La Nuova Sardegna

Mele non si spiega l’ultima latitanza: «Doveva costituirsi»

di Luca Urgu
Mele non si spiega l’ultima latitanza: «Doveva costituirsi»

L’ex bandito di Mamoiada: «Ci ho pensato tante volte, è difficile fare quella vita alla sua età e con poche forze»

19 dicembre 2021
3 MINUTI DI LETTURA





MAMOIADA. L’immagine di Grazianeddu che ieri imperversava nel web è arrivata anche al suo telefonino. La foto di Mesina vestito con l’abito tradizionale di Desulo gli ha strappato un sorriso così come altre volte, ma niente di più. Non avendo visto in mattinata nessun sito di informazione né tantomeno ascoltato il classico gazzettino sardo, la notizia dell’arresto di Graziano Mesina l’ha sorpreso tanto da cercare conferme nelle parole dell’interlocutore: «Ma veramente? Non sapevo proprio nulla. E a dire la verità mi dispiace. Ci ho pensato diverse volte in questo suo periodo di latitanza. Alla sua età deve essere stato molto difficile, non una passeggiata di certo». Annino Mele, ex bandito di Mamoiada e ora scrittore, 70 anni, 31 dei quali trascorsi in carcere, 28 senza godere neppure di un permesso, è uscito da tre anni. Mele vive a Cagliari, città di mare così diversa dalla sua Barbagia, che con la sua luce e la sua vita ha imparato ad apprezzare, dividendo il suo tempo tra le attività agricole e la scrittura, passione che ha iniziato a coltivare durante la detenzione. La notizia del rientro di Grazianeddu in carcere lo raggiunge in una giornata di inverno che sa di primavera e lo spiazza. È molto rispettoso della vita degli altri e delle scelte – anche sbagliate – che hanno segnato il percorso delle persone. Per questo i suoi commenti sono equilibrati. Nessuna sentenza, né frasi perentorie. Solo considerazioni intrise di dispiacere per un uomo che alla soglia degli ottant’anni rientra in carcere dove comunque ne ha già trascorso 45, oltre la metà della sua vita. «La latitanza si può affrontare quando si è giovani e si è in possesso di tutte le forze – dice Annino Mele – non proprio la condizione attuale di Mesina che immagino in questo periodo alla “macchia”, abbia sofferto abbastanza le privazioni, le angosce e i disagi. Forse doveva tornare in carcere da solo, in poche parole costituirsi e magari dichiararsi dispiaciuto per essersi preso un periodo di libertà. Si, ne sono convinto la cosa migliore era presentarsi alla giustizia. Ora poi, per chi è ormai avanti con l’età, anche la legge prevede delle attenuanti, benefici e misure alternative alla detenzione. Spero sia così anche per lui. Certo se penso a me io oggi non riuscirei nemmeno a pensarla la latitanza, ma è anche vero che ognuno sa di se». Insomma dalle parole del mamoiadino traspare un sentimento solidale e di comprensione umana. Lui conosce molto bene sia i rigori della detenzione che le ansie e i pericoli della latitanza per aver vissuto entrambe le condizioni. E per averne patito sulla propria pelle e sul proprio animo le sofferenze. «Mi dispiace. So quanto sono brutte sia la galera sia la latitanza. E poi ho saputo che in questi suo periodo alla macchia non ha potuto accompagnare per l’ultimo saluto anche due sorelle, stroncate dal covid. Sicuramente è stata un’ulteriore sofferenza che si è aggiunta alla condizione di braccato dalla forze dell’ordine», conclude Mele. Lui la pelle di bandito l’ha persa tanti anni fa, l’immagine di quel ragazzo che ci hanno consegnato le istantanee in bianco e nero con il viso olivastro, i capelli lunghi e vestito di velluto fanno parte degli archivi della cronaca nera e giornalistica di oltre trent’anni fa. Con una condanna all’ergastolo ostativo oggi gode della libertà condizionale e non ha parole di condanna per nessuno. Figuriamoci poi verso Grazianeddu, inghiottito in passato da una spirale di violenza e odio e da tormenti che non l’hanno mai abbandonato.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative