Reddito di cittadinanza ai rifugiati, il tribunale di Sassari fa scuola
Accolta la questione di legittimità Ue posta dal legale di una nigeriana
Sassari Non è residente in Italia da dieci anni ma è sicuramente in possesso dello status di rifugiata. Il primo requisito, però, per la legge italiana è indispensabile per ottenere il reddito di cittadinanza. E siccome una donna nigeriana, che da tempo vive a Sassari, avrebbe dichiarato all’Inps – falsamente, secondo l’accusa – di avere i requisiti richiesti dal nostro Paese, è finita a processo.
Il suo avvocato difensore, Giuseppe Onorato, ha però sollevato davanti al giudice Valentina Nuvoli una questione di legittimità sulla base del contrasto tra le norme interne con quelle dell’Unione Europea. Il giudice, condividendo il punto esposto dal legale, ha sospeso il processo penale nei confronti della cittadina nigeriana e ha chiesto una valutazione da parte della Corte di Giustizia attraverso un rinvio pregiudiziale. Una novità assoluta, sul punto, in tutta Italia.
La Nuvoli, all’udienza dello scorso 6 luglio si era riservata sulla questione sollevata nell’interesse dell’assistita dell’avvocato Onorato. Riconosciuta come rifugiata in Italia da diversi anni si è vista chiamata a giudizio in quanto la normativa nazionale sul reddito di cittadinanza condiziona l’ammissione a tale beneficio solo a coloro che siano residenti in Italia da oltre 10 anni ed esclude dallo stesso beneficio i rifugiati.
Il pubblico ministero in udienza si era associato alla questione sollevata dalla difesa. Onorato aveva evidenziato come la legge sul Reddito «sia stata ritenuta in violazione del diritto dell’Unione europea e in particolare del divieto di discriminazione sulla base della nazionalità, proprio perché ha condizionato l’accesso al beneficio al requisito della residenza ultradecennale e inoltre perché ha indebitamente escluso i rifugiati dall’ammissione a tale beneficio, così ingenerando un doppio profilo di discriminazione: in generale verso cittadini di altri Paesi Ue che in linea di principio è improbabile siano residenti in Italia da oltre 10 anni, e in particolare verso i rifugiati che, esclusi, hanno invece diritto secondo le direttive Ue a un trattamento equivalente ai cittadini dello Stato in cui risiedono».
Oltre al richiamo a diverse norme dei Trattati europei e a Regolamenti e Direttive UE, sono state richiamate due ordinanze adottate da altri giudici italiani nel corso del 2022 che hanno affrontato altri aspetti della questione.
Il punto chiave della vicenda è la procedura di infrazione che la Commissione europea ha avviato nel mese di marzo 2023 contro l’Italia ed in cui è stato sancito a chiare lettere che quel termine di 10 anni di residenza così come l’esclusione dei rifugiati dai beneficiari sono in palese violazione delle norme europee per cui l’Italia deve adeguarsi a tale rilievo modificando la propria normativa.
Da ciò discende la richiesta da me rivolta al Tribunale di esercitare il proprio potere come giudice comune di diritto dell’Unione europea e per ciò disapplicare la vigente normativa interna incompatibile senza bisogno che essa venga modificata o abrogata dal Parlamento.
Peraltro, anche nei lavori della Camera e del Senato (le cui relazioni sono state allegate alla momoria depositata in udienza) viene evidenaito che il termine di 10 anni è incompatibile con i principi UE e che persino quello recentemente proposto di 5 anni sarebbe incompatibile con tali principi, dato che la prassi ha ritenuto accettabile ai fini di evitare una indebita discriminazione sulla base della nazionalità, solo un termine di 3 mesi di residenza quale precondizione per l’ammissibilità al beneficio.
Ora il Tribunale, ove ritenesse la questione rilevante ai fini del decidere, potrà sostanzialmente muoversi su una di queste vie: 1) disapplicare la normativa nazionale contrastante con quella UE; 2) effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea; 3) effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte costituzionale.
Quello del Tribunale di Sassari è pertanto un caso pilota che potrebbe avere ripercussioni significative sul piano nazionale nella corretta applicazione (disapplicazione) delle norme nazionali penali e civili alla luce delle preminenti norme dell’Unione europea sul divieto di discriminazione e sulla tutela dei diritti umani. La decisione verrà assunta all’udienza del 20.9.2023.