La Nuova Sardegna

Il commento

I Candelieri simbolo di rinascita

Eugenia Tognotti
I Candelieri simbolo di rinascita

Quest’anno c’è qualche ragione di più a rendere speciale la Discesa nel suo intreccio d’elementi religiosi , di costume e di folklore - IL COMMENTO

14 agosto 2022
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Diciamo la verità. Nel velocissimo evolversi della modernità verso l’effimero, il volatile, il virtuale, c’è qualcosa di consolante nella continuità di rituali immutati da secoli. Come quello della “festha manna” di Sassari e dello scioglimento del voto alla Madonna dell’Assunta che affonda le sue radici in uno di quegli eventi calamitosi – l’epidemia di peste del 1664 – che nella prima età moderna scandivano inesorabilmente la vita delle popolazioni mediterranee, sotto il segno delle guerre, delle pestilenze, delle carestie e della fame. C’è da dire però che quest’anno, il primo del ‘ritorno’ dei Candelieri, c’è qualche ragione di più a rendere ‘speciale’ la ‘discesa’ - nel suo intreccio d’elementi religiosi , di costume e di folklore. La festa è cosi inestricabilmente intrecciata alla trama delle vicende storiche di Sassari che la sua ricomparsa sulla scena cittadina – con tutto il suo insieme di ‘protagonisti’, cerimonie , rituali, parole, gesti, ricchi di valenze simboliche – assume il senso di una ‘ripartenza’ della vita comunitaria, dopo la dolorosa, ma necessaria sospensione imposta nel 2020 dall’imperversare di Covid 19. A darne conto, l’eccitazione e il sentimento d’attesa che anche i non sassaresi ‘in ciabi’ – come si dice – avvertivano questi giorni nelle strade e nelle piazze del centro, dove hanno sfilato i candelieri medi e piccoli.

Resterà, dunque scritta negli Annali della storia della città questa ‘Faraddha’. Così come quella del 1855, spostata a dicembre a causa del colera. E non è senza significato che a imporre una cesura nella plurisecolare tradizione siano state due grandi pandemie – di peste e di Covid – che hanno fatto vivere alle comunità l’esperienza di totale sconvolgimento della vita collettiva. Allontanatosi lo spettro del ‘micidiale morbo’ , l’insistente richiesta di ripristinare la processione e lo scioglimento del voto, avanzata in nome del popolo da un gruppo di cittadini, è una delle questioni con cui si deve confrontare la Commissione municipale mista, alle prese con gli innumerevoli problemi creati dall’epidemia in una città in ginocchio, svuotata da una terrificante ondata epidemica.

La lunga Ordinanza con cui le autorità civili e sanitarie concedevano ai ‘concittadini’, allo spegnersi del focolaio, l’autorizzazione alla festa, in un giorno scelto nel cuore dell’inverno – il 2 dicembre, fa trapelare ansia e preoccupazione circa i possibili pericoli di una ripresa del contagio. Lo si avverte dalla lunga serie di precauzioni sanitarie a cui dovevano attenersi i portatori e i partecipanti alla sfilata, ripristinata in una data ‘sicura’ per far sì che non fosse interrotto quel rito «che le diverse Corporazioni dei Gremj e i nostri Maggiori osservarono religiosamente dall’epoca memoranda del 1652 fino a noi». Dietro norme e divieti – in un tempo in cui s’ignorava la modalità di diffusione e la natura dell’agente causale del colera – s’intravvedono le diverse teorie in campo sulle catene di propagazione. Era proibito «portare appresso ai candelieri bisacce e involti contenenti provviste da bocca» ed erano vietati schiamazzi e grida, capaci di generare disordini , confusione, «prossimità» (che oggi chiameremmo assembramento).

Non incombe nessun divieto sulla ‘Festha manna’ di quest’anno. Sconsigliato nel 2020, causa Covid, il gesto antico della stretta di mano riprende il suo ruolo centrale sulla scena della festa nelle varie ‘cerimonie’ di contorno, fuori e dentro il Palazzo di città. E come sempre, da secoli, nel giorno della ‘Festha manna’, ritorna uno dei rituali – con abbraccio/ stretta di mano – che ha sempre accompagnato lo scambio dell’augurio ‘a chent’annos’. E mai come quest’anno, dopo la traversata nel deserto della pandemia, sarà consolante sentirlo risuonare nelle vie e piazze della città.

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