La Nuova Sardegna

Intervista con Christian Solinas: «Per Sassari e Alghero nuovi ospedali»

Roberto Petretto
Il presidente della Regione Christian Solinas
Il presidente della Regione Christian Solinas

Parla il presidente della Regione: «Sul gas noi sempre chiari. È il governo che non riesce a dare indirizzi ai grandi players energetici»

02 gennaio 2022
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SASSARI. Tra un mese e mezzo la Giunta Solinas compirà tre anni. Forse ci arriverà con questa squadra, forse con una diversa. Di certo dovrà affrontare appuntamenti importanti, alcuni decisivi per il futuro dell'isola. Ne abbiamo parlato con il presidente in questa intervista.

Avete delineato il quadro dei direttori della sanità e alla guida della neonata Ares avete chiamato una manager veneta. Perché questa scelta?

«Dal primo gennaio trova finalmente attuazione la riforma della governance del sistema sanitario, che ripristina un'articolazione territoriale delle aziende. Per la prima volta c'è la separazione netta tra la prestazione sanitaria, in capo alle nuove Asl, e la gestione burocratica e amministrativa, attribuita all'Agenzia regionale della sanità. Si tratta di una riforma profonda ed ambiziosa, che vuole riparare i guasti ed i disservizi accumulatisi in lustri di scelte errate e di mancata programmazione. Il mio obiettivo è stato quello di selezionare professionalità e competenze in grado di garantire l'avvio di questo percorso con rapidità ed efficacia. La dottoressa Tomasella è manager di esperienza, dirigente esperta in materia di amministrazione e bilancio, che può dare un contributo prezioso alla nascita di Ares. Sento di dover ringraziare il dottor Massimo Temussi, che ha condotto in maniera esemplare in questi anni difficili la gestione commissariale di Ats ed il passaggio verso l'Ares. Esaurito il suo mandato su questo fronte, ho ritenuto di chiedergli un nuovo fondamentale impegno nel centro nevralgico della programmazione delle ingenti risorse che la Sardegna dovrà spendere nei prossimi 6-10 anni».

Lei e la sua maggioranza, parlando delle difficoltà della sanità sarda, avete sempre attribuito le colpe a chi vi ha preceduto. Ma a quasi tre anni dalla vostra elezione ha ancora senso questa giustificazione?

«Non mi ha mai entusiasmato questo gioco delle parti. Mi limito a registrare una situazione di fatto ed a prendere atto dei numeri, che non sono una mia opinione o un punto di vista politico. Negli ultimi 10 anni la Sardegna ha assistito al mancato turnover del personale medico e sanitario in generale, incluse le chiamate dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Un trend che si è acuito nel periodo 2014-2019. Quando sono arrivato alla guida della Regione il sistema aveva perso oltre 3.000 unità di personale solo nel quinquennio precedente. Nonostante l'emergenza pandemica di questi anni la mia giunta ha effettuato oltre 1.700 chiamate per il personale medico e sanitario con una pluralità di concorsi. Ha recuperato le chiamate arretrate di 5 anni dei medici di base e approvato un piano triennale di reclutamento per migliaia di unità al fine di ripristinare delle adeguate dotazioni organiche negli ospedali e nel territorio. E questi sono dati di fatto».

Un anno fa in un'intervista alla Nuova aveva annunciato nuovi ospedali a Sassari e Alghero, che fine hanno fatto?

«La realizzazione dei nuovi ospedali è stata prevista nella riforma. A partire da quest'anno si potrà dar seguito attraverso Ares a procedure per la realizzazione di questi plessi che riguarderanno l'intera Isola. In questo senso, l'esperienza della dottoressa Tomasella sarà preziosa, avendo già curato in Veneto la parte amministrativa per la realizzazione di diversi nuovi poli ospedalieri, come quello di Treviso da circa 1.200 posti letto».

Covid: la situazione sta di nuovo esplodendo. Cosa si sta facendo?

«In tutto il mondo è in corso una recrudescenza dell'ondata epidemiologica, dovuta alla nuova variante che ha una maggiore diffusività. Non va sottovalutata ma parrebbe incidere meno dal punto di vista della virulenza. Stiamo monitorando quotidianamente l'aumento dei casi. Al momento la situazione negli ospedali viene gestita in maniera ordinata. Adotteremo tutte le misure necessarie per garantire la salute pubblica».

A proposito di scuole: c'è l'ipotesi di una chiusura prolungata dopo le feste?

«Dalle nostre verifiche appare che i momenti più pericolosi sono la ricreazione e la mensa nelle strutture scolastiche. Stiamo quindi valutando se l'ipotesi di modificare il servizio di ristorazione per garantire sempre il distanziamento, possa essere una misura sufficiente unitamente ad un'attività di screening massivo alla ripresa, da effettuare più volte nell'arco della settimana. Se poi la situazione dovesse richiederlo, siamo pronti a valutare anche misure più stringenti alle quali speriamo di non dover arrivare».

Lei ha citato il tracciamento e viene in mente la campagna Sardegna sicura. Non è stata un po' un flop?

«Al contrario. Ha rappresentato un modello che è stato ampiamente riproposto, anche altrove. Alla base c'è un concetto valido anche oggi, in linea con una tendenza diffusa nel mondo. Che è quella di affiancare al green pass uno screening per capire come si muove il virus. Ricordiamo che a contagiare non sono i luoghi ma le persone».

Energia: molti operatori, ma anche ambienti di diversi ministeri, lamentano che la posizione della Sardegna sull'argomento non sia chiara. Cosa vuole, realmente, la Regione? (Il tono della risposta del presidente Solinas tradisce disappunto)

«Chi lo dice o è molto simpatico o fugge dalle proprie responsabilità. La Regione ha sempre tenuto una linea chiara. Per noi ci sono tre esigenze irrinunciabili. In primo luogo, la tariffa: qualunque sistema si scelga, serve una perequazione perché la tariffa deve essere pari a quella pagata nel resto d'Italia. Per troppi anni i sardi hanno pagato un costo eccessivo sull'energia che ha inciso sui portafogli delle famiglie e sui bilanci delle aziende. Secondo: si deve essere seri e concreti quando si pianifica il passaggio verso le rinnovabili e non si può dire che al 2025 si stacca tutto e si fa solo energia pulita. Serve un periodo di transizione. E il periodo di transizione non può che essere legato al Gnl, che garantisce energia costante con un prezzo garantito. Terzo: il punto di arrivo deve essere quello delle energie rinnovabili con emissioni zero, ma nel frattempo la Sardegna non può essere ancora una volta il laboratorio sperimentale d'Italia. Non si può spegnere tutto nel 2025, creando tensioni sociali con la perdita di centinaia di posti di lavoro e incertezze sull'approvvigionamento. L'idea di sostituire direttamente le attuali centrali con grandi batterie di accumulo nel 2025, sapendo che non ci sarà ancora neppure il Tyrrhenian link mi sembrerebbe un azzardo sulla pelle dei sardi».

Come si realizza la transizione?

«Se c'è stato un atteggiamento schizofrenico sul futuro dell'energia in Sardegna non è certo quello della Regione. Prima il Governo ha sottoscritto un patto (Renzi/Pigliaru)che prevedeva la realizzazione della dorsale per il gas. La Regione ha fatto tutto quello che doveva, salvo poi apprendere che Roma aveva cambiato unilateralmente idea. Questo non l'ha deciso la Sardegna, ma mi pare evidente che ci sia sullo sfondo un'evidente differenza di vedute tra i grandi players energetici di Stato e una difficoltà del governo nel dare un indirizzo alle proprie controllate. E la Sardegna purtroppo ne paga il pezzo. Si è parlato di dorsale, di rigassificatori, di virtual pipe-line in un crescendo di ipotesi contraddittorie, senza preoccuparsi del fatto che il sistema produttivo ha bisogno di certezze più che di sogni, per quanto affascinanti. Ecco perché riterrei che imputare alla Regione poca chiarezza sul tema sia quanto meno una boutade».

Sino al Decreto Sardegna: quando verrà ufficializzato?

«Abbiamo intrapreso un percorso virtuoso con il ministro Cingolani, andando a correggere il testo di decreto per la Sardegna per ristabilire chiarezza. Ma chi ha preteso questa chiarezza è stata la Sardegna . Il decreto si dovrebbe definire nei primi giorni di quest'anno».

Lei ha rilanciato il tema dell'alta velocità. Ma diversi ministeri e Rfi hanno più volte ribadito che con i fondi del Pnrr non è possibile realizzare opere così importanti in tempi contingentati. Ha ancora senso parlare di alta velocità?

«Fatto 100 il livello di infrastrutturazione del paese, la Sardegna è intorno a 50. Questo significa che per decenni lo Stato non investito nell'isola sulle grandi infrastrutture strategiche quanto necessario per garantire l'uguaglianza sostanziale dei sardi con gli altri cittadini della Penisola. Io parto da questo principio. Ci deve essere un riequilibrio, non chiediamo vantaggi ma l'affermazione di diritti. Poi che si finanzino con il Pnrr o con altri fondi non importa. Però non si può continuare a parlare di qualche chilometro di doppio binario in più se abbiamo ancora 0 km di elettrificazione della rete e tempi percorrenza biblici, un capoluogo come Nuoro senza passaggio diretto delle ferrovie a scartamento ordinario».

Continuità aerea: il modello ipotizzato per quest'anno sembra nascere vecchio. Non si poteva fare meglio?

«Quello che abbiamo fatto è il bando migliore possibile dentro la cornice stringente della disciplina comunitaria e delle pretese delle direzioni generali dell'Unione europea che ritengono, sbagliando, che in Sardegna il rilascio di maggiori quote al libero mercato possa generare un sistema più efficiente. Abbiamo più volte rappresentato il nostro convincimento che l'isola abbia bisogno di un sistema di connessioni assistito da oneri di servizio pubblico. Impensabile che un cittadino sardo trovi un biglietto aereo un giorno a un prezzo e un altro giorno a un altro. Serve una continuità che abbia una frequenza soddisfacente a una tariffa che non risenta del giorno di prenotazione. Questo significa lasciare al libero mercato tutto ciò che è supplementare, ma servono servizi minimi garantiti. Il Governo deve sostenere le ragioni della Sardegna a Bruxelles, in modo che l'Europa recepisca come la nostra condizione di perifericità abbia bisogno di strumenti peculiari, che non possono essere valutati con la sola lente dei regolamenti sugli aiuti di stato e la libera concorrenza. Come hanno fatti da altri governi nei confronti delle proprie isole: la Francia con la Corsica e alla Spagna con le Canarie».

Continuità marittima: tra rotte spezzatino, rotte senza aiuti pubblici soggette agli umori delle compagnie, la Sardegna rischia l'isolamento.

«Su questo tema abbiamo chiesto più volte di avere il trasferimento della competenza. Lo Stato ha invece inteso procedere, soprattutto con i governi precedenti, attraverso i propri uffici coinvolgendo addirittura Invitalia per la predisposizione dei bandi. Occorrerebbero maggiori certezze su frequenza, naviglio e tariffe, sia per le merci che per i passeggeri e solo la Regione può dare adeguate garanzie sulla rispondenza del modello alle reali esigenze».

Sugli aeroporti si profila un'ipotesi di gestione comune per i tre scali sardi. Come la giudica?

«Le società di gestione sono oramai per la maggior parte riferibili a società o enti privati. La Regione non può incidere in queste dinamiche fino a che restano nell'ambito dell'intrapresa privata. Ma c'è un punto: se la Regione deve continuare a investire risorse sul sistema aeroportuale, nessuno può pensare che lo possa fare senza che le scelte strategiche sullo sviluppo del traffico aereo siano opportunamente concertate».

A settembre lei è stato nominato commissario per le opere pubbliche. Non ci sono stati ancora passi ufficiali...

«Il decreto di nomina è in fase di registrazione. Appena potrò entrare nel pieno dei poteri inizierò a lavorare sull'accelerazione di tutte le progettazioni e i cantieri delle principali arterie stradali dell'Isola»

Passiamo alla politica: un anno fa ci parlava di rimpasto, a oggi ancora non si è visto. Troppi veti tra i partiti?

«No, abbiamo condiviso che ci sarà un momento di confronto con tutte le forze politiche della maggioranza per fare una valutazione della prima fase della legislatura. La pandemia, come detto, ha modificato l'agenda politica di qualsiasi governo del mondo e inciso significativamente sulle priorità. Alla ripresa dei lavori certamente avremo un momento di confronto».

La giunta cambierà?

«Be', dirlo addirittura prima che il confronto inizi è quanto meno prematuro».

Come sono i rapporti con l'attuale Governo, a cui appartengono forze politiche a voi vicine? A giudicare dalle leggi impugnate non sembrano ottimi. Per errori vostri o perché c'è un governo nemico?

«Non ci sono governi amici o nemici e poco incide la presenza di alcune forze politiche omogenee alla maggioranza di governo. È un dato comune alle Regioni a statuto speciale: viviamo un momento in cui il tentativo di comprimere le autonomie regionali e in particolare le specialità ha avuto un'accelerazione senza precedenti. C'è un tentativo, neanche troppo velato, di riportare alle burocrazie statali competenze che si erano consolidate in capo alle autonomie regionali».

Per questo vi hanno bocciato le norme sull'urbanistica?

«Sul tema c'è un approccio ideologico, strumentale e se vogliamo massimalista. Si cerca di far passare il governo sardo come una banda di cementificatori, mentre le norme approvate o riproponevano norme già approvate senza censure dal centrosinistra o ponevano questioni di principio rispetto al riparto di competenze tra stato e regione, come ad esempio l'interpretazione autentica del Ppr. Ma nessuno ha mai cementificato proprio un bel niente in questa legislatura. E porto un esempio concreto. Ci sono alcuni articoli di legge che sono la fotocopia di norme approvate da altre regioni. Ma mentre le burocrazie ministeriali non avevano richiesto l'impugnazione per queste ultime, lo hanno fatto per le norme fotocopia della Sardegna».

In queste ore circola una voce: sulla sua scrivania c'è una lettera di dimissioni del segretario generale?

«Al momento, sulla mia scrivania non ho lettere di dimissioni».

Ma ne ha sentito parlare?

«Non ne ho sentito parlare e ho una stima tale del dottor Scano che non mi consente di avere dubbi sul fatto che qualora maturasse una simile decisione sarei il primo a saperlo».

Un ultimo passaggio sull'Università di Nuoro e sulla biblioteca Satta, che in questi giorni vivono tempi di incertezza a causa di una norma approvata dalla regione. Queste persone si attendono una parola di chiarezza da lei.

«Mi sembrerebbe che questa ricostruzione sia piuttosto la traduzione di una polemica nata all'interno di una forza politica, nemmeno di maggioranza. In verità, il consiglio regionale, con un voto trasversale, ha approvato una legge. La giunta non può che dare attuazione a quelle norme approvate. Le preoccupazioni sul futuro mi sembrerebbero piuttosto infondate e semmai alimentate in maniera strumentale perché tra la situazione precedente e la nuova, da un punto di vista delle risorse, non cambia nulla. Non sono a rischio stipendi, servizi e attività. Cambia la forma giuridica e l'azionista di maggioranza che a tutto ben guardare sembrerebbe al momento finanziariamente più solido dei precedenti e dunque in grado di offrire maggiori e migliori garanzie per tutti».

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