La Nuova Sardegna

Corda, una vita in altalena tra successi e cadute

di Alessandro Pirina
Corda, una vita in altalena tra successi e cadute

L’ex allenatore nuorese denunciato dal presidente del Seregno si difende: «Ma quali intimidazioni. Erba vuole scaricare su di me i suoi problemi economici»

04 dicembre 2021
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SASSARI. Ancora una volta Ninni Corda al centro di una bufera. Ancora una volta il manager ed ex allenatore nuorese deve difendersi da accuse pesanti. Per il presidente del Seregno, Davide Erba, il direttore generale, ormai ex, sarebbe il mandante delle intimidazioni nei confronti della squadra di serie C. Minacce di morte e aggressioni fisiche verso i giocatori. Così c’è scritto nero su bianco nella denuncia presentata ai carabinieri dal vicepresidente del Seregno, dal portiere e da altri due tesserati della società. Accuse pesanti, pesantissime che Corda rispedisce al mittente e contrattacca: «Sono io che denuncio Erba per diffamazione». Insomma, per l’ennesima volta l’ex mister si trova sul banco degli imputati. «Forse è colpa del mio carattere, un po’ fumantino – racconta –. Di questo la gente se ne approfitta. Come in questo caso: al presidente serviva un escamotage per licenziarmi e si è inventato questa storia delle intimidazioni».

Sembrano passati secoli da quando le cronache si limitavano a raccontare le gesta dell’allenatore emergente della serie D. Erano i primi anni Duemila e Corda, allora trentenne, era annoverato tra i tecnici da tenere d’occhio: due promozioni di fila in serie C2, prima con il Tempio e poi con il Como. Il calcio che conta stava imparando a conoscere questo giovane professionista che alla politica - sia il padre Martino che la madre Simonetta Murru, entrambi socialisti, erano stati sindaci di Nuoro - aveva preferito il pallone. Il suo modello era Arrigo Sacchi e il suo sogno allenare il Cagliari. Ma da lì a poco a occuparsi delle gesta di Corda non furono solo le cronache sportive, ma anche quelle giudiziarie. Nel 2008 viene coinvolto insieme al padre nell’inchiesta nuorese sulle false revisioni auto. Si farà 100 giorni di domiciliari, ma per scrivere la parola fine sulla inchiesta bisognerà aspettare il 2018 quando per Corda padre e figlio viene emessa una sentenza di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione. Nel frattempo riprende ad allenare: prima ad Alghero poi a Olbia sulla panchina del Tavolara. Dal 2011 al 2014 è a Savona, che lascerà per andare a Barletta. Siamo nel 2015 e per Corda questa volta si aprono le porte del carcere: è coinvolto nell’inchiesta Dirty soccer sul calcioscommesse della Dda di Catanzaro. Sceglierà di patteggiare: un anno e 4 mesi di reclusione. Sarà più dura la giustizia sportiva: tre anni di squalifica tra Savona e Barletta. La sua carriera riparte nel 2018 a Como come manager, poi va a Foggia prima come direttore generale poi come allenatore. La sua ultima panchina. «Ho deciso di avere un altro ruolo, ha meno responsabilità del tecnico – racconta –. E sto facendo bene. Como e Foggia sono due piazze difficilissime, con tutto il rispetto per Seregno». Già, Seregno ultima tappa di questa sua carriera sulle montagne russe. Tre giorni fa la cacciata, il giorno dopo la bomba: Corda è il mandante delle intimidazioni nei confronti della squadra. «Non c’è stata nessuna minaccia né aggressione – si difende Corda –. Venti giorni fa ho avuto una discussione con un ex soldato moldavo e il medico sociale che mi hanno impedito di entrare nello spogliatoio e li ho denunciati. Poi ho avuto un battibecco con il portiere: normale dialettica in un rapporto che dura da tre anni. Ma per il resto mai nessun problema. Adesso il presidente prova a scaricare su di me i problemi economici della società, la sua incapacità di pagare i giocatori, ma ora sarà costretto a sborsare molto di più». E nel frattempo? «Mi riposo, anche perché sono sotto contratto. Poi si vedrà».

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