La Nuova Sardegna

Allarme dei balneari: «Subito la riforma delle concessioni»

Allarme dei balneari: «Subito la riforma delle concessioni»

Entro il 2024 possono perdere le aziende e gli investimenti. Salvini attacca: «La Bolkestein deve essere smontata»

04 dicembre 2021
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CAGLIARI. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato è stata una mazzata. Riforma o non riforma delle ormai stravecchie regole nazionali, più volte annunciata ma mai scritta neanche in bozza, c’è una scadenza: nel 2024 tutte le concessioni balneari finiranno all’asta. Così hanno deciso i giudici amministrativi. Alla faccia di chi finora ha tirato su, spesso dal niente, chioschi, stabilimenti, baretti, chiringuitos e servizi che vanno dall’ombrellone al lettino. I concessionari hanno pagato e pagheranno ancora il loro tributo allo Stato, non meno di 2.500 euro l’anno. Hanno investito migliaia e migliaia di euro, ma fra due anni oltre 1.200 imprese sarde potrebbero essere messe alla porta, perdendo tutto. Schiacciate e cacciate via semmai da qualche multinazionale arrivata da chissà dove, ma con in pancia tanti di quei soldi da poter giocare al rialzo e vincere ognuna delle aste che verranno. È un’ingiustizia insopportabile: hanno detto i concessionari, riuniti negli Stati generali, organizzati dalle associazioni Sib-Confcommercio, Fiba, Federbalneari e Assonautica.

Sala piena e calda. Fra due anni sarà il libero mercato ad aver la meglio su chi oggi ha testimoniato: «Ci sentiamo custodi dell’ambiente. Siamo gente che si è inventata un lavoro e che lavora dall’alba fino a notte fonda. Non siamo dei privilegiati. Meritiamo rispetto e non possiamo essere sbattuti fuori come se non avessimo fatto nulla negli ultimi vent’anni». Proprio le spiagge della Sardegna, com’è accaduto di recente a quelle della Grecia, potrebbero essere presto al centro di razzie e spietate speculazioni internazionali. «Non possiamo vivere in quest’incertezza», hanno ribadito, uno dopo l’altro, Alberto Bertolotti e Claudio del Giudice di Sib, Gianluigi Molinari della Fiba-Confesercenti e Claudio Maurelli di Federbalneari. Con in più il vulcanico intervento di Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sindacato balneari: «È ingiusto continuare a descrivere i balneari come nababbi, evasori e cementificatori. Non siamo mostri da sbattere in prima pagina, ma onesti lavoratori che per primi hanno sollecitato una profonda revisione dei canoni. Oggi non possiamo essere gettati via come se fossimo carta straccia per colpa dell’Europa o di una sentenza scioccante».

Il presente. Certo, oggi come oggi, l’ultimatum del Consiglio di Stato non può essere ribaltato, anche se i ricorsi sono stati presentati. Nell’immediato «servono correttivi per evitare che l’esistente sia spazzato via». Finora il Parlamento non è riuscito a frenare la valanga europea, le Regioni, Sardegna in testa, ci hanno provato con deroghe fino al 2033, ma i giudici amministrativi hanno sbarrato la strada a tutti. Anche se l’assessore all’urbanistica, Quirico Sanna, ha replicato: «Faremo qualunque cosa per fermare l’assalto alle nostre coste». Lo stesso hanno detto il deputato Andrea Frailis del Pd, Dario Giagoni, portavoce della Lega in Consiglio regionale, e i gruppi del Partito democratico e di Fdi con comunicati e prese di posizione. I tempi per modificare le norme sono molto stretti: la tagliola scatterà nel 2023 e in due anni il Parlamento dovrà fare quello che non è riuscito a fare negli ultimi cinque, mentre in Spagna e Portogallo, ad esempio, sono già riusciti a mettere al sicuro le loro aziende.

Battaglia nazionale. La politica s’è svegliata e vorrebbe recuperare il tempo perso. Agli Stati generali dei balneari sardi sono intervenuti in videoconferenza Umberto Buratti, deputato del Pd, Antonio Taiani, europarlamentare di Forza Italia, i segretari di Fdi, Giorgia Meloni, e della Lega Matteo Salvini. Soprattutto il leader leghista è stato critico contro la normativa europea e la sentenza dei giudici amministrativi: «La direttiva Bolkestein deve essere smontata pezzo per pezzo e riga per riga non solo per i balneari, ma anche per altre categorie. Sicuramente l'unica cosa che l'Italia non si può permettere di fare è svendere le sue spiagge e il suoi mare e il sacrificio di migliaia di imprenditori: la sentenza del Consiglio di Stato grida vendetta al mondo e non mi rassegno, non mi adeguo e non mi abbatto». (ua)

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