La strage dei migranti morti cercando un futuro
Il naufragio davanti alle coste di Crotone in Calabria. Il barcone si è spezzato e tanti non sapevano nuotare
Era le quattro della notte di domenica 26 febbraio quando un’imbarcazione, con a bordo oltre 180 migranti, è naufragata nella costa ionica della Calabria, vicino a Steccato di Cutro, un paese in provincia di Crotone.
La barca, un vecchio peschereccio, era partita quattro giorni prima dalla Turchia, si presuppone dalla città di Smirne. Trasportava migranti a pagamento: alcuni di questi, secondo le prime testimonianze, avevano pagato migliaia di euro mossi solo da una speranza: quella di un futuro migliore, in Italia o in un altro Paese che li avrebbe accolti. Non si ha la certezza effettiva di quante persone fossero a bordo, sappiamo che erano più di 180, ma secondo altri forse erano addirittura 250. I paesi da cui provenivano i migranti erano Afghanistan, in maggioranza, Pakistan, Siria, ma anche Iran, Somalia e Palestina.
Nell’ultimo giorno di navigazione, il mare da amico si è trasformato nel peggiore dei nemici: una tempesta ha investito la fragile barca e coloro che la occupavano. L’imbarcazione ha resistito fino a quando, a circa 200 metri da terra, ha urtato uno scoglio o un fondale, per poi ribaltarsi e spezzarsi, provocando così la caduta in mare di tutti. È stata una strage, l’ennesima, di uomini, donne, ragazzi, bambini e anziani. Pochissimi tra i naufraghi indossavano giubbotti di salvataggio, molti che non sapevano nuotare sono annegati subito, mentre qualcuno è riuscito ad arrivare sino alla spiaggia.
Dopo un’intera giornata di ricerche sono stati ritrovati 59 cadaveri, di cui trenta uomini e ventinove donne, 14 di questi erano bambini e ragazzi, tra loro anche un neonato. I numeri sono cresciuti rapidamente nelle ore successive.
Ad accorgersi dell’accaduto è stato un pescatore, verso le cinque del mattino. Ma quando ha dato l’allarme le autorità, tramite un aereo di pattuglia appartenente a Frontex, l’agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, sapevano già della presenza di un barcone nelle vicinanze. Una vedetta della guardia di Finanza di Crotone e un pattugliatore della Finanza di Taranto hanno cercato di effettuare un salvataggio delle persone al mondo ma il tentativo non è andato a buon fine: purtroppo i due mezzi sono stati costretti a rientrare per la presenza di onde alte fino a quattro metri. E c’è un retroscena terribile nella tragedia: testimoni hanno dichiarato che alcuni migranti sono stati gettati in mare. A farlo sarebbero stati gli scafisti che temendo di essere localizzati, hanno deciso di alleggerire il “carico” e aumentare la velocità per allontanarsi. A finire in mano in questo modo sarebbero stati almeno venti migranti. Al momento sono stati individuati solo tre scafisti e si trovano in stato di fermo. Intanto le ricerche dei corpi dei dispersi vanno avanti. I vigili del fuoco e le forze dell’ordine stanno perlustrando il territorio nella speranza di trovare ancora dei superstiti ma le avverse condizioni meteorologiche non facilitano le ricerche.
Piangono senza parlare, avvolti da un terribile e muto dolore, i circa 60 migranti superstiti che hanno trovato un rifugio nel centro di accoglienza dell’Isola Capo Rizzuto. In questo momento provano un dolore straziante, sono accomunati dalla disperazione, dal dramma di avere perso parenti, amici, compagni di viaggio e di sventura. Sono lì riuniti con uno sguardo che vale più di mille parole.
A noi rimane solo una domanda: come si poteva evitare tutto questo?
* Elisa frequenta il Liceo Scientifico di Siniscola