A Sassari l'unica scuola con il modello college
Ogni materia ha un’aula tutta sua e a spostarsi sono gli studenti. Il Devilla nella rete Dada: «Così miglioriamo la nostra didattica»
Sassari Scordatevi i docenti che migrano da una classe all’altra con i libri sottobraccio. Al polo tecnico Devilla di Sassari sono direttamente gli studenti a cambiare aula al suono di ogni campanella. Nessuna intenzione di complicarsi la vita: si tratta di un modello organizzativo piuttosto innovativo e che si basa tutto sulla forza dei luoghi. Le normali aule, nella popolosa scuola sassarese, abbandonano il loro vecchio status e si trasformano in nuovi e più stimolanti ambienti di apprendimento. Significa che Manzoni si studia solo nell’aula di italiano, le equazioni si imparano in quella di matematica e la tavola periodica si scopre soltanto in quella di chimica. Ogni materia, insomma, ha uno spazio tutto suo. Una rivoluzione che ha preso il via nei mesi scorsi quando l’istituto superiore ha aderito alla rete nazionale Dada, che sta per didattica per ambienti di apprendimento. Nulla è lasciato al caso: nell’aula di diritto, per esempio, nella parete è stato incollato un maxi pannello con gli articoli più importanti della Costituzione, mentre in quella di matematica a conquistare la scena è il faccione di Einstein circondato da formule e numeri.
La Dada Nicoletta Puggioni, dirigente scolastica del Devilla, è entusiasta. La sua è la seconda scuola in Sardegna ad aver aderito alla rete Dada, la prima tra le superiori. Dal punto di vista organizzativo non è stata una operazione troppo semplice, considerato che l’istituto conta 1100 alunni, 192 docenti, compresi quelli di sostegno, e 56 ambienti, tra cui i laboratori. «In poche parole, nessuna classe ha la sua aula di riferimento – spiega Puggioni –. La didattica viene svolta in ambienti di apprendimento interamente dedicati alle discipline. Sono i ragazzi a ruotare tra i vari spazi, non più i docenti. L’unico spazio personale dell’alunno è l’armadietto, dove si possono riporre zaino, libri e cappotto. Ne abbiamo installati 1100».
Il paragone con gli Stati Uniti non regge più di tanto. «Il sistema Dada non è di tipo americano, come spesso si crede – prosegue la dirigente –. È un metodo validato dall’università Cattolica di Roma che è poi diventato uno dei metodi innovativi dell’Indire, l’ente nazionale che si occupa di ricerca educativa». Attraverso la Dada si possono raggiungere sostanzialmente tre risultati, sia didattici che pedagogici. «Innanzitutto si responsabilizzano gli studenti – dice Puggioni –, perché i ragazzi, abbandonando un ambiente e dovendosi recare in un altro, sono chiamati a lasciare tutto in ordine. C’è una presa di coscienza del fatto che le cose sono di tutti e perciò vanno trattate bene. Poi la questione dello spostamento: dura mediamente due minuti, nonostante il termine sia di cinque, e dà la possibilità di sgranchirsi le gambe e rigenerare i neuroni. Gli alunni arrivano negli ambienti successivi in modo molto più reattivo. Infine la questione degli ambienti di apprendimento, che vengono strutturati in modo da spingere i docenti ad adottare metodologie sempre più innovative. Si possono migliorare e arricchire attraverso strumenti e cartellonistica che parli della materia. È anche possibile cambiare il setting dell’aula, la struttura dei banchi, per incentivare il lavoro di gruppo».
Aule e mappe Per applicare la Dada è stata necessaria una certa riorganizzazione degli spazi. Così le aule e i laboratori sono stati allestiti a tema. In una delle aule dove si studia la storia, per esempio, è comparsa una lunga linea del tempo dove sono riportati i principali eventi storici. «Anche dal punto di vista visivo è un continuo richiamo alla disciplina – sottolinea Nicoletta Puggioni –. I ragazzi imparano non solo da quello che sentono ma anche da quello che ogni giorno vedono». Per facilitare l’individuazione della aule, in ogni piano della scuola sono state appese le planimetrie dell’istituto con l’indicazione degli ambienti di apprendimento.