La Nuova Sardegna

Covid, vaccino dai 5 agli 11 anni: decisione sofferta ma necessaria - IL COMMENTO

di Silvia Sanna
Covid, vaccino dai 5 agli 11 anni: decisione sofferta ma necessaria - IL COMMENTO

03 dicembre 2021
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Quando di mezzo ci sono i più piccoli, la decisione non è mai semplice. Anche si è pro vax convinti con due o magari già tre dosi, il cuore di ogni mamma e papà trema quando a essere chiamato a fare il vaccino è il proprio bambino. È assolutamente normale, anzi è giusto che sia così quando in gioco c’è la salute del bene più prezioso da proteggere. Per questo è importante che i genitori, messi di fronte a un bivio nel quale solo pochi mesi fa pensavano di non ritrovarsi, siano supportati, ascoltati e consigliati così da prendere la decisione più opportuna.

Tanti si chiedono perché, se il Covid non provoca – se non in casi sporadici – gravi effetti sui più piccoli, sia necessario vaccinarli. La prima risposta che arriva dai pediatri è che il virus è estremamente subdolo e può generare effetti a lungo termine: il famigerato long Covid che affligge tanti adulti e che può compromettere la funzionalità cardiaca e polmonare anche nei bambini. Il vaccino tiene alla larga il virus o, se contagiati, attenua gli effetti esattamente come sta accadendo per gli adulti.

Dunque un bambino protetto non si porterà addosso le conseguenze del Covid, tra le quali la più temuta è la Mis-C, sindrome infiammatoria multisistemica: i sintomi, che si presentano generalmente a distanza di 2-3 settimane dal contagio sono febbre alta, eruzioni cutanee, problemi gastrointestinali e miocardite, con il cuore che fatica a funzionare come prima. I casi di Mis-C sono in aumento nella fascia d’età 6-12 anni e questo è stato uno degli elementi determinanti nel dare la spinta alle vaccinazioni per i più piccoli.

L’altro è il fatto che i focolai da settimane attecchiscono proprio tra gli under 12 non vaccinati: a scuola, nelle attività sportive, nelle feste di compleanno. E questo ha due conseguenze, entrambe degne di attenzione. La prima è il rischio di contagiare le persone fragili, magari gli anziani della famiglia, protetti ma non immunizzati dal vaccino, o i fratellini più piccoli che il vaccino non lo possono fare. La seconda conseguenza è stare a casa in quarantena, obbligando i bambini a rinunciare alle lezioni in presenza per tornare in Dad, non vedere gli amici, non socializzare, rinchiudersi come ai tempi tristi del lockdown. I bambini insieme ai loro genitori, perché a quell’età gli uni sono indissolubilmente legati agli altri.

Che fare allora? Se a decidere fossero i più piccoli non ci sarebbero dubbi. Così come sono stati bravissimi a imparare le regole e a seguirle con attenzione – su tutte la mascherina a scuola per 5-6 ore di fila – vorrebbero vaccinarsi per non rinunciare alla normalità in parte ritrovata. E anche per sentirsi uguali ai più grandi, ai loro genitori e nonni, al termine di un percorso difficile nel quale hanno mostrato una maturità che tanti adulti sognano.

Certo, la puntura non è mai piacevole e ci sta che quel giorno piangano un po’ e che nelle ore successive sentano il braccio indolenzito e siano un po’ mogi. È successo anche alla maggior parte degli adulti vaccinati.

Ma quel giorno ciascun bambino avrà la mamma, il papà o entrambi a tenergli la mano e a incoraggiarlo con un sorriso e un abbraccio. E i suoi genitori la notte dopo il vaccino quasi certamente non chiuderanno occhio, perché saranno lì, incollati al suo letto a controllare che dorma sereno, che il respiro sia regolare. Ma questa non è una novità perché è già successo dopo il vaccino per l’influenza, o quello per il morbillo o la varicella, a volte anche solo dopo un mal di pancia o un brutto sogno. Il cuore di un genitore trema sempre, tormentato dai dubbi di fronte a un amore infinito.
 

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