Lo studio di Eleonora Porcu: madri dopo il tumore grazie agli ovuli congelati
La ginecologa originaria di Buddusò è specialista in Procreazione a Bologna. «Con la crioconservazione le pazienti oncologiche possono avere un figlio»
SASSARI. È il piano B da tirare fuori al momento opportuno, quando la vita ti ha già presentato un conto salato ed è tempo di prendersi la rivincita. Come dopo un cancro, dopo le massacranti sedute di chemio e radioterapia che tolgono le forze e tingono di scuro l’immagine del futuro. Ci sono donne che questo percorso difficile e zeppo di incognite lo affrontano sapendo che potrebbe esserci un dopo pieno di gioia, perché hanno una carta segreta da giocare. Queste donne hanno seguito un consiglio: quello di farsi prelevare e conservare in azoto liquido a 196 gradi sotto zero i propri ovociti, cioé la chance per diventare madri. Due di queste donne sono sarde e il consiglio lo hanno ricevuto da un’altra sarda, un medico che ha fatto della procreazione la sua missione di vita. Si chiama Eleonora Porcu, ha 69 anni, è veneta da parte di madre e sarda di Buddusò da parte di padre. Grazie a lei, ginecologa e direttrice della struttura Infertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, già 15 donne guarite da un tumore ma rese sterili dalle cure, sono diventate madri. Due sono sarde: una del Nuorese ha avuto un maschietto, un’altra del Cagliaritano ha partorito prima un bimbo e ora è in attesa di due gemelle. Entrambe hanno scongelato “il tesoretto”, gli ovociti conservati circa 10 anni prima: hanno fermato il tempo, resettato la malattia, dato gambe alla speranza e alla vita.
Il tesoretto in freezer. La storia di queste donne è raccontata in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Cancer”, ed è il frutto di un lavoro lungo un quarto di secolo. «Ho iniziato nel 1996 – spiega la dottoressa Porcu – circondata da dubbi e scetticismo. Pochi credevano alle possibilità offerte dalla crioconservazione degli ovociti, sembrava fantascienza che sopravvivessero dopo lo scongelamento e potessero originare una gravidanza. Io ho sempre sentito il forte dovere di fare qualcosa di utile per favorire la vita e il desiderio di maternità, in particolare da parte di quelle donne che in seguito a un tumore vanno incontro a una insufficienza ovarica prematura che non consente di avere figli. Un’ingiustizia che mi ha spinto ad andare avanti su questa strada: i risultati raggiunti sono eccezionali, dimostrano infatti che la tecnica della crioconservazione funziona e le pazienti devono essere essere informate di questa possibilità straordinaria. Anzi, per chi combatte un tumore, la prospettiva di diventare madri aiuta, incoraggia, dona una forza sorprendente contro la malattia».
Lo studio. Tra il 1996 e il 2021 508 pazienti oncologiche, provenienti da tutta Italia ma anche dall'estero, hanno scelto di congelare i propri ovociti prima di iniziare trattamenti contro il tumore. Tra loro, 156 pazienti oncologiche seguite dal Policlinico Sant’Orsola sono andate in menopausa precoce in seguito alla chemio. Ma grazie al “tesoretto” hanno avuto un’altra chance per diventare madri una volta guarite: 44 hanno cercato la gravidanza attraverso gli ovociti crioconservati e in 15 hanno portato a termine con successo la gravidanza, in pratica una su tre. Altre ci hanno provato ma il primo tentativo non è andato a buon fine, confidano comunque negli altri ovociti a disposizione. Non c’è infatti una scadenza: «Se conservati correttamente possono sopravvivere anche 20-30 anni: l’ovulo che 10 anni fa era di una ragazza di 28 anni, oggi ha ancora 28 anni», dice la dottoressa Porcu. In teoria gli ovociti possono essere utilizzati quando si vuole ma questo non significa poter posticipare all’infinito il momento della gravidanza: «Bisogna comunque cercare di avere un figlio in un'età compatibile con la nostra fisiologia – spiega la dottoressa Porcu – . Ma la possibilità di “fermare il tempo” è importantissima anche per tutte quelle donne che pur se non rese sterili dalla malattia, hanno per via dell’età sopraggiunta meno possibilità di diventare madri». È una rivincita, il lieto fine dopo tanta sofferenza.