La Nuova Sardegna

La rinascita di Mamoiada: «Vitalità e ottimismo, ora qui si vive bene»

di Luca Urgu
La rinascita di Mamoiada: «Vitalità e ottimismo, ora qui si vive bene»

Tradizioni, viticoltura, ristorazione e accoglienza: il rilancio si spiega così. I giovani decidono di fare impresa, innovando senza dimenticare le radici

13 dicembre 2021
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MAMOIADA. Tra i filari delle vigne che si trovano sulle quote più alte c’è un po' di neve. Si tratta del prezioso lascito dell’ultima perturbazione. Un particolare di stagione che rende ancora più suggestivo un paesaggio ormai caratterizzato dalla coltura della vite: le piante di uva cingono il territorio di Mamoiada per chilometri. In alcuni casi arrivano a lambire le abitazioni, quasi a sancire un legame sempre più saldo e familiare. Vigna e bottega, lungo una strada che da queste parti è sempre più battuta: quella del vino. Un percorso ben delineato capace di contribuire alla rinascita di Mamoiada, che per riprendere a marciare di buon passo ha guardato alla terra e al cannonau, il suo nettare più prezioso che qui aveva tradizione e orgoglio ma che solo negli ultimi 15 – 20 anni è diventato minimo comune denominatore anche di un’impresa con addetti, fatturati e redditi importanti.

Rispetto a cinque anni fa il trend demografico rimane in perdita con 116 residenti in meno (2.557 nel 2015 contro gli attuali 2.441), ma gli indicatori che fanno pensare in positivo sono diversi, ad iniziare dal boom di nascite del 2021 (ben 25, oltre il doppio dell’anno prima) e dal ritorno di molti giovani che si sono laureati e formati altrove e qui vogliono costruire un progetto di vita.

Per capire di quale pasta è fatto il mamoiadino è interessante prima di entrare in paese percorrere le campagne, da quelle di Sas Melas poi, più a valle, quelle di Loreto Attesu passando ai salti più a nord che confinano con l’altopiano di San Cosimo o ancora in Sa Lahana (il confine) verso Orgosolo.

È un piacere vedere con quanta cura e dedizione vengono lavorati i vigneti, non sfugge l’attenzione riservata anche ai particolari di questi terreni, dove forma e sostanza finalmente coincidono e dove il decoro non è più un optional ma un modus operandi diffuso.

Solo in questo comparto oggi operano a Mamoiada ben 35 cantine, le ultime due si sono presentate alla comunità nei giorni scorsi. E poi c’è l’indotto con ristoranti, trattorie ed enoteche, locande e bed and breakfast cresciuti simultaneamente al dinamismo del settore vitivinicolo e dell’offerta culturale del paese che intorno al grande marchio simbolo dei mamuthones ha realizzato un museo, quello delle Maschere Mediterranee capace di attrarre nel periodo pre covid oltre 30 mila visitatori e di contribuire ad animare con manifestazione ed eventi le serate mamoiadine.

Il vento, la pioggia fredda con le temperature appena di qualche grado sopra lo zero scoraggiano le passeggiate per la via principale in una mattina feriale. Nei bar stanno al caldo alcuni pensionati mentre le visite dei più giovani sono rapide, il tempo strettamente necessario per mandare giù un caffè e proseguire con gli impegni.

C’è vivacità, c’è movimento, il paese si mostra dinamico e attento. Basta guararsi intorno e andare a parlare con i protagonisti di questa rinascita.

Andrea Cosseddu, titolare dell’Enoteca La Rossa si sta preparando ad accogliere i clienti nel suo locale. Negli scaffali regna l’autarchia enologica, solo vini di Mamoiada mentre per distillati amari e altri prodotti alimentari c’è spazio per le eccellenze del territorio. «Si respira ottimismo e fa molto piacere - dice -. La vitalità delle imprese è evidente e poi ci diamo una mano a vicenda. Gli spazi ci sono per tutti e la concorrenza è solo uno stimolo a migliorare, per fortuna lo stanno capendo in molti».

A proposito di ritorni, quello di Mauro Ladu, chef con una ventennale esperienza in tanti locali di successo, è un po' la sfida nella sfida: «Ho aperto esattamente un anno fa in un periodo molto difficile per via del covid. Malgrado le chiusure forzate abbiamo lavorato molto bene. Sia io che mia moglie, che è di Cagliari e che mi ha stimolato a tornare, siamo molto soddisfatti. Lavoro e mi diverto e in tanti vengono a trovarci soprattutto da fuori. Visitatori gourmet che alimentano l’economia circolare del paese che sta offrendo diverse eccellenze e servizi. Ovviamente anche noi siamo felici di stare all’interno di questo circuito virtuoso e di dare il nostro contributo».

Intanto, l’esercito dei produttori si è arricchito di un nuovo soldato. Si tratta del cannonau Don Zua, di Mariano Sanna tenuto a battesimo giusto qualche giorno fa alla locanda Sa Rosada (il richiamo peronista non è casuale) in una bella abbinata tra letteratura (presentazione del libro del promettente scrittore nuorese Giovanni Gusai), imprenditoria al femminile e viticoltura.

«Dopo esperienze lavorative anche all’estero mi sentivo pronto ad un percorso nelle vigne di famiglia. È una bella sfida ma la passione e l’entusiasmo non ci manca», dice Mariano che si affida anche al supporto e all’abilità da narratrice della compagna Marta Staffa, blogger e operatrice culturale e le sue emozioni da turismo esperienziale.

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