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«Dalla Palestina alla Sardegna dribblando ogni pregiudizio»

di Andrea Sini
«Dalla Palestina alla Sardegna dribblando ogni pregiudizio»

Natali Shaheen, ex capitana della nazionale di calcio, lavora e gioca a Sassari. Mattina in ufficio, pomeriggio in campo e poi ad allenare una squadra baby

06 dicembre 2022
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«Nel mio Paese le donne come me, che vogliono giocare a calcio, vivono schiacciate da un doppio peso: da una parte c’è l’oppressione da parte degli israeliani, che riguarda tutti i palestinesi; dall’altra ci sono i pregiudizi e gli ostacoli posti da una società ancora troppo chiusa». Natali Shaheen vuole semplicemente giocare a calcio. Lo ha voluto sin da bambina, con tutte le sue forze, e in fin dei conti c’è riuscita, a dispetto di difficoltà apparse spesso insormontabili. E ora che ha 28 anni e vive in Sardegna, il suo mondo anziché restringersi si è allargato a dismisura.

«Oggi alleno, gioco, lavoro – sorride -. L’idea di poter fare più o meno tutto, senza ostacoli, è davvero impagabile». Una sensazione di libertà che Natali aveva provato solo quando, con la divisa della nazionale indosso e la fascia di capitana stretta al braccio, prima delle partite chiudeva gli occhi per ascoltare l’inno della Palestina.

La ragazza col fischietto Campo di via Leoncavallo, periferia di Sassari, ore 18,30. Natali indossa scarpe da running, tuta e giaccone blu griffato Academy Latte Dolce. Un nugolo di ragazzini la attende impaziente nel cerchio di centrocampo. “Ciao Natali”, “ciao mister”, “ciao ragazzi”. Insieme a lei gli altri due tecnici, compagni di viaggio e di panchina in questa stagione alla guida degli Esordienti 2011. Pronti, via: si corre, si gioca, si impara. «Stare con i ragazzi è divertente – dice Natali –. Il fatto che io sia una ragazza e che sia anche straniera non crea alcun problema. Molti di loro hanno già avuto esperienze con un’allenatrice. E soprattutto se c’è da mostrare qualche giocata, o qualche movimento…beh, qualcosina con i piedi la so fare…».

Dietro la scrivania Via Carlo Felice, periferia opposta di Sassari, mattina. Natali è al lavoro come impiegata nella sede di Piscine Arcobaleno. «Lavoro qui già da un po’ di tempo – racconta – mi trovo molto bene sia dal punto di vista umano che professionale. E mi danno grande flessibilità negli orari per poter continuare a fare sport”. Nel suo curriculum ci sono una Laurea in Scienze motorie nell’Università di Al-Quds di Abu Dis, a Gerusalemme Est, e il titolo di Dottore di ricerca in Lingue, letterature e culture dell’età moderna e contemporanea ottenuto due anni fa all’università di Sassari. Con uno studio, neanche a dirlo, su “Promozione e sviluppo del calcio femminile in Palestina». Una tesi che è appena diventata un libro, ma a questo argomento stiamo per arrivare.

La principessa Rania «A 6 anni avevo già il pallone tra i piedi, giocavo a scuola con i miei compagni di classe. Ho frequentato una scuola privata cattolica, che consente le classi miste e grazie a questo ho avuto potuto giocare con i miei compagni. Nel 2005 sono stata aggregata alla selezione palestinese per partecipare alla Coppa Asiatica dell’ovest, in Giordania; in quest’occasione la Principessa Rania mi ha premiata come la partecipante più giovane: avevo solo 11 anni. Sono stata capitana della Nazionale Palestinese e nel 2014 sono stata eletta miglior atleta universitario palestinese, oltre che miglior calciatrice palestinese. Sono stata capocannoniere del campionato e della Coppa nazionale. Sono anche la prima calciatrice palestinese ad aver giocato a calcio in Europa».

Un ponte con la Sardegna Oggi a Sassari Natali lavora, allena, ma non ha smesso di giocare, con la squadra di calcio a cinque dell’Athena. «L’incontro con l’associazione Ponti non muri ha cambiato il mio destino. Dal 2014 al 2017 sono venuti nella mia città, Gerico, per aiutare gli atleti a migliorare, poi hanno organizzato uno stage, in Sardegna per due di noi. Nell’estate del 2015 mi sono allenata con la squadra maschile Under 17 del Cus Sassari, l’estate successiva con la Torres femminile Calcio a 5. In quegli anni ho fatto la mia prima esperienza di allenatrice con la squadra dell’Associazione “Seeds of hope” a Gerico, con bambine e bambini fra i 6 e i 9 anni. Nel 2018 sono tornata a Sassari per il dottorato all’Università. Ho giocato con la Torres Calcio a 5 e poi con la Torres a 11».

Un campo tutto in salita In questi giorni è in uscita “Un calcio ai pregiudizi - Dalla Palestina alla Sardegna dribblando ogni ostacolo”, il libro in cui Natali Shaheen ha condensato la sua storia, fondendola con quella di altre ragazze palestinesi e italiane con le quali ha condiviso la stessa passione e gli stessi sacrifici. «Vivere in una comunità dominante maschile significa che le donne non possono prendere decisioni in autonomia. Nell’Islam e in generale in Palestina l’attività fisica per le donne non è vista di buon occhio, ed è accettata al limite solo se stiamo bene coperte e lontane dagli occhi degli uomini. Io invece volevo solo giocare a pallone. Sono riuscita a farlo solo grazie al sostegno dei miei genitori e dei miei fratelli, ma a prezzo di sacrifici enormi. Ho dormito in auto ai check-point israeliani, ho saltato partite e allenamenti perché ho trovato le strade chiuse, sono stata presa a sassate dai coloni, ho superato tanti pregiudizi ancora presenti tra la mia gente. Eppure ce l’ho fatta, e sono convinta che il mio esempio possa servire ad altre donne per prendere coraggio e inseguire i loro sogni».

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