La Nuova Sardegna

Abbinamento nobile: fainè e champagne

di Pasquale Porcu
Abbinamento nobile: fainè e champagne

L’ha proposta a Sassari la delegazione dell'Accademia italiana della cucina ed è stato un successo annunciato

19 novembre 2021
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SASSARI. Ma quanto è buona la fainè con lo champagne. Ma anche con le bollicine italiane metodo classico. Lo hanno sperimentato gli ospiti della iniziativa organizzata sul tema dalla delegazione di Sassari dell'Accademia italiana della cucina in collaborazione con l'agenzia Affinità Elettive. La fainè, manco a dirlo, era quella del forno Sassu di via Usai a Sassari di Mario Marongiu e la sua brigata.

Una volta la “affainè”, come la chiamavano i sassaresi, era accompagnata da una bevanda chiamata “spuma”, una ciofeca vera e propria, più povera, se fosse possibile, della farinata di ceci: acqua, zucchero e qualche colorante che conferiva al liquido un'immagine ambrata. Ma esistevano anche altri gusti, pardon, altri colori. Ma questo riguarda il passato e le storie di povera gente. Anche se, in verità, la fainè è stato sempre uno snack democratico e interclassista. La mangiavano Francesco Cossiga, anche quando era presidente della Repubblica. E, in forma più discreta, Enrico Berlinguer che andava alla “Fainè alla genovese Sassu” con qualche vecchio compagno che aveva condiviso con lui gli anni delle giovanili battaglie politiche, come Nino Manca. Una volta il forno era aperto anche di mattina. Ora il forno apre solo la sera.

Vista la grande richiesta a Sassari erano (e sono) presenti altri forni: tra i più celebri del passato quelli di Pelle e, ancora in attività, quello di Benito a Sant'Apollinare. Ma dai primi anni del secolo scorso, il tempio della fainè è stato sempre in via Usai. In quel locale avevano messo su l'attività gli Ottonello, una famiglia di Savona, che in quelle stanze addirittura viveva, dormiva e lavorava. «Venivano a Sassari a novembre– racconta oggi Mario Marongiu, titolare attuale del locale– e andavano via verso febbraio. Poi l'attività è stata rilevata dai miei genitori e da loro a me e ai miei familiari che continuiamo a gestirla».

Contrariamente a quanto credono in molti, la fainè non è nata a Sassari. E neppure a Genova. La nascita di questa bontà risale al 1248. Il 6 agosto di quell'anno la flotta navale della Repubblica Marinara di Genova, infatti, intercettò le navi della Repubblica Marinara di Pisa, di fronte al Porto Pisano, nelle secche della Meloria. Genova ebbe la meglio, i morti furono centinaia, e i prigionieri pisani che riuscirono a sopravvivere vennero tenuti per giorni sugli scogli senza mangiare e bere. Unico cibo disponibile era la poltiglia di farina di ceci che trasportavano come riserva di cibo le navi pisane. Quella poltiglia, condita col sale del mare e cotto da sole cocente, in fondo non era male. E i genovesi, finita la battaglia, trasformarono quel cibo in una sorta di torta di ceci che ancora oggi si mangia da Marsiglia a Livorno, Pisa e Carloforte.

Ma torniamo al tema: perché lo champagne con la fainè? Perché le bollicine dello spumante ripuliscono la bocca dai grassi (ottimo, ad esempio, l'accompagnamento con il porcetto).

Il forno ha proposto la fainè in versione classica, con cipolle, con salsicce, con salsicce e cipolle e con i funghi: autentici capolavori di gusto e croccantezza. In abbinamento con Anniversary Blend un buon Prosecco doc cuvèe del Consorzio di tutela (perfetto con la fainè classica), il Predomagno brut Rosè metodo classico 2016, un vino del Monferrato molto apprezzato l'altra sera. E poi il fiero Oscarì, brut di Torbato metodo classico di Sella & Mosca, graditissimo e adatto all'abbinamento e due champagne eleganti di Gaston Cheq prodotti nella zona di Reims da una piccola cooperativa di produttori: il brut a base di Pinot nero e Chardonnay e il Rosè Brut del 2011. L'abbinamento migliore? I partecipanti alla serata ne stanno ancora discutendo.

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