni e Franco Panu, rispettivamente direttore del Centro studi della Sardegna e coordinatore territoriale – alcune di queste pietanze tipiche sono diventate nel tempo vere e proprie icone, simboli del territorio nel quale, a volte, sono unicamente presenti. Con l’espandersi del turismo, alcune hanno varcato con successo i confini della Sardegna e quelli nazionali, altre sono entrate a far parte dei menù della ristorazione tradizionale, mentre altre ancora, non meno importanti sotto il profilo culturale, rischiano purtroppo di essere dimenticate

e di cadere nell’oblìo».

Il convegno illustrativo delle pietanze identitarie è organizzato in accordo con il presidente dell’Accademia della cucina e con il coordinatore territoriale, coinvolgendo tutte le delegazioni dell’isola, studiosi e ricercatori specializzati nella materia. Prevista la partecipazione di Sara Canu, consigliere regionale, prima firmataria della proposta di legge per l’istituzione del registro dei piatti tipici della Sardegna. Tra i relatori anche l’antropologa Veronica Matta che illustrerà una ricerca sulla panada, gioiello della cucina sardo mediterranea.

In pratica, i relatori proporranno, attraverso un intervento con testi e immagini, le pietanze identitarie che meglio rappresentano il proprio territorio, delineandone le origini, la storia, i caratteri e gli aspetti più interessanti, con l’obiettivo di preservare, divulgare e valorizzare questo importante e unico patrimonio di conoscenze. L’elenco delle pietanze identitarie è come la tavolozza dei colori di un pittore. Un pianeta delle meraviglie che rimanda alla memoria enogastronomica dell’isola. Così da Cagliari la burrida, la fregula cun cocciulas, le dolcissime pardulas e poi su pisci a cassola, il calasettano su pilau, il cascà e poi il carlofortino tunnu à tabarkina (relatori Aldo Vanini e Roberto Pisano); da Oristano su succu a sa busachesa, sa merca e la bottariga cabrarissa (relatore Riccardo Fantacci); da Nuoro pane frattau, porcheddu, seadas e pitzudu (relatrice Maria Ausilia Fadda); dall’Ogliastra i culurgiones, anguli e cipudda, coccoi prena (relatore Raffaele Sestu); dalla Gallura la suppa quata, la mazza frissa nonché indattaru a s’olbiesa (relatore Massimo Putzu); da Sassari ciogga minudda, pedi d’agnoni e fainé (relatore Antonio Fraghì); da Alghero llagosta a l’algueresa, capatza de ceba amb ous (relatrice Domenica Obinu).

I lavori saranno moderati dallo stesso coordinatore territoriale dell’Accademia della cucina, Franco Panu, e da Marco Bittau, giornalista de La Nuova Sardegna e accademico della delegazione gallurese. Il convegno, che si svolge in presenza, è aperto a tutti gli accademici della cucina e ai cultori della materia. Per i partecipanti sono d’obbligo il green pass e la mascherina di protezione.


 

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