La Nuova Sardegna

I pani antichi hanno molto da insegnarci

di Pasquale Porcu
I pani antichi hanno molto da insegnarci

Un libro riscopre quelli tradizionali di Alghero, «una cultura per troppo tempo dimenticata» Non è solo un’operazione nostalgia

07 gennaio 2022
3 MINUTI DI LETTURA





Che buono il pane. Quello caldo, fragrante, appena sfornato. Da mangiare a bocconi, anche senza companatico. Che meraviglia quei pani della tradizione di Alghero dai nomi affascinanti: il Pa orit, con quei deliziosi dadi da staccare e mangiare a morsi, il Coc Coca, il pane Cola cola, la Semoleta esperrada, la Galeta, il celebrato Pa punyat. Un goloso catalogo di autentico artigianato da mettere a tavola ed esibire come fossero opere d'arte. Certo, molti di quei pani non differiscono poi molto da prodotti simili dei centri vicini. Ma quei nomi svelano una storia lunga molti secoli della comunità catalana nell'isola. Chi ha i capelli bianchi ricorda ancora il rito casalingo della preparazione dei pani fatti in casa in Sardegna. Quasi una cerimonia religiosa alla quale partecipavano anche le donne del vicinato. Ci si alzava molto presto, al mattino, si preparava il forno a legna. Poi si procedeva con una regia precisa per l'impasto, la lievitazione e la cottura. Che gioia quando il pane veniva sfornato, e che feste facevano i bambini. Dagli anni Sessanta agli anni Ottanta i forni a legna sono spariti dalle case e le cassapanche e le credenze in legno nelle quali il pane veniva conservato sono state sostituite dagli anonimi mobili in tristissima e fredda formica. E con quella trasformazione sono spariti i profumi e la poesia di un pane sano, buono e digeribile. Da qualche tempo, però, c'è chi ha pensato di recuperare quei sapori e quella tradizione,

«senza inutili nostalgie ma con una grande attenzione al gusto e alla salute – spiega il professor Giovanni Antonio Farris, microbiologo agrario, che ha curato un volume edito da Carlo Delfino – Con la pubblicazione di questo libro vogliamo fornire uno strumento in più a quanti vogliono fare tesoro delle esperienze del passato per correggere e migliorare il modo di fare il pane». Il volume appena arrivato in libreria si intitola “Pani tipici della tradizione algherese, una cultura per troppo tempo dimenticata”, 132 pagine, 19 euro. Un lavoro affascinante e ben realizzato che si avvale del contributo di ricercatori, studiosi, appassionati, panificatori. Tra gli autori troviamo i nomi di Antonio Budruni, Antonio Demelas, Giovanni Fancello, Giuseppe Izza, Anna Maria Lauro, Mariano Mariani, Antonio Masia, Anna Domenica Obinu, Manuela Sanna. Le fotografie sono di Giampaolo Catogno e del Panificio Cherchi di Olmedo. Raccontare la storia del pane vuol dire descrivere la storia, non solo quella di Alghero e della nostra isola ma del mondo mediterraneo. Dai primordi alla scoperta dei cereali, fino alla coltivazione del grano. Una tappa fondamentale che segna il passaggio dall'età nella quale l'uomo è costretto al nomadismo per procurarsi il cibo, fondamentalmente attraverso la caccia, a quando, invece, decide di fermarsi per coltivare la terra. È da allora che nascono, con l'agricoltura, le prime aggregazioni sociali e le prime forme organizzate della vita delle comunità. Da quel momento il pane è indispensabile per l'alimentazione. E col passare dei secoli e dei millenni, la cultura del pane, dei pani, diventa anche un modo per misurare il grado di evoluzione sociale di una comunità. Mai un alimento è stato celebrato, descritto, cantato quanto il pane. Gli interessanti contributi che compongono questa pubblicazione rappresentano un preziosissimo aiuto per conoscere la storia della comunità catalana e forniscono uno strumento formidabile per comprendere la nostra storia e il modo migliore per imparare a vivere una vita più sana.



In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative