La Nuova Sardegna

I costi dello switch-off 

La protesta delle piccole tv: introvabili sul telecomando

La protesta delle piccole tv: introvabili sul telecomando

SASSARI. Tempi difficili per le piccole emittenti locali e, più in generale, per la pluralità dell’informazione. Da ieri è iniziata l’operazione switch-off, ovvero il passaggio al digitale di seconda...

16 novembre 2021
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SASSARI. Tempi difficili per le piccole emittenti locali e, più in generale, per la pluralità dell’informazione. Da ieri è iniziata l’operazione switch-off, ovvero il passaggio al digitale di seconda generazione. Una rivoluzione che è cominciata nell’area metropolitana di Cagliari e che proseguirà nei prossimi giorni risalendo l’isola fino al Sassarese. Il segnale è più chiaro e molto più stabile ma il salto tecnologico rischia di trasformarsi in un lusso che poche emittenti si potranno permettere. Il costo delle frequenze è lievitato almeno quanto la qualità delle immagini e tante piccole tv rischiano di chiudere. Alcune lo hanno già annunciato, salutando i loro lettori, altre si preparano a farlo anche se ancora sperano in un miracolo.

I segnali, nonostante gli appelli e le proteste, non sono buoni. Intanto c’è il costo (non meno di 70 mila euro all’anno per avere diritto a un canale) poi c’è il problema del “posto” sul telecomando. Oggi le tv sarde andavano dal 10 di Videolina in su. Da domani solo una decina di emittenti manterrà una posizione tra le prime 20. Le altre scivoleranno in fondo, addirittura oltre il 70. Va la pena investire tanti soldi per sparire nell’etere? La domanda non è retorica e lo dimostra il fatto che proprio ieri c’è stata una riunione in teleconferenza tra i responsabili delle emittenti sarde e i funzionari del ministero e dell’Agicom per provare a stabilire i posti sul telecomando. Le decisioni non sono definitive ma una prima graduatoria è stata pubblicata, E scontenta un po’ tutti. Videolina dovrebbe restare sul tasto 10, Tcs all’11, Sardegna 1 al 12, Telesardegna al 13, Canale 40 al 14, Catalan Tv al 15, Canale Italia al 16. Seguono altre sei o sette emittenti che si contenderanno i posti dal 17 al 20. Poi il salto nel mare magnum dell’etere. Un doppio carpiato che rischia di oscurare definitivamente proprio i più piccoli e più fragili dal punto di vista economico. Tanto che c’è già chi ha rinunciato alla concessione o si prepara a farlo. Telegì ha detto basta, Super Tv di Oristano è appesa a un filo, Tele Maristella e Olbia Tv hanno salutato gli spettatori. E altre sembrano intenzionate a fare la stessa scelta se le cose non dovessero cambiare. Ma come possono cambiare? La soluzione non può che essere politica con un intervento della Regione per calmierare i costi e salvare decine di posti lavoro nonchè il diritto all’informazione di tanti cittadini sardi. Una sollecitazione in questo senso è già arrivata alla giunta dal M5s.

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