La Nuova Sardegna

La politica non crede alla transizione senza gas

Il dibattito promosso dall’assessorato all’Industria: il nodo delle rinnovabili

20 novembre 2021
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CAGLIARI. La ricetta che mette d’accordo tutti non c’è ancora e forse non ci sarà mai. Forse solo su un aspetto c’è unanimità: nel futuro energetico della Sardegna non c’è spazio per il carbone. Ma sulle alternative e soprattutto sulla cosiddetta “transizione” le visioni sono differenti, anche se emerge sempre più nitidamente un fatto: rinunciare all’utilizzo del gas sarà difficile e la visione di una Sardegna tutta verde e tutta elettrica per il momento appare di difficile realizzazione. Anche dal dibattito promosso ieri a Cagliari dall’assessorato regionale all’Industria è venuta fuori questa miscellanea di soluzioni. Un dibattito politico più che tecnico, con un parco di relatori fatto di parlamentari, amministratori regionali, sindaci. Si è discusso di transizione energetica come “sfida del nostro tempo” con due tavole rotonde: la prima sulle comunità energetiche e la seconda sul passaggio dal carbone alle batterie d’accumulo.

L’assessora all’Industria Anita Pili ha spiegato che si è trattato di «un confronto tra la politica regionale e nazionale per delineare i profili politici sulla sfida della transizione. La Sardegna è coordinatrice della commissione ambiente e energia nella conferenza delle Regioni e in tale ruolo ha la responsabilità di portare i progetti sul Pnrr che riguarderanno energia rinnovabile, economia circolare e sperimentazione sull’idrogeno». E ai sindacati confederali che ieri, con una nota, hanno protestato per essere stati esclusi dall’iniziativa, ha risposto così: «Le sigle sindacali sono state invitate a partecipare. Il prossimo incontro è previsto sia con il Mite che con la Gelmini. È fondamentale definire il ruolo e lo spazio che le Regioni avranno nella transizione affinché le scelte non siano solo subite ma concertate e condivise non solo dai rappresentanti politici, ma anche dagli stakeholder a vario livello coinvolti». Sull’energia c’è attenzione e un dibattito vivace, che non si sviluppa solo sul “come” la transizione si dovrà declinare, ma anche sul “chi” dovrà essere protagonista delle scelte. Anche se è possibile che il Dpcm Draghi, di imminente pubblicazione, tranci il nodo gordiano formato da timori, ambizioni, speranze, interessi, necessità.

Uno spunto è offerto dalle comunità energetiche: vengono viste ora di buon occhio (da chi crede che possano essere un pilastro della transizione) ora con una certa sufficienza (da chi le vede come un’entità marginale). Ci crede, sicuramente, il sindaco di Berchidda, Andrea Nieddu, che guida uno dei pochissimi Comuni dell’isola “comunità energetica”. Il sindaco, così come l’assessore del Comune di Benetutti, Giuseppe Scanu, ha illustrato le prospettive di un sistema che ha mantenuto in capo all’amministrazione la titolarità delle reti e che punta a sviluppare nuovi progetti con il coinvolgimento dei cittadini.

Accorato l’intervento di Sergio De Caprio, il famoso “Capitano Ultimo” che di recente ha vissuto un’esperienza come assessore all’Ambiente della Regione Calabria: «I cittadini devono gestire e non subire la transizione. Che non può essere lasciata in mano a chi ha gestito e continua a gestire il fossile». Per De Caprio l’alternativa ai grandi progetti off shore o in shore è proprio nelle comunità energetiche. Al coinvolgimento delle popolazioni crede anche il senatore leghista Paolo Arrigoni: «C’è un’accelerazione sulle comunità energetiche. Il perimetro è ampliato, ci sono 2,2 miliardi a i sindaci hanno un importante ruolo di soggetti facilitatori». Lo stesso Arrigoni ha anche espresso timori per la progressione dei costi dell’energia e perplessità per alcune scelte europee.

Perplessità condivise dall’assessore all’Ambiente della Lombardia, Raffaele Cattaneo: «Dal 17 al 30 per cento di rinnovabili in 9 anni? Alziamo l’asticella, ma senza dire come superarla». Per Lombardi è necessario coinvolgere i territori «senza iniziative calate dall’alto». Chi invece crede in un obiettivo ambizioso come quello di una Sardegna tutta elettrica è il senatore del M5s Andrea Cioffi: «Non è un’utopia», ma mette in guardia sul costo delle materie prime.

Per Stefania Crotta ingegnere cagliaritano e direttrice del settore ambiente emergia e territorio della Regione Piemonte, l’obiettivo non può essere solo quello della corsa alla rinnovabili, ma anche quello della riduzione dei consumi. E se l’isola punta a diventare hub nazionale dell’idrogeno, sappia che in Piemonte stanno pensando a diventare idrogen valley.

Dai politici sardi attenzione all’immediato. Con il tema del gas al centro. Il deputato del Pd Gavino Manca ha ricordato che l’isola paga «l’assenza del metano» e ha ammonito: «Le batterie alimentate da rinnovabili non possono sostituire dall’oggi al domani il termico». Poi l’invito a valutare il progetto della dorsale sarda del metano. Stefano Tunis, consigliere regionale di Sardegna 20Venti, da un lato ha auspicato «un utilizzo del gas in ambito regolato», ma soprattutto ha tirato fuori il “fantasma” del nucleare: «Un approccio ideologico ci ha penalizzato».

Piero Comandini consigliere regionale del Pd, ha spinto molto sul gas: «Il senatore Arrigoni ha detto che il gas continuerà a essere strategico per i prossimi 30 anni. Qui in Sardegna non lo abbiamo ancora e non possiamo permetterci di rinunciarci. Spero che la politica energetica futura la decida la Sardegna». E ha sollecitato la Regione a fare pressione su Governo perché firmi l’intesa e per sapere «con chiarezza quali opere servono per l’attuazione del Pniec».

Per Michele Ennas consigliere regionale della Lega: «La transizione deve essere omogenea, con un ruolo del gas fondamentale per il sistema produttivo e con un grande contributo dalle comunità energetica. Quello sull’energia è il vero punto di autonomia, partita fondamentale della Sardegna». (re.re.)

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