Tuvixeddu, salta l’accordo Coimpresa-Regione: la Procura chiede il fallimento dell’azienda
La società immobiliare deve restituire alle casse pubbliche una cifra vicina agli 85 milioni
Cagliari L’ipotesi di accordo con la Regione sugli oltre 85 milioni da restituire è saltato, il tribunale presieduto da Ignazio Tamponi ne ha preso atto e si è riservato, stavolta definitivamente, di decidere sull’istanza di fallimento avanzata dal pm Guido Pani per Nuova Iniziative Coimpresa, l’azienda del costruttore Gualtiero Cualbu che dopo aver perso le controversie giudiziarie legate all’edificazione del colle di Tuvixeddu è finita in stato di insolvenza. Ieri si è svolta l’udienza in cui le parti avrebbero dovuto valutare la possibilità di mettere insieme le esigenze della società privata e della Regione dopo una lunghissima scia di ricorsi e controricorsi, oltre che di cause ancora aperte, culminate con il pignoramento e la messa all’asta delle palazzine costruite dall’impresa nell’area limitrofa a quella archeologica. I legali di Coimpresa, nel corso delle udienze, hanno cercato di portare dentro la procedura fallimentare l’esito del secondo lodo definitivo per Tuvixeddu: annullato il primo con sentenza della Corte di Cassazione, Coimpresa aveva ottenuto un secondo lodo arbitrale in base al quale il costruttore avrebbe dovuto ricevere circa 130 milioni per i danni riferiti alla mancata realizzazione del progetto immobiliare. Ma l’efficacia di quella decisione, contestata dai legali della Regione, è stata sospesa dalla Corte d’Appello di Roma con un preciso rimando alle precedenti sentenze, quelle che hanno obbligato Coimpresa a restituire i famosi 85 milioni del risarcimento.
Nell’ordinanza firmata dal presidente Corrado Maffei la Corte si richiama espressamente al primo lodo, travolto dalla Cassazione, anticipando il giudizio su un caso che appare analogo. I 130 milioni del lodo-bis, nella prospettiva della difesa di Coimpresa, sarebbero stati fondamentali per rimettere in equilibrio il bilancio dell’impresa, sconquassato dalla perdita del primo risarcimento. Ma il pronunciamento dei giudici di Roma ha indotto la Procura a proseguire sulla strada della richiesta di fallimento.
Ora si tratta di capire quale sarà l’orientamento del tribunale, dal quale dipende in parte anche l’ipotesi di prosecuzione della vicenda giudiziaria sul fronte penale. La Procura ha infatti accertato che parte del risarcimento incassato da Coimpresa – i famosi 85 milioni mai restituiti – sarebbe uscito dalla società beneficiaria per imboccare canali diversi. In altre parole l’amministrazione di Coimpresa non ha tenuto l’ingente somma in cassa, come la provvisorietà del primo lodo imponeva, ma ne ha speso almeno una parte in attività estranee all’azienda che intendeva edificare il colle dei Punici. Ed è su questo aspetto che – se il tribunale dichiarerà il fallimento di Coimpresa – la Procura dovrà fare le sue valutazioni.
E’ una vicenda complessa in cui il costruttore conserva le sue ragioni. Basterà ricordare che il piano immobiliare fu oggetto nel 2000 di un accordo di programma firmato da tutti gli enti pubblici coinvolti. Sono state le novità legislative successive a cambiare lo scenario, mettendo Coimpresa nella condizione di rinunciare alla realizzazione del progetto. (m.l)