La Nuova Sardegna

Il suo nome nella lista nera: è il nono morto ammazzato

di Paolo Merlini
Il suo nome nella lista nera: è il nono morto ammazzato

L’elenco delle persone su una croce ritrovata nel 2003 nella strada per Orgosolo Dietro la faida scoppiata nel 1999 l’ombra dei sequestri Checchi e Marras

21 gennaio 2022
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NUORO. Il passaparola su una morte annunciata da due agguati falliti vuole che tutto fosse già scritto su una rozza croce di legno, come in un film western, apparsa per incanto nella strada tra Oliena e Orgosolo. Era il 2003, e il nome di Tonino Corrias sarebbe comparso su quel simbolo di morte assieme a una decina di compaesani, alcuni già morti e altri che lo sarebbero diventati di lì a poco. La lista nera di Oliena, fu chiamata allora dagli inquirenti, sopraffatti anche loro da quella catena di omicidi che vent’anni fa insanguinò uno dei paesi più floridi e pacifici della Barbagia. A distanza di tempo non è chiaro se quella lista fosse virtuale o meno, e se la croce della vendetta fosse solo una leggenda, ma pare che otto di quei nomi – nove da ieri – corrispondano ai fascicoli investigativi di altrettanti omicidi. Tutti pastori in stretto contatto tra loro, coinvolti in azioni criminali secondo le ammissioni a bassa voce degli investigatori non sempre suffragate da atti giudiziari.

Tonino Corrias aveva schivato l’appuntamento con la morte il 21 marzo 2001, quando era stato colpito da una scarica di pallettoni mentre, insieme con il padre Pietro, rientrava a casa in auto dopo una giornata trascorsa al lavoro in campagna. L’agguato era avvenuto nella zona di Norgheri, non distante da Su Gologone. I pallettoni lo avevano colpito in modo superficiale alla spalla destra e a un fianco: ferite talmente lievi che l'allevatore, che allora aveva 38 anni, era stato dimesso dopo un piccolo intervento e appena un giorno di degenza nel reparto di chirurgia dell'ospedale San Francesco. Quattordici anni dopo, il 27 novembre 2015, la sua auto era stata colpita da una scarica di pallettoni a poca distanza da Oliena, nella strada comunale di Sa Trave. I proiettili si erano conficcati nella portiera sinistra, lui aveva accelerato ed era riuscito a scappare. Tra i due agguati forse ce ne fu un altro, secondo quanto si disse in ambienti del paese per nulla ufficiali, ma non per questo inattendibili: un terzo episodio in cui l'appuntamento con la morte sarebbe saltato per pura fortuna.

Spetterà agli inquirenti stabilire se la sua morte sia da inserire in quella che al tempo, in particolare dal 2001 al 2003, fu definita la faida di Oliena, con una lista di morti ammazzati molti dei quali compariranno nella famigerata lista nera. La catena di vendette nel paese ai piedi del Corrasi comincia il 10 gennaio 1999 con l’assassinio di Battista Medde nelle campagne di Oniferi, e prosegue due anni dopo, nel febbraio 2001, con quello del fratello Sebastiano, impegnato a mungere il suo gregge nell’ovile di Papalope. È da allora che la progressione degli agguati diventa rapida e incessante. Passa un mese e nel mirino finisce Tonino Corrias, ucciso ieri, che si salverà. Il 14 ottobre dello stesso anno la faida cambia scenario, e dalle campagne si sposta nel centro del paese. È una domenica di inizio autunno quando un sicario con il passamontagna entra in un bar affollato e individua a colpo sicuro Francesco Acquas, freddandolo all’istante con una fucilata. Lo stesso giorno si spara anche a Orune, e a cadere ucciso è proprio un suo amico, Damiano Pirrolu, coinvolto nel sequestro-omicidio del farmacista orunese Paoletto Ruiu, il cui Dna verrà trovato in una grotta dei monti di Oliena.

Il 4 novembre 2002 si registra il primo duplice omicidio. Le vittime sono Giuseppe Puddu e Sebastiano Muleddu, uccisi nel Corrasi. Il fratello del primo, Tonino Puddu, era stato ammazzato dieci anni prima. Entrambi erano stati indagati per sequestro di persona e poi scagionati. Un mese dopo, il 10 dicembre, davanti alla chiesa di San Lussorio viene ucciso Giuseppe Bette. L’anno successivo, il 2003, si apre con l’esecuzione di Natalino Columbu. Anche per lui si fa riferimento alla lista nera.

La faida, difficile chiamarla in altro modo, si ferma sino al 2010, quando viene assassinato Luigino Congiu, fratello di uno dei rapitori dell'imprenditore romano Ferruccio Checchi. Sullo sfondo di questa vicenda, infatti, ci sono anche gli ultimi sequestri messi a segno in Sardegna, da Checchi all’ozierese Antonio Marras: entrambi tenuti prigionieri nelle grotte calcaree del Supramonte di Oliena, dal Corrasi a Lanaitho, chi per mesi chi per poche ore.

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