La crisi senza fine dell’universo del cavallo
di Roberto Petretto
Il quadro: crollo degli allevamenti, fuga dei fantini, ippodromi in difficoltà
21 giugno 2022
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SASSARI. Terra di antiche e consolidate tradizioni equestri, la Sardegna non ha forse piena consapevolezza della portata e dell’importanza del settore dell’allevamento equino. Secondo i dati dell’Associazione italiana allevatori ci sono oggi in Sardegna circa 12mila capi. 3.600 a Cagliari, quasi 3mila a Sassari, 2.700 a Nuoro e 2.600 a Oristano. Da questo dato bisogna partire per capire quale ramificazioni, quale diffusione e quale coinvolgimento derivino dall’allevamento del cavallo. Commercio, gare, turismo, tradizioni e quindi un indotto di aziende collegate: una serie di attività che rendono il mondo dell’allevamento, dell’ippica e dell’equitazione una realtà importante per l’economia della Sardegna.
Una nuova legge. Nel 2019 in consiglio regionale è stata presentata una proposta di legge (firmatari Salaris, Cossa, Marras, Satta, Satta, Maieli, Moro, Canu e Giagoni) che si pone come obiettivo il “Riordino del comparto ippico ed equestre della Sardegna”. La legge ha superato tutte le fasi istruttorie nelle varie commissioni e sarebbe pronta a cominciare il percorso in aula. Ma è ferma da due anni, parcheggiata in qualche cassetto. I consiglieri che hanno presentato la proposta di legge partono da un assunto: il presunto «vuoto operativo nel comparto del cavallo dovuto alla soppressione, nel 2005, dell'Istituto di incremento ippico della Sardegna». Attualmente insieme delle funzioni svolte dal soppresso Istituto sono delegate all'Agris: «ma purtroppo - sempre secondo i firmatari della proposta - sembra che tale struttura non sia riuscita a perseguire le finalità di valorizzazione e promozione del settore ippico e delle specie e razze di equidi allevate nell'isola».
La crisi. L’immagine della Sardegna terra di cavalli da qualche tempo è in crisi. Il commissario di Agris, Raffaele Cherchi, in una recente audizione in consiglio regionale, ha lamentato: «La Sardegna ha perso la leadership nel settore che aveva conservato fino ai primi anni 2000. Mentre prima esportavamo cavalli oggi li importiamo. I dati fanno riflettere e giustificano l’esigenza di una nuova normativa di riferimento. Occorre sganciare il comparto dall’agricoltura e pensare a un nuovo modello di gestione che contempli le altre attività legate all’allevamento del cavallo: ippoterapia, turismo equestre, educazione ambientale».
«Rispetto a dieci anni fa - si legge nella relazione scaturita dall’audizione in commissione agricoltura -, il numero delle fattrici in produzione è calato di oltre il 60%. I puledri nati in Sardegna del 65%. Nel 2018 in Italia si sono registrate 1100 nascite di cavalli da sella: solo 194 sono state registrate nell’Isola: il 17% del totale contro il 70% di dieci anni fa. Anche la produzione di cavalli anglo arabi ha registrato una severa flessione: nel 2018 su 481 esemplari nati in Italia solo 332 provengono dalla Sardegna che in precedenza vantava il 95% della produzione nazionale».
Il movimento. Difficile, se non impossibile, fare una stima esatta di quante persone ruotino attorno al mondo del cavallo in Sardegna. Si parte dagli allevamenti, quindi il commerciale che piazza i puledri in giro per il mondo. Continua a funzionare il mercato degli anglo-arabo-sardi per le gare endurance. Un mercato che guarda soprattutto ai paesi arabi: «C’è un grande interesse degli arabi per l’endurance – ha detto il veterinario dell’Aste Mauro Ardu – oltre 500 cavalli sardi sono stati venduti agli Emirati. La nostra è una terra che si presta a questo tipo di disciplina». E poi, seguendo le varie diramazioni, ci sono le corse, i maneggi, il turismo, l’ippoterapia, le feste della tradizione. E a tutte queste attività ci sono professionalità come istruttori, addetti alla doma, maniscalchi, veterinari, artigiani e aziende che producono finimenti. C’è il mondo degli ippodromi, in crisi anch’esso già prima del Covid. Migliaia di persone che attendono scelte strategiche che siano in grado di rilanciare il settore. Mentre nella realtà nuovi ostacoli si incontrano lungo la via del rilancio.
I trasporti. È di questi giorni la polemica sui trasporti via nave degli animali vivi. Gli allevatori sardi stanno incontrando grossi problemi a trasportare i propri cavalli nella penisola a causa della decisione delle compagnie del gruppo Onorato (Tirrenia e Moby, di non accogliere più sulle navi Ro/Pax (passeggeri e merci) camion che trasportano animali vivi. Nel 2020, per effetto del gran caldo, quattro cavalli morirono dopo la traversata Civitavecchia-Olbia e alcuni ufficiali della nave sono oggi a processo. Durante il periodo estivo, quindi, le due compagnie accolgono animali vivi solo sulle navi Ro/Ro, solo merci.
Gli allevatori protestano perché l’attività sportiva negli ippodromi italiani e europei non sempre coincide con la disponibilità di posti sui traghetti. La Regione sta cercando una mediazione, ma il problema rimane ed è l’ennesimo per un settore già in sofferenza.
Una ventata nuova. Forse il settore, per uscire dalla crisi, ha bisogno non solo di un diverso quadro normativo, ma anche di una ventata di freschezza, di proposte nuove. Perché la rotta non mostra segnali di inversione. E anche la gloriosa tradizione dei fantini sardi rischia di inaridirsi: i professionisti, per lavorare, sono costretti a andare fuori. I tre ippodromi sardi (Sassari, Chilivani e Villacidro) reclamano una diversa classificazione che li possa proiettare in una dimensione più importante. Ma prima ci sono da risolvere anche problemi strutturali e gestionali.
Le soluzioni. Non c’è una soluzione univoca per uscire dalla crisi. Anche le associazioni di categoria del settore agricolo e allevatoriale hanno pareri a volte diversi. C’è chi ha nostalgia del vecchio Istituto di incremento ippico, c’è chi ritiene che la strada intrapresa sia comunque corretta. Nel frattempo il settore equestre della Sardegna continua la sua sofferenza.
Una nuova legge. Nel 2019 in consiglio regionale è stata presentata una proposta di legge (firmatari Salaris, Cossa, Marras, Satta, Satta, Maieli, Moro, Canu e Giagoni) che si pone come obiettivo il “Riordino del comparto ippico ed equestre della Sardegna”. La legge ha superato tutte le fasi istruttorie nelle varie commissioni e sarebbe pronta a cominciare il percorso in aula. Ma è ferma da due anni, parcheggiata in qualche cassetto. I consiglieri che hanno presentato la proposta di legge partono da un assunto: il presunto «vuoto operativo nel comparto del cavallo dovuto alla soppressione, nel 2005, dell'Istituto di incremento ippico della Sardegna». Attualmente insieme delle funzioni svolte dal soppresso Istituto sono delegate all'Agris: «ma purtroppo - sempre secondo i firmatari della proposta - sembra che tale struttura non sia riuscita a perseguire le finalità di valorizzazione e promozione del settore ippico e delle specie e razze di equidi allevate nell'isola».
La crisi. L’immagine della Sardegna terra di cavalli da qualche tempo è in crisi. Il commissario di Agris, Raffaele Cherchi, in una recente audizione in consiglio regionale, ha lamentato: «La Sardegna ha perso la leadership nel settore che aveva conservato fino ai primi anni 2000. Mentre prima esportavamo cavalli oggi li importiamo. I dati fanno riflettere e giustificano l’esigenza di una nuova normativa di riferimento. Occorre sganciare il comparto dall’agricoltura e pensare a un nuovo modello di gestione che contempli le altre attività legate all’allevamento del cavallo: ippoterapia, turismo equestre, educazione ambientale».
«Rispetto a dieci anni fa - si legge nella relazione scaturita dall’audizione in commissione agricoltura -, il numero delle fattrici in produzione è calato di oltre il 60%. I puledri nati in Sardegna del 65%. Nel 2018 in Italia si sono registrate 1100 nascite di cavalli da sella: solo 194 sono state registrate nell’Isola: il 17% del totale contro il 70% di dieci anni fa. Anche la produzione di cavalli anglo arabi ha registrato una severa flessione: nel 2018 su 481 esemplari nati in Italia solo 332 provengono dalla Sardegna che in precedenza vantava il 95% della produzione nazionale».
Il movimento. Difficile, se non impossibile, fare una stima esatta di quante persone ruotino attorno al mondo del cavallo in Sardegna. Si parte dagli allevamenti, quindi il commerciale che piazza i puledri in giro per il mondo. Continua a funzionare il mercato degli anglo-arabo-sardi per le gare endurance. Un mercato che guarda soprattutto ai paesi arabi: «C’è un grande interesse degli arabi per l’endurance – ha detto il veterinario dell’Aste Mauro Ardu – oltre 500 cavalli sardi sono stati venduti agli Emirati. La nostra è una terra che si presta a questo tipo di disciplina». E poi, seguendo le varie diramazioni, ci sono le corse, i maneggi, il turismo, l’ippoterapia, le feste della tradizione. E a tutte queste attività ci sono professionalità come istruttori, addetti alla doma, maniscalchi, veterinari, artigiani e aziende che producono finimenti. C’è il mondo degli ippodromi, in crisi anch’esso già prima del Covid. Migliaia di persone che attendono scelte strategiche che siano in grado di rilanciare il settore. Mentre nella realtà nuovi ostacoli si incontrano lungo la via del rilancio.
I trasporti. È di questi giorni la polemica sui trasporti via nave degli animali vivi. Gli allevatori sardi stanno incontrando grossi problemi a trasportare i propri cavalli nella penisola a causa della decisione delle compagnie del gruppo Onorato (Tirrenia e Moby, di non accogliere più sulle navi Ro/Pax (passeggeri e merci) camion che trasportano animali vivi. Nel 2020, per effetto del gran caldo, quattro cavalli morirono dopo la traversata Civitavecchia-Olbia e alcuni ufficiali della nave sono oggi a processo. Durante il periodo estivo, quindi, le due compagnie accolgono animali vivi solo sulle navi Ro/Ro, solo merci.
Gli allevatori protestano perché l’attività sportiva negli ippodromi italiani e europei non sempre coincide con la disponibilità di posti sui traghetti. La Regione sta cercando una mediazione, ma il problema rimane ed è l’ennesimo per un settore già in sofferenza.
Una ventata nuova. Forse il settore, per uscire dalla crisi, ha bisogno non solo di un diverso quadro normativo, ma anche di una ventata di freschezza, di proposte nuove. Perché la rotta non mostra segnali di inversione. E anche la gloriosa tradizione dei fantini sardi rischia di inaridirsi: i professionisti, per lavorare, sono costretti a andare fuori. I tre ippodromi sardi (Sassari, Chilivani e Villacidro) reclamano una diversa classificazione che li possa proiettare in una dimensione più importante. Ma prima ci sono da risolvere anche problemi strutturali e gestionali.
Le soluzioni. Non c’è una soluzione univoca per uscire dalla crisi. Anche le associazioni di categoria del settore agricolo e allevatoriale hanno pareri a volte diversi. C’è chi ha nostalgia del vecchio Istituto di incremento ippico, c’è chi ritiene che la strada intrapresa sia comunque corretta. Nel frattempo il settore equestre della Sardegna continua la sua sofferenza.