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Uniss – Giurisprudenza

Gli studenti sanno che il vero giurista non ama solo le leggi


	Enrico Baroffio, Chiara Miscali, Fabio Ribichesu
Enrico Baroffio, Chiara Miscali, Fabio Ribichesu

Ecco le storie di “Ribi” Fabio Ribichesu, musicista pop/rnb; Enrico Baroffio, arbitro di pallamano in serie A2; Chiara Miscali, autrice di un romanzo e finalista al Premio Campiello Giovani. Sono tutti iscritti a Giurisprudenza e amano le norme e i codici quanto le altre loro passioni

24 aprile 2023
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Il vero giurista – osservava l’avvocato e grande giurista Francesco Carnelutti – è consapevole che «se non sa altro che il diritto non sa neppure il diritto». E ricordava, Carnelutti: «Filosofia, letteratura, arte, proprio loro, che nulla sembrano dire al diritto, quanto m’hanno aiutato a capire il diritto!». Il celebre avvocato aveva ragione.

Questa è la scuola del diritto, la “palestra” in cui si impara ad essere giuristi anche attraverso quelle esperienze che insegnano la passione per la libertà, la giustizia, la creatività. Per questo sono preziose le testimonianze di alcuni allievi del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Sassari: Fabio Ribichesu, in arte “Ribi”, musicista pop/rnb, Enrico Baroffio, arbitro di pallamano in serie A2, e Chiara Miscali, giovanissima scrittrice, già autrice di un romanzo e finalista al Premio Campiello Giovani.

Fabio Ribichesu Sono Fabio Ribichesu, ho 23 anni e attualmente sono iscritto al quarto anno del corso di laurea in Giurisprudenza qui a Sassari. Quando non sono impegnato tra i libri, cerco di coltivare la mia carriera nel mondo della musica, diventando semplicemente “Ribi”. Come cantante infatti ho all’attivo tre progetti da solista, tutti rilasciati durante questi anni di studi, l’ultimo dei quali appena la scorsa settimana e intitolato “Grandma’s House”. Ho anche partecipato, nell’agosto dell’anno scorso, all’Abbabula Festival, dove si sono esibiti, tra gli altri, anche Massimo Pericolo e Tananai. Lavorando molto con le parole, credo che i miei studi siano di grande aiuto nella ricerca e nella scelta dei giusti termini, fondamentali per chi come me vuole esprimersi e trasmettere un messaggio con la propria arte. Obiettivi per il futuro? Laurearmi e girare l’Italia con un mio tour.

Enrico Baroffio Sono Enrico Baroffio, ho 22 anni e sono iscritto al quarto anno del corso di laurea di Giurisprudenza. Parallelamente alla mia carriera da studente e rappresentante degli studenti del Dipartimento e al Consiglio per lo Sport Universitario, sono anche un arbitro di pallamano. Questo sport è la mia passione: da piccolo giocavo e da qualche anno arbitro. Ho iniziato con semplici partite in Sardegna e ora dirigo quelle nazionali in serie A2. Si tratta di un compito complesso non solo perché è necessario conoscere tutte le regole, ma anche perché queste vanno applicate in poche frazioni di secondo. Senza dubbio i miei studi mi aiutano a svolgere al meglio questo ruolo per me molto stimolante. Infatti ci sono delle analogie tra le funzioni dell’arbitro e alcuni mestieri che potrei fare una volta conseguita la laurea, come il magistrato o il funzionario di Polizia di Stato, mestieri nei quali è richiesta la perfetta conoscenza della Legge oltre a qualità come la calma e l’equilibrio. Non so cosa il futuro abbia in riserbo per me, ma i miei obiettivi sono i seguenti: laurearmi con il massimo dei voti e arbitrare in Serie A1 e nelle Coppe Europee.

Chiara Miscali Giurisprudenza e scrittura si muovono su piani identici e paralleli: si tratta pur sempre di avere a che fare con le parole, ma di modellarle in modo asincrono. La ricerca disperata del vero, dell’incontestabile: da un lato come brama di una definizione univoca di giustizia e dall’altro come anelito alla compiutezza di una storia. Nella mia esperienza non le definirei incompatibili, ma quasi complementari. Se il diritto «fa cose con le parole», essere giurista non prescinde, anzi necessita, una dimestichezza nell’uso della parola che è la stessa cui lo scrittore ambisce. Perché lo scrivere è sì raccontare storie, ma è anche modellare quelle storie col linguaggio, un plasmare volto a rendere una profondità raggiungibile solo con una totale compenetrazione di significato e significante, tecnica e poesia. Si tratta di «giocare» con la realtà per sfigurarla, ricostruirla, migliorarla, cambiarne la struttura. Ed è questa impostazione, di tecnica e di estro stilistico che, con le parole, il giurista è portato a fare. La scelta di giurisprudenza, dunque, da un lato per la vocazione alla parola, dall’altra per la scoperta di una loro concreta applicazione: come quello che ho sempre fatto per quasi una vita trova una soluzione di continuità che prescinde il mondo utopico della letteratura.

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