La Nuova Sardegna

Olive da mensa, in Sardegna si può dare di più

di Pasquale Porcu
Olive da mensa, in Sardegna si può dare di più

Da sempre è diffusa la preparazione casalinga con acqua, sale, alloro e finocchietto. Ma la produzione industriale ha margini di crescita. Origa (Copar): «La qualità è alta»

25 febbraio 2022
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In molte case, in Sardegna, se ne fanno alcuni chili, da consumare nei pranzi e negli spuntini. Magari con qualche fetta di salsicce, un po' di formaggio e pane carasau. Si preparano da novembre in poi, quando si raccolgono le olive per fare l'olio. La ricetta è semplice: acqua, sale e un mazzetto di alloro e finocchietto selvatico. Per accelerare la preparazione, di solito, si praticano dei tagli sulla drupa. Dopo qualche settimana, eccole lì, le olive, pronte per essere portate a tavola.

Quel finale di sapore amarognolo invita a mangiarle, una dopo l'altra, come fossero ciliegie. Un bel sapore che apre lo stomaco alle migliori prospettive.

La produzione casalinga di olive da mensa è difficilmente quantificabile. Quel che è certo, invece, è come la produzione e il consumo di questa varietà di olive, prodotte industrialmente, è in continua crescita a livello internazionale. E la Sardegna è in linea con tale tendenza. Secondo le stime del Coi (Consiglio oleicolo internazionale), negli ultimi 25 anni il loro consumo mondiale è cresciuto del 173%, arrivando a superare i 2,6 milioni di tonnellate. Anche in Italia il trend è positivo: nell'anno finito a giugno 2021, le vendite di olive conservate sono aumentate di circa il 5% sia a volume che a valore, raggiungendo nella grande distribuzione organizzata i 226 milioni di euro. Purtroppo i numeri che riguardano l'Italia e anche la nostra regione non sono ancora alti. E la bilancia commerciale italiana ha un saldo negativo a causa della dipendenza del nostro Paese dalle olive d'importazione, provenienti prevalentemente da Spagna e Grecia, da cui arrivano come prodotto semilavorato e confezionato. E il continuo aumento della produzione che si registra in molti paesi vicini (come l’Egitto, la Turchia, l'Algeria e il Marocco) e lontani (come l'Argentina) fa prevedere che l'importazione di olive da tavola sia destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni . «Assistiamo a una grande importazione, in Europa, di olive dal Nord Africa – dice Simona Origa della Copar di Dolianova –. Olive che vengono raccolte a prezzi inferiori a quelli italiani. Molti coltivatori sardi, a causa dell'età avanzata, si sono ritirati e non sono stati sostituiti dalle giovani generazioni. Si pensi che la nostra cooperativa che nel 1962 contava 600 soci oggi ne ha 350. Ad aggravare la situazione olivicola del Parteolla, poi, è la cronica mancanza di acqua. Per fortuna, però, possiamo compensare con una qualità crescente nelle produzioni». Ed è proprio la Copar che porta in alto la bandiera delle produzioni di pregio della Sardegna. E infatti nel maggio 2019 ha conquistato il primo premio nazionale Monna Oliva per le olive verdi al naturale “Tonda di Cagliari in Salamoia” e il primo premio per le olive condite “Tonda di Cagliari a Scabecciu” e nell'Aprile 2020 si è aggiudicata il terzo posto per le olive condite “Tonda di Cagliari a Scabecciu” e nel 2022 la Gran Menzione per le olive verdi al naturale “Tonda di Cagliari in Salamoia” al primo concorso per le olive da mensa dell'Ercole Olivario. «Le olive – dice Simona Origa – vengono prodotte dal 1962 con il metodo al naturale ovvero con il solo uso di acqua e sale marino. Dopo un periodo di fermentazione che dura circa un anno le olive così vengono poi confezionate e distribuite ormai su quasi tutti i punti vendita della Sardegna oltre ad una quota che supera i confini dell’Isola. Le olive a scabecciu, invece, vengono preparate con l'uso della varietà Tonda di Cagliari, croccanti e deliziose, con aglio, sale, olio aceto e prezzemolo. Usiamo anche la varietà Pizz'e carroga, buone e delicate e che riusciamo a preparare in 7-8 mesi invece dei 12 mesi che richiede la Tonda».



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