La Nuova Sardegna

Antonello Soro: «Il Pnrr può essere la svolta ma servono progetti seri»

Alessandro Pirina
Antonello Soro: «Il Pnrr può essere la svolta ma servono progetti seri»

L’ex capogruppo Pd: «Su verde e digitale l’isola deve giocare da protagonista»

11 dicembre 2021
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SASSARI. La Sardegna non può perdere il treno del Pnrr, ma la politica deve darsi una scossa per evitare che all’isola restino solo le briciole del maxi tesoretto europeo. Lo ha detto l’ex ministro Beppe Pisanu, lo hanno chiesto i sindaci, e ora lo ribadisce Antonello Soro, già capogruppo alla Camera del Pd, dal 2012 al 2020 Garante per la Privacy, che invita la classe politica ad approfittare del Piano di ripresa e resilienza secondo due direttive: la transizione ambientale e la transizione digitale. Ma l’ex deputato nuorese si rivolge anche ai partiti, compresi quelli della sua parte: basta propaganda, si deve ritornare alla dialettica, al confronto, alla partecipazione.

Soro, l’ex ministro Pisanu ha detto alla Nuova: la classe politica regionale deve svegliarsi, altrimenti si rischia di perdere le risorse del Pnrr. Cosa ne pensa?

«Ritengo l’analisi di Beppe corretta e la sua preoccupazione è anche la mia. Siamo in una fase delicatissima e abbiamo di fronte una grandissima opportunità. Ma per l’ignavia, per l’assenza della politica è concreto il rischio di accentuare i ritardi di sviluppo, di accrescere gli squilibri interni e di alienare i beni di famiglia. Il Pnrr è la grande occasione per fare il salto di qualità, rimuovere le cause dei ritardi e investire sui nostri gioielli: la cultura, il territorio, il paesaggio, il mare. La Sardegna deve poter partecipare in questa fase di cambiamento in corso in Europa e nel mondo senza timidezze».

Quali devono essere i principali obiettivi del Pnrr?

«Le missioni più importanti sono centrate sulla transizione verde e sulla transizione digitale. E in entrambe noi possiamo giocare un ruolo straordinario».

Partiamo dalla prima sfida.

«In un tempo in cui la consapevolezza del valore ambientale è diventato il terreno di sfida planetaria la Sardegna possiede una condizione di vantaggio competitivo. Investire nei nostri punti di forza dovrebbe essere la nostra bussola. Per questo è incredibile che la Regione sfidi lo Stato per creare ulteriori volumetrie nelle coste, consumare più territorio, alienare i nostri gioielli. Penso a quanto accaduto anche la scorsa estate nelle spiagge invase da un turismo barbaro, che lasciava rifiuti dappertutto, con i sacchi a pelo ovunque negli arenili, con lunghissime file di auto per ore in attesa per accedere alle spiagge. Questo modello di turismo è contrario agli interessi della Sardegna».

La sindaca di San Teodoro, Rita Deretta, ha deciso di adottare il numero chiuso nelle spiagge.

«Benissimo, ma se noi vogliamo scommettere sulla qualità non possiamo affidare a una coraggiosa sindaca la decisione di fare le regole da sola. Tocca alla Regione farlo se vogliamo difendere il nostro vantaggio competitivo. Posso aprire una parentesi?».

Certo.

«Quando la Regione ha approvato i Piani di Rinascita sono state prese delle decisioni coraggiose, ma abbiamo incrociato un orizzonte sfavorevole: si puntava sulla chimica, quando quel modello entrava in crisi. Oggi siamo in grado di scommettere su quello che è più importante a livello planetario: cultura, ambiente, tradizioni. Tutti aspetti di cui la Sardegna è un unicum, tutte cose per cui la Sardegna è sinonimo di bello. Vogliamo perdere questo vantaggio? Vogliamo che prosegua questo processo di spopolamento del centro dell’isola in cui la gente è costretta a vendere le proprie case a un euro perché disabitate e senza alcuna prospettiva?».

La seconda sfida riguarda la transizione digitale.

«Su questo noi dobbiamo scommettere con forza. La Sardegna ha avuto esperienze d’avanguardia una grande tradizione, prima con Video on line, poi con Tiscali, pionieri della rivoluzione di internet in Italia e in Europa. In quegli anni la Regione chiamò un premio Nobel per la fisica, Carlo Rubbia, per guidare il centro di ricerca di Pula. Per l’isola fu un momento magico. La Sardegna ha dimostrato che da isola al centro del Mediterraneo poteva competere con le grandi piattaforme mondiali. E su questo fronte il Pnrr dà molte chance. Ma servono i progetti. Perché il Pnrr non è una torta per cui possiamo chiedere quote, ma occorre presentare i migliori progetti possibili, capaci di connettersi con il disegno generale».

In questo momento la Sardegna è in corsa per ospitare l’Einstein Telescope.

«È un progetto straordinario, una infrastruttura dal valore mondiale che porterebbe grandi risorse immediate e che creerebbe nel centro Sardegna prospettive di sviluppo con pochi eguali. Sarebbe un centro di eccellenza che attirerebbe altre eccellenze. Eppure non c’è entusiasmo. Dovrebbe invece esserci più partecipazione, dovremmo sentirci più coinvolti. Esiste il rischio che la timidezza con cui si affronta la questione faccia pendere la bilancia verso la concorrenza olandese».

Anche i sindaci, da Sassari a Quartu, passando per Fonni, hanno lamentato una passività della politica regionale. Pisanu ha lanciato l’idea di un nuovo patto tra Regione, sindaci e parti sociali. Concorda?

«Sicuramente. C’è bisogno di un nuovo slancio. È necessario interrompere lo stucchevole spettacolo di propaganda quotidiana che spesso scambia la comunicazione per politica. Sono convinto che debba esserci un confronto largo. Uno dei regali infausti della rivoluzione digitale, accentuati dalla pandemia, è questa trasformazione della politica, sempre più degradata a monologo sui media, con inevitabile impoverimento del valore dialettico del confronto tra visioni diverse. In questo modo la rappresentanza coincide con lo scambio tra leader e indistinta opinione pubblica, a scapito della partecipazione sociale e lascia i leader a un confronto con un pubblico indistinto. Invece dovremmo riscoprire il desiderio della buona politica, di quella che si fa con la gente in presenza con cui parli, polemizzi, ti scontri anche. Ma discutere del proprio futuro è il nostro interesse. Il nostro futuro dobbiamo costruirlo noi».

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