La Maddalena allo sfascio: si sbriciola l’ex Arsenale
Le sferzate del maestrale fanno a pezzi i cristalli del “main conference” destinato al G8 che poi fu trasferito all'Aquila. Niente bonifiche e le acque sono intrise di arsenico, mercurio e piombo
La Maddalena Nelle giornate di “sprafundu”, come da queste parti chiamano il maestrale nei suoi giorni più furiosi, quelli in cui avvolge l’arcipelago con una nebbiolina salmastra che brucia gli occhi e le labbra, è meglio stargli alla larga se si tiene alla propria pelle. Qualcuno usa un’immagine da cartone animato per spiegare che cosa succede in quei giorni al “main conference” del G8 mai fatto. Lo descrive come un cane bagnato che si scuote energicamente. Solo che non spara acqua: cadono pezzi di cristallo dai margini aguzzi e taglienti e a ogni scrollata vanno in fumo migliaia e migliaia di euro che aggiungono una nuova ferita a uno dei maggiori disastri nei lavori pubblici che Stato italiano e Regione Sardegna potessero concepire per minare la loro credibilità davanti ai cittadini.
Le immagini che arrivano dall’ex Arsenale nelle ultime settimane, dopo le sfuriate del vento di questa primavera, mostrano il degrado sempre più avanzato della bella struttura disegnata da Stefano Boeri che nel 2009 avrebbe dovuto ospitare i colloqui di Barack Obama, Dmitry Medvedev, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e gli altri capi di stato del G8, prima che il governo di Silvio Berlusconi decidesse di trasferire il summit dei cosiddetti grandi della Terra all’Aquila semidistrutta dal terremoto. Sembrano immagini da una città Ucraina colpita dalle bombe russe o un set pronto per un film da day after.
La cortina di pannelli di cristallo tenuta in piedi da una struttura a nido d’ape che richiama un ricamo a uncinetto è di fatto sgretolata. Ciò che non è finito in mare, è ai piedi dell’edificio costato da solo 52 degli oltre 400 milioni di euro destinati alla Maddalena per il summit mai fatto. Insieme all’albergo di lusso ricavato nel complesso dell’ex arsenale, a G8 finito doveva essere il motore della nuova economia turistica e nautica dell’arcipelago, rimasto orfano della base dei sommergibili nucleari sfrattati dopo più di trent’anni grazie alla determinazione dell’allora presidente della Regione Renato Soru. A rafforzare l’impressione del degrado, si aggiungono da ultimo le immagini della recinzione metallica che doveva contribuire alla sicurezza dell’area. Per lunghi tratti, decine e decine di metri, è venuta giù di recente ed è chiaro che, come per i cristalli dell’architettura gioiello di Boeri, presto sarà seguita da ciò che rimane ancora in piedi eroso dalla salsedine.
Ma il degrado più pericoloso, in realtà, non si vede. Nello specchio davanti all’ex Arsenale, i fondali sono un concentrato di rottami e veleni. Lo studio – la cosiddetta caratterizzazione – pagato a suo tempo dalla Regione ne elenca 19 con parametri fuorilegge. Ci sono, ad esempio, arsenico, mercurio, piombo, antimonio e idrocarburi pesanti.
La bonifica e la sistemazione del complesso, per la quale erano disponibili 50 milioni di euro, non sono mai state fatte. Così è morto sul nascere il futuro turistico promesso. La Mita Resort, la società del gruppo Marcegaglia che aveva ottenuto le strutture in concessione pluridecennale, a un certo punto si è rivolta ai tribunali, ha incassato oltre 20 milioni di euro di risarcimento, e ha mollato tutto. Sono seguiti i rimpalli tra Protezione civile e Regione: nessuno voleva prendersi la patata bollente, peraltro costosissima anche per le manutenzioni. Fino al marzo 2018 quando la Regione ha acquisito l’ex arsenale dal demanio statale. A occuparsi dell’appalto per la bonifica della darsena e delle aree adiacenti inizialmente è stato delegato il Comune della Maddalena. Ma un anno fa, il commissario straordinario, ovvero il presidente della Regione, ha ritirato la delega e ha affidato la realizzazione delle bonifiche alla società Opere e Infrastrutture della Sardegna Srl. Anche stavolta nulla si è mosso. Nemmeno dopo che, all’inizio dello scorso dicembre, è scesa in campo la magistratura. Il capo della Procura di Tempio, Gregorio Capasso, ha ispezionato l’ex arsenale insieme ai vertici della Guardia costiera, i cui sub si sono immersi per una nuova verifica sullo stato del fondale. Senza risposte, per ora, anche la corposa interrogazione a Cristian Solinas, l’ennesima, presentata nelle scorse settimane dal gruppo regionale Pd, primo firmatario Giuseppe Meloni. Tutto ruoterebbe intorno alla nomina di un subcommissario davvero operativo, per il quale ci sarebbe già l’ufficio pronto all’ex arsenale. Il sindaco Fabio Lai, che all’amministrazione regionale è vicino, ci crede: «Una modifica alle norme ora consente la nomina, aspettiamo la decisione del presidente».
Si vedrà. Come c’è da capire se ci sono ancora i soldi necessari. E se bastano. Nel frattempo, il main conference può continuare a subire le frustrate del maestrale.